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Formula 1, i migliori piloti della storia: Ascari [Video]

Alberto Ascari è il protagonista della seconda puntata della nostra miniserie sui migliori piloti della storia in Formula 1. In pochi anni una carriera fantastica alla Ferrari, interrotta tragicamente a Monza nel 1955

Proseguiamo la nostra miniserie dedicata alla Formula 1. Tra i migliori piloti della storia, Alberto Ascari occupa uno dei primi posti. Fu una vicenda particolare, la sua. Ad esempio, partiamo da questa dichiarazione: “La sera prima della corsa, Ascari mi aveva detto: «Vedi, chi tocca qui va in mare». Era l’uscita della chicane“. Queste parole sono state pronunciate da Juan Manuel Fangio. Il grande campione argentino stava ricordando una conversazione avuta con Ascari la sera precedente al Gran Premio di Monaco 1955, disputatosi il 22 maggio. Fangio si riferiva alla chicane dopo l’uscita dal tunnel; in quel punto il campione milanese finì effettivamente in acqua, proprio per quel motivo. E quattro giorni più tardi, l’incidente a Monza dove perse la vita. La sua carriera è stata brevissima, paragonata agli standard di oggi. Ma in pochi anni ha lasciato un’impronta indelebile della sua classe.

 

Formula 1, Alberto Ascari – Le statistiche della carriera


Pochi ma eccellenti, così si può riassumere il senso dei numeri che fotografano la carriera in Formula 1 di Alberto Ascari. Ha partecipato a sei stagioni dal 1950 al 1955. Vanta la conquista di due titoli mondiali, nel 1952 e 1953, entrambi con la Ferrari. A tutt’oggi è l’ultimo pilota italiano ad aver indossato la corona iridata e l’unico ad averlo fatto per due volte (un solo altro italiano ha vinto un mondiale, Nino Farina nel 1950 con l’Alfa Romeo).

Ascari ha preso il via in 32 gran premi, vincendone 13. Sembrerebbe un numero poco significativo, se ragionassimo con i criteri di oggi. Ma sarebbe palesemente sbagliato. Non ci stancheremo mai di sottolineare che in quelle epoche così lontane si disputavano poche corse; negli anni ’50 una stagione iridata in F1 non arrivava a dieci gran premi (furono 9 nel 1954), uno dei quali era la 500 miglia di Indianapolis a cui di solito partecipavano solo le squadre americane, le quali a loro volta raramente correvano in Europa. Inoltre le statistiche non possono tenere conto dei gran premi di F1 non valevoli per il mondiale, che erano spesso più numerosi di quelli validi.

Altro fattore fondamentale: non esisteva la percezione della sicurezza come criterio preminente, anzi non ci si pensava proprio. Le piste erano delle trappole mortali per piloti e pubblico, si correva spesso a ridosso degli spettatori, le barriere erano delle ridicole reti (quando c’erano) e delle altrettanto assurde balle di paglia. Il fondo stradale non era precisamente perfetto, già la presenza dell’asfalto non era da dare per scontata. Le macchine erano vere e proprie bare (ma velocissime), non esistevano sistemi di ritenuta e i caschi erano dei patetici copricapi di cuoio, buoni solo per evitare che i capelli si sporcassero d’olio. Questa era la situazione dell’epoca. I piloti accettavano di salire in macchina sapendo che ogni corsa poteva essere l’ultima.

Ecco che quindi il 40,63% di Ascari nel rapporto tra vittorie e corse disputate assume il valore che gli è proprio: straordinario. Infatti solo Fangio è riuscito a fare di meglio di lui (47,06%) e per chissà quanti anni ancora dovranno passare prima che qualcuno si avvicini. Il più vicino è Lewis Hamilton, quarto (31,88%); ma dato il gran numero di corse che oggi si disputano, guadagnare così tanto in percentuale diventa estremamente difficile. I numeri di Ascari sono completati da 14 pole positions. Per quanto riguarda i piazzamenti sul podio, 17, va notato che egli non arrivò mai terzo in un GP di F1: se finiva sul podio, quasi sempre vinceva; arrivò secondo solo 4 volte. Infine, tutte le sue vittorie sono state conquistate al volante di una Ferrari.

