Gruppo FCA: un fondo americano, vendete la Fiat
Singolare proposta di un piccolo fondo che detiene meno dello 0,6% delle azioni, creato quando Marchionne aveva già finito di salvare la Chrysler: cedere Fiat, Alfa Romeo e Maserati a PSA e fondere Jeep e Ram in America con la General Motors. Manley, Barra e Tavares pendono dalle labbra di un 34enne signor nessuno di Wall Street
Il Gruppo FCA dovrebbe vendere Fiat e abbandonare l’Europa? Il peso di un piccolo investitore non è minimamente paragonabile a quello di uno grande, è logico. Inoltre la visione di un fondo d’investimento è sempre esclusivamente legata al puro ritorno finanziario del proprio capitale, non sempre sul medio o lungo termine, anche a scapito di qualsiasi altro fattore. Diverse sono invece le considerazioni degli azionisti di maggioranza e dei manager di una grande impresa: naturalmente anche per loro il fine principale è remunerare in modo adeguato il capitale investito; tuttavia è importante programmare sul lungo termine, investire capitali sufficienti in ricerca e sviluppo, stare al passo con l’evoluzione tecnologica, venire incontro alle richieste di mercato non solo sull’immediato; tutti elementi che necessitano forti somme di denaro le quali, per forza di cose, devono essere sottratte alla distribuzione immediata dei profitti.
Un piccolo fondo americano: il Gruppo FCA venda la Fiat
Ma la proposta del fondo americano ADW Capital Managemente LLC testimonia uno stato di nervosismo permanente dei mercati nei confronti del Gruppo FCA. Nonostante la prossima distribuzione di un dividendo straordinario dovuto alla vendita della Magneti Marelli e di un dividendo ordinario dal prossimo aprile, analisti ed investitori non sono contenti. Il calo dei profitti, il ritardo tecnologico, l’assenza di un’alleanza strategica con altri costruttori: tutti elementi che non piacciono al mondo finanziario.
ADW Capital non rientra fra i primi 100 azionisti del Gruppo FCA; investe nella multinazionale italo-anglo-americana-olandese dal 2014. L’agenzia Bloomberg ha diffuso una lettera aperta inviata da questo fondo al consiglio di amministrazione. Chiede che si valuti la cessione delle attività europee del gruppo e che si proceda ad uno spin-off (separazione in vista di una quotazione o cessione) di Maserati e Alfa Romeo, per concentrarsi sui marchi americani più redditizi, cioè Jeep e Ram. Tale Adam Wyden, 34 anni, fondatore del fondo ADW, praticamente pretenderebbe di sconfessare tutto il lavoro compiuto da Sergio Marchionne, il quale proprio grazie alla fusione con la Fiat ha potuto salvare i marchi americani oggi così preziosi ma a tutti gli effetti falliti alla fine della scorsa decade, prima dell’intervento del gruppo italiano.
Questo genio della finanza si spinge oltre, forte dell’autorità che gli deriva dalla faraonica quota di 150 milioni di dollari investiti in FCA, un gruppo che oggi di dollari ne vale 26,1 miliardi; quindi le azioni di ADW rappresentano lo 0,57% del capitale di FCA. Wyden dall’alto della sua saggezza si permette di dire a Mike Manley quello che deve fare, come se aver reso la Jeep la gallina dalle uova d’oro che è oggi (dopo Marchionne il merito è sostanzialmente suo) non fosse un titolo sufficiente. Allora: fondere le attività europee di FCA con un altro costruttore della regione, magari PSA (poteva dire Volkswagen, già che c’era); vendere o separare con l’intenzione di vendere Maserati e Alfa Romeo; cambiare nome in Jeep-Ram e fondersi con un costruttore nordamericano, ad esempio General Motors, per risparmiare sui costi.
Il fatto che quando questo giovincello fondò ADW, nel 2011, Marchionne avesse già completato il salvataggio della Chrysler (anni dopo aver salvato anche la Fiat) evidentemente non conta; come non conta il dettaglio che per anni il grande manager scomparso ha provato con forza a convincere la GM a fare esattamente questo, salvo scontrarsi con il rifuto netto della controparte.
Ed evidentemente nemmeno conta l’altro trascurabile dettaglio che in un solo anno Carlos Tavares, il capo del Gruppo PSA, ha già fatto uscire la Opel dalla sua crisi, quindi se proprio volesse studiare un’alleanza con la Fiat non avrebbe certo bisogno dei consigli di questo signor nessuno. Nemmeno Manley, del resto. Né Mary Barra, Carlos Ghosn, Jim Hackett, Herbert Diess, Akio Toyoda o tutti gli altri principali manager di aziende vere che producono beni concreti nel mondo reale, non nell’artificiale e nevrastenico paradiso di carta che vede in Wall Street la sua capitale.