Tesla chiede i soldi indietro ai fornitori
Il costruttore di auto elettriche ha chiesto a una decina di fornitori di restituire parte dei pagamenti ricevuti dal 2016 in poi.
Secondo quanto riporta il Wall Street Journal (ma la notizia è confermata dalla stessa Tesla) l’azienda di Elon Musk ha inviato una richiesta ufficiale ad alcuni dei suoi fornitori, con la quale Tesla chiede loro di restituire parte dei pagamenti ricevuti per le forniture dal 2016 in poi.
Secondo il Wall Street Journal si tratterebbe di un “cospicuo ammontare di denaro“. La diffusione della notizia ha avuto pesanti ripercussioni sul titolo azionario di Tesla, che ha perso oltre il 3% alla Borsa di New York.
Il timore di azionisti e investitori è più che giustificato: quando un’azienda chiede i soldi indietro ai suoi fornitori non è mai un buon segno. Specialmente se l’azienda in questione è Tesla, produce auto elettriche e vuole rivoluzionare un mercato dove i competitor sono tutti dei giganti ma, al tempo stesso, da quando è nata non ha mai fatto utili.
Solo debiti: 10,5 miliardi ad oggi, secondo Bloomberg che ricorda anche che 1,7 miliardi di tali debiti devono essere ripagati entro i prossimi 16 mesi: 230 milioni a novembre, 920 milioni a marzo 2019 e altri 566 milioni a novembre 2019.
Tuttavia, in una nota inviata da Tesla a Electrek, l’azienda di Musk minimizza: La negoziazione è una parte standard del processo di fornitura, e ora che siamo in una posizione più forte con la linee di produzione della Model 3, è un buon momento per migliorare il nostro vantaggio competitivo in questo settore. Il nostro obiettivo è raggiungere costi base più sostenibili a lungo termine, non solo trovare riduzioni una tantum per questo trimestre, e questo è positivo per Tesla, i nostri azionisti e i nostri fornitori che beneficeranno anche del nostro volume di produzione crescente e delle opportunità di crescita future. Abbiamo chiesto a meno di 10 fornitori una riduzione della spesa totale in conto capitale per progetti a lungo termine iniziati nel 2016 ma non ancora completati e qualsiasi cambiamento con questi fornitori migliorerebbe i nostri flussi di cassa futuri, ma non influirebbe sulla nostra capacità di raggiungere la redditività nel terzo trimestre. Il resto delle nostre discussioni con i fornitori è interamente incentrato sul prezzo futuro delle parti e sulla progettazione o sui cambiamenti di processo che ci aiuteranno a ridurre i costi fondamentali piuttosto che ad adeguamenti dei periodi precedenti dei progetti capex. Questa è la cosa giusta da fare.
Secondo Tesla, quindi, non c’è niente di strano e anche se i fornitori non restituiranno quanto richiesto l’azienda riuscirà comunque ad essere redditiva nel terzo trimestre come promesso. Secondo David Welch su Bloomberg, invece, tale richiesta “puzza di disperazione“.
Quello che è certo, però, è che a parte il debito colossale Tesla deve rispondere (e anche in fretta) a moltissime sfide: la capacità produttiva della Model 3 ha raggiunto le 5.000 unità a settimana solo a inizio luglio, ma secondo l’ormai famoso “sabotatore” tale capacità sarebbe stata a lungo intenzionalmente sovrastimata agli occhi degli investitori.
Grossi volumi di vendita delle Model 3 sono essenziali per Tesla, perché sono la sua unica speranza di diventare una vera e propria casa automobilistica che fa utili e può programmare investimenti per il futuro.
Investimenti come la mega fabbrica da 500.000 auto l’anno già annunciata in Cina che, al momento, potrà essere costruita solo facendo altro debito.