 

Alberto Ascari: gli inizi


Alberto Ascari nacque a Milano il 13 luglio 1918. Famiglia benestante di commercianti agricoli (e successivamente concessionari di automobili Fiat), il padre Antonio era a sua volta un celebre pilota, correva nei gran premi degli anni ’20 con le Alfa Romeo ufficiali insieme a Giuseppe Campari e anche Enzo Ferrari. Morì nel 1925 in un incidente in Francia, sul circuito di Monthléry.

Antonio trasmise al figlio un’eredità non solo materiale e affettiva, ma anche in fatto di passione. Perché Alberto Ascari crebbe nel mito di suo padre e fin da ragazzino cercò in tutti i modi di diventare pilota, al punto da vendersi il dizionario per pagarsi delle prove in moto sulla pista di Monza. La sua carriera agonistica quindi cominciò sulle due ruote, nel 1936 dove ottenne discreti risultati. Nel 1940 riuscì ad entrare nelle corse automobilistiche, il suo vero obiettivo. Acquistò una Avio 815, cioè la prima auto costruita da Enzo Ferrari nel periodo in cui, dato un accordo legale con l’Alfa Romeo che aveva appena lasciato, non poteva commercializzare veicoli col proprio nome. Ascari partecipò con quella vettura alla Mille Miglia, ritirandosi per un guasto. Le competizioni erano già state ridotte al minimo a causa della guerra, alla fine del 1940 sarebbero cessate del tutto. Ascari riuscì a partecipare ad un gran premio a Tripoli su una Maserati e alla Targa Florio, senza risultati.

Dopo la guerra, ormai sposato e con prole, sembrava che Alberto avesse deciso di non riprendere l’attività di pilota. Ma il richiamo delle corse era troppo forte. Nel 1947 acquistò una Maserati e ottenne alcuni piazzamenti; ciò gli valse l’ingaggio per il 1948 da parte della squadra ufficiale del Tridente (ma nel GP di Francia a Reims avrebbe corso eccezionalmente con un’Alfa Romeo ufficiale, classificandosi terzo, per sostituire Achille Varzi, morto durante le prove del GP di Svizzera). Il giovane milanese si mise in luce nel 1949 andando a vincere il Gran Premio d’Argentina contro Juan Manuel Fangio.

 

Formula 1: Alberto Ascari e la Ferrari


Questo importante risultato convinse Enzo Ferrari a proporre un ingaggio al figlio del suo vecchio amico, il quale ormai palesava le stesse doti del padre, se non superiori. Alberto Ascari dunque entrò nell’abitacolo della Ferrari; partecipò al campionato italiano nel 1949 e 1950 aggiudicandosi entrambe le edizioni a suon di vittorie. Emerse subito la caratteristica principale di Alberto: la capacità di mantenere il comando di una gara girando costantemente su ritmi elevatissimi, insostenibili dai rivali.

Nel 1950 Ascari esordì anche in Formula 1: partecipò a quattro gare, classificandosi secondo a Montecarlo e Monza. Quella del 1951 fu la sua prima stagione completa, dove si affermò come uno dei migliori piloti in circolazione. La sua Ferrari 375 F1 4.5 aspirata era sostanzialmente allo stesso livello dell’Alfa Romeo 159 1.5 compressa. In Germania al Nurburgring conquistò la sua prima vittoria in F1, davanti a Fangio. Un successo anche nella gara seguente a Monza mise Ascari in condizione di tentare addirittura l’assalto al titolo mondiale. Ma nell’ultima cosa, in Spagna a Barcellona, un’errata scelta tattica della Ferrari sulle gomme attardò il giovane milanese, quarto, mentre Fangio vinse la gara e quindi il titolo.

