Jeep Wrangler 2.8 CRD: la nostra prova su strada
Non esordiremo lodando i cambiamenti tecnici od estetici. La Jeep Wrangler, proprio perché è la Jeep Wrangler, non ha ricevuto alcun aggiornamento in grado di modificarne il carattere. O meglio: anche lei subisce l’influsso e guadagna dei benefici di un restyling, ma questo introduce minori cambiamenti rispetto ai Model Year di Grand Cherokee e Compass.
Non esordiremo lodando i cambiamenti tecnici od estetici. La Jeep Wrangler, proprio perché è la Jeep Wrangler, non ha ricevuto alcun aggiornamento in grado di modificarne il carattere. O meglio: anche lei subisce l’influsso e guadagna dei benefici di un restyling, ma questo introduce minori cambiamenti rispetto ai Model Year di Grand Cherokee e Compass. Non merita alcuna modifica che non sia conservativa. La Wrangler resta dunque se stessa, settantenne ed attempata, per certi versi anacronistica, scomoda, rumorosa o più semplicemente “grezza”, ma altrettanto fascinosa e imbattibile quando viene guidata in fuoristrada. Il restyling porta con se modifiche piuttosto interessanti ma non trasforma l’anima e il carattere di un vettura nata nel 1941 quando venne destinata all’esercito statunitense, evolutasi fra le varie Willys, Cj, Yj e Tj fino ad essere commercializzata in oltre 4.5 milioni di esemplari.
Il nuovo modello si caratterizza per l’utilizzo dell’hard top in tinta carrozzeria, per alcune modifiche di dettaglio al corpo vettura e per la disponibilità del sistema Start&Stop, del navigatore satellitare UConnect con schermo da 8.4 pollici a centro plancia e del rinnovato motore 2.8 CRD a gasolio da 200 CV, 23 CV più del precedente. Queste migliorie si rivelano del tutto impercettibili e marginali. Sono utili e ben accette, gradite specie all’automobilista meno propenso ad utilizzarla in fuoristrada, ma non spostano una “virgola” nell’economia totale del veicolo. La Wrangler rimane dunque un’auto da appassionati, un’auto irrazionale e dai molti compromessi, dal comportamento stradale approssimativo e incapace di restituire una sufficiente quantità di confort. Basta sedersi al posto guida per accorgersi – più dell’estetica e della meccanica – di quanto sia una vettura specialistica.
POSIZIONE DI GUIDA OBBLIGATA, MA LE FINITURE CONVINCONO
L’abitacolo si rivela piuttosto spazioso e vivibile, specie nella zona sopra la testa, anche se la posizione di guida obbliga a qualche sacrificio: il volante è sistemato in posizione verticale, non c’è un solo centimetro alla sinistra del pedale della frizione dove appoggiare il piede, i sedili hanno un’imbottitura risicata ma si rivelano comunque confortevoli. Nessuna critica al momento di analizzare finiture ed accoppiamenti (entrambe ben realizzate), mentre le plastiche utilizzata per l’intera plancia sono durette ma funzionali alla tipologia del veicolo. Il cambio è invece spugnoso e poco preciso, specie quando manovrato velocemente; le cambiate effettuate con calma si dimostrano invece precise, prive di alcun impuntamento. Morbido e poco affaticante anche lo sterzo, da cui non si pretende una risposta accurata o sincera. I volumi netti e le linee squadrate della carrozzeria garantiscono una visibilità ottimale, limitata solo dal montante laterale posizionato proprio a fianco del volto.
SU STRADA E’ POCO SINCERA. IN FUORISTRADA UNO STAMBECCO
Su strada la Wrangler evidenza tutti i limiti di un progetto nato 70 anni fa, costantemente evoluto ma figlio di scelte costruttive ormai antiquate. L’efficacia in fuoristrada non si discute, tanto da renderla simile ad uno stambecco per la facilità di arrampicarsi ovunque, ma guidando su asfalto emergono l’inconsistenza dello sterzo e gli accentuati fenomeni di rollio e beccheggio, quest’ultimo fastidioso soprattutto in fase di frenata. Anche il motore si rivela piuttosto scorbutico, in quando manca di ripresa e allungo ed ha un range d’utilizzo alquanto ridotto: fra i 2.000 a 3.200 giri/minuto garantisce una spinta sufficiente che manca nella restante parte del contagiri, obbligando così ad utilizzare il cambio a sei rapporti.