Fiat e USA: da salvata a salvatrice
13 marzo 2000: viene firmato l’accordo tra Fiat Auto e General Motors. La Casa di Detroit entrò in possesso del 20% di azioni del Lingotto; allo stesso tempo, il gruppo di Torino ricevette circa il 5% del capitale di GM. Il rispettivo scambio di pacchetti azionari servì per far nascere le due joint-venture “Fiat GM
13 marzo 2000: viene firmato l’accordo tra Fiat Auto e General Motors. La Casa di Detroit entrò in possesso del 20% di azioni del Lingotto; allo stesso tempo, il gruppo di Torino ricevette circa il 5% del capitale di GM. Il rispettivo scambio di pacchetti azionari servì per far nascere le due joint-venture “Fiat GM Powertrain” e “Fiat GM Purchasing”, finalizzate ad un abbattimento dei costi di progettazione e forniture per entrambi i gruppi automobilistici. Questo accordo fu benvenuto nell’ambiente finanziario perché, secondo gli analisti, Fiat si era assicurata così un futuro più certo: “l’America aveva salvato l’industria automobilistica italiana”, gridò qualcuno.
Poi, sappiamo tutti come andò: Fiat Auto, alcuni mesi dopo la sigla dell’intesa con GM, entrò in una grave crisi, una delle più forti che abbia mai colpito il Lingotto nel secondo dopoguerra. Quasi tutti davano Fiat per spacciata e la famiglia Agnelli ormai propensa a disfarsi del settore auto, anche perché poteva essere esercitato un diritto di opzione per cedere il restante 80% a General Motors, tra il 24 gennaio 2004 e il 23 luglio 2009. Ma il matrimonio siglato qualche anno prima con gli americani cominciò a scricchiolare: nel 2003, GM decise di non sottoscrivere l’aumento di capitale di Fiat, riducendo così il proprio pacchetto azionario al 10%. Ma la clausola contenuta nell’accordo si rivelerà, poi, “un asso nella manica” per Fiat. Grazie all’abilità di Sergio Marchionne, il 14 febbraio 2005 Fiat riesce a “divorziare” da GM, ottenendo tra l’altro la restituzione della quota del 10%, lo scioglimento delle joint-venture e 1,55 miliardi di euro come controvalore del put.
30 aprile 2009: viene firmato l’accordo tra Fiat e Chrysler. La Casa torinese entra in possesso del 20% del gruppo di Auburn Hills – che in seguito salirà al 35% – in cambio di piattaforme e tecnologie utili a Chrysler per poter sviluppare auto a basso impatto ambientale, come espressamente chiesto dalla Casa Bianca per poter ottenere il prestito federale. E così, questa volta la situazione si è capovolta ed i ruoli si sono invertiti: “Fiat salva l’industria automobilistica americana”, dovremmo esclamare noi italiani. Ma non solo direttamente: infatti, se dovesse andare in porto anche il “Piano Opel” – negli ultimi giorni allargatosi all’acquisto anche di Saab e Vauxhall – ne beneficerebbe pure la General Motors, perché Fiat rileverebbe tutte le attività di GM Europe, filiale europea dell’ormai ex colosso di Detroit.
Al di là di tutti gli aspetti, qual è l’unica cosa che accomuna l’intesa con Chrysler e l’accordo siglato quasi dieci anni fa con GM? Per ogni appassionato di auto che si rispetti, la risposta è una sola: Alfa Romeo. Questa volta sembra l’occasione giusta per la Casa del Biscione: un ritorno dell’alto di gamma alla trazione posteriore per riallacciarsi alla propria tradizione e affrontare al meglio il ritorno sul mercato “a stelle e strisce”.
Molti si stanno chiedendo come farà Marchionne a trovare il giusto mix per quello che sarà un gruppo automobilistico da 80 miliardi di fatturato e una produzione mondiale di 6/7 milioni di veicoli all’anno. Un nuovo colosso composto da diversi brands: Fiat, Abarth, Lancia, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Jeep, Opel/Vauxhall e Saab e i veicoli commerciali. Il Presidente Luca Cordero di Montezemolo, alcune settimane fa, ha annunciato che Fiat continuerà a cooperare con altri partner, ricoprendo un ruolo da protagonista.
Se in futuro nascerà il colosso Fiat, molto probabilmente sarà questo lo scenario a cui assisteremo: Fiat e Opel riprenderanno il discorso interrotto qualche anno fa e che portò allo sviluppo dei motori diesel MultiJet, della Grande Punto e dell’attuale Corsa. Della stessa partita saranno Lancia e Saab, le quali potrebbero ritornare allo sviluppo congiunto dell’alto di gamma, come quando negli anni ’80 dettero vita alla Thema e alla 9000, grandi berline capaci di scalfire lo strapotere delle tedesche nel segmento E. Invece, Alfa Romeo beneficerà del know-how di Chrysler e Dodge nelle auto a trazione posteriore.
In questo grande scacchiere, potranno entrare in gioco anche le partnership che Fiat ha in piedi con Tata e PSA. La Casa indiana potrebbe fornire il supporto per le auto low cost del Lingotto, molto probabilmente griffate con il riesumato marchio Autobianchi; Jaguar e Land Rover sarebbero ideali, rispettivamente, per lo sviluppo di auto di lusso e per una joint-venture con Jeep. Un ruolo importante lo rivestirebbe anche PSA, con cui Fiat è alleata da più di trent’anni nel campo dei veicoli commerciali.
Potrebbe essere realizzata una variante Dodge del Fiat Ducato per sostituire il van Sprinter, nato ai tempi di DaimlerChrysler. Inoltre, anche Opel si includerebbe nella sinergia, qualora il matrimonio con Fiat sia un problema per Renault e Nissan, con cui la Casa tedesca realizza i veicoli Movano e Vivaro. Al momento, tutte queste ipotesi restano delle mere supposizioni. Solo il tempo dirà se Fiat diventerà uno dei più grandi gruppi automobilistici mondiali.
Fonti | MitoAlfaRomeo.com