Nel 1952 l’Alfa Romeo si era ritirata e le regole vennero cambiate per evitare un prevedibile strapotere della Ferrari: si decise di ammettere alla F1 le sole vetture di F2. Ma lo strapotere della Ferrari ci fu comunque: la 500 F2 vinse tutte le gare stagionali europee. Quella volta la Ferrari partecipò anche alla 500 miglia di Indianapolis su una vettura appositamente allestita (la 375 Indianapolis), Ascari fu l’unico pilota non americano iscritto. Si qualificò in 19ma posizione ma in gara un guasto ad una ruota ne provocò il ritiro dopo 40 giri su 200 previsti. Per preparare Indy, Ascari fu costretto a saltare il primo GP stagionale in Svizzera, troppo vicino in calendario alla 500 miglia.

Formula 1 Alberto Ascari

Tuttavia nel resto della stagione europea la storia fu nettamente diversa: dominio totale e assoluto di Alberto Ascari. Va detto che il rivale più forte, Fangio (passato alla Maserati), ebbe un gravissimo incidente ad inizio stagione in F2 a Monza, che lo tenne lontano dalle corse per tutto il resto dell’anno. Ma la Ferrari e “Ciccio”, come veniva soprannominato dagli amici, quell’anno erano troppo al di sopra degli altri. La classe di Ascari emerse con prepotenza; conquistò il suo primo titolo mondiale vincendo tutti i 6 gran premi a cui partecipò quell’anno, lasciando agli altri lasciò solo le briciole. Nel 1952 tentò anche l’avventura alla 24 ore di Le Mans, in coppia con Luigi Villoresi, ma si ritirò per un guasto, dopo aver realizzato il giro più veloce.

Nel 1953 Ascari cominciò il campionato con una prestazione da far paura: nel GP d’Argentina vinse doppiando tutti gli avversari. Fangio era tornato ma si ritirò per la rottura del motore. Quella corsa fu comunque tragica a causa della pessima organizzazione degli argentini; autodromo pieno, ma la folla premeva per entrare, fu deciso di aprire i cancelli e le macchine corsero letteralmente accanto alla gente; ad un certo punto un bambino attraversò la pista mentre sopraggiungeva la Ferrari di Farina; egli sterzò per evitarlo e la sua vettura finì tra il pubblico, morirono più di dieci persone.

Tornando allo sport, la Ferrari restava di gran lunga la macchina migliore. Non ce ne fu per nessuno nemmeno nel 1953. Le Maserati, nonostante fossero veloci, si rompevano spesso. Ascari vinse i primi tre gran premi e si trovò col mondiale in mano. Vinse ancora due delle cinque gare rimanenti. Ad un GP dalla fine, in Svizzera, si confermò campione del mondo.

 

Alberto Ascari alla Lancia: Formula 1 e Mille Miglia


Inaspettatamente, Alberto Ascari ed Enzo Ferrari litigarono a fine stagione per il rinnovo contrattuale. Gianni Lancia aveva fatto al pilota un’offerta difficilmente rifiutabile, Ferrari non volle rilanciarla e quindi le loro sorti si separarono. Quindi Ascari firmò per la nuova scuderia Lancia. La monoposto Lancia D50 di Formula 1 era ambiziosa, progettata dal grande Vittorio Jano, l’uomo dei motori Alfa Romeo degli anni ’30. Ma il suo sviluppo si rivelò estremamente problematico, al punto che la vettura non fu pronta per la stagione 1954. Nel frattempo Ascari ottenne il permesso di gareggiare sulle Maserati e, a Monza, tornò perfino al volante di una Ferrari. Tre corse in totale, tutte concluse con un ritiro per guasto. L’annata venne riscattata dalla vittoria alla Mille Miglia, che Ascarì aveva inseguito a lungo. Gliela regalò la Lancia D24.

