Con auto elettriche a rischio 75 mila posti di lavoro in Germania
Costruire auto elettriche richiede meno forza lavoro e più automazione, ecco perché i sindacati tedeschi sono sul piede di guerra.
Che impatto avrà sul mercato del lavoro il passaggio dalle vecchie automobili con motore termico alle nuove auto elettriche? Se l’è chiesto il sindacato dei metalmeccanici tedesco IG Metall e la risposta non è delle più incoraggianti: una perdita secca di 75 mila posti di lavoro entro il 2030. Cioè tra 12 anni.
La notizia è stata riportata da Reuters, mentre la cifra è stata calcolata dal prestigioso Fraunhofer Institute of Industrial Engineering, che si è basato su dati forniti da Daimler, BMW, Volkswagen, Bosh e Schaeffler. Al momento in Germania lavorano nel settore automotive 840 mila persone, 210 mila dei quali si occupano di produrre i motori.
La perdita di 75 mila posti di lavoro è stata calcolata a partire da una ipotesi di diffusione delle auto elettriche pari al 25% dell’intero mercato dell’auto nel 2030. In questo scenario il 15% delle auto vendute sono ibride e il restante 60% sono diesel e benzina. Uno scenario assolutamente realistico nella Germania del 2030.
Secondo IG Metall, se le auto elettriche dovessero superare il 25% di quota di mercato la perdita di posti di lavoro potrebbe arrivare a quota 100 mila.
La perdita di tutti questi posti di lavoro è giustificata dal fatto che un motore elettrico, come spiega a Reuters il sindacalista di Volkswagen Bern Osterloh, è composto da appena un sesto dei componenti rispetto a un motore termico. Quindi ci vogliono meno lavoratori per costruirlo e per terminare un’auto elettrica ci vuole il 30% del tempo in meno rispetto a un veicolo tradizionale.
Neanche aggiungendo i lavoratori delle fabbriche di batterie i conti tornano: per fare gli accumulatori serve un quinto della forza lavoro necessaria per realizzare motori a combustibile.
Per il sindacalista di BMW Peter Cammerer, infine, la Germania dovrebbe stare molto attenta a non trasferire tecnologia e know how alla Cina, alla Corea e al Giappone. Alcune aziende tedesche, infatti, esternalizzano la produzione delle batterie a fabbriche dell’estremo oriente. “Abbiamo bisogno di vendere innovazioni ai cinesi e non il contrario“, commenta Cammerer.