Jeremy Clarkson prova la Jaguar XF SV8
La rabbia che esprime Clarkson per l’enorme potenziale del marchio Jaguar, così incompreso dai padroni di Ford e di conseguenza, così mal gestito, potrebbe applicarsi senza fare una piega ad un celeberrimo marchio italiano, nato a Milano, con un passato glorioso, un presente altalenante ed un futuro incerto. Lo diciamo con rabbia, purtroppo, ma soprattutto
La rabbia che esprime Clarkson per l’enorme potenziale del marchio Jaguar, così incompreso dai padroni di Ford e