La monoposto di F1 Lancia D50 fece in tempo a scendere in pista nell’ultimo GP stagionale, a Barcellona. I test della settimana precedente, a Monza, erano stati più che positivi, dato che Ascari ottenne il record della pista. In Spagna Alberto andò fortissimo; pole position e giro più veloce in gara, ma la frizione si ruppe dopo dieci giri, provocando il ritiro della vettura.

Nel 1955 c’erano le premesse per un duello praticamente ad armi pari con le Mercedes di Fangio e Stirling Moss. Tuttavia nella prima gara in Argentina Ascari uscì di pista dopo essere scivolato su una macchia d’olio, ritiro. Ma nelle due corse successive a Torino e Napoli, non valide per il mondiale, l’italiano vinse con autorità. Ed eccoci a Monaco. Le Mercedes arrivarono con qualcosa in più, perché Fangio e Moss partirono a razzo e fecero il vuoto dietro di loro. Ma probabilmente i due avevano chiesto troppo alle loro vetture: Fangio ruppe la trasmissione, poi Moss mandò in fumo il motore quando stava per doppiare il secondo in classifica, appunto Ascari.

Tuttavia pochi secondi dopo, appena uscito dal tunnel, Ascari perse il controllo della vettura alla chicane e andò dritto, precipitando in mare. Fu prontamente salvato da un sommozzatore, il pilota rimediò alcune escoriazioni e la rottura del setto nasale. Non esistono filmati o immagini del momento in cui la Lancia uscì di pista, ma solo dei secondi immediatamente successivi, con quella nuvola di polvere sollevata dall’impatto della vettura contro i sacchi di sabbia che delimitavano il tracciato. Il giorno dopo, il pilota dichiarò alla stampa di avere perso il controllo per essere scivolato su una macchia d’olio; la perdita di liquido dalla macchina di Moss.

 

La morte di Alberto Ascari


Con quel tuffo in acqua la carriera di Alberto Ascari s’interruppe per sempre. Infatti quattro giorni dopo, il 26 maggio 1955, mentre si trovava nella sua casa milanese, il pilota ricevette una telefonata dagli amici di sempre, Luigi Musso ed Eugenio Castellotti: “Siamo a Monza a provare; dai, fai un salto qui”. Alberto non se lo fece ripetere due volte, si trattava di fare quattro chiacchiere, non aveva previsto di scendere in pista, infatti indossava giacca e cravatta e non si era portato dietro la fedele valigietta che conteneva casco e maglietta azzurri, guanti e occhialoni (e che non lasciava toccare mai a nessuno, superstiziosissimo com’era).

Era una sessione di prove con una vettura di categoria sport, la Ferrari 750 Sport, per l’appunto; i tre avevano in programma di partecipare più avanti nella stagione ad alcune gare di durata. Ma al termine delle prove, Ascari chiese di salire in macchina per fare qualche giro. Castellotti gli prestò il casco. Quasi alla fine del terzo giro, si sentì un rumore per nulla piacevole proveniente dalla curva del Vialone: il rumore di un motore “storto”, che gira in modo non normale. Proprio quando accade un incidente. Subito dopo, il silenzio. Era accaduto quello che si temeva: Alberto Ascari era uscito di pista.

I soccorritori trovarono l’auto rovesciata, sotto di essa il corpo senza vita del pilota. In quella curva che oggi si chiama proprio Variante Ascari, in memoria del grande campione. Per tanti anni le cause dell’incidente non furono mai chiare; schiacciamento toracico, attestò l’autopsia. Si pensò che qualcuno o qualcosa avesse attraversato la pista; ma pochi anni fa saltò fuori una testimonianza oculare, del pilota Ernesto Tino Brambilla (fratello del Vittorio che corse in F1), il quale disse alla stampa di aver visto l’auto rovesciarsi, senza che nessuno attraversasse il tracciato. L’unica certezza è che in quel momento l’automobilismo perse uno dei più grandi campioni mai esistiti, prima o dopo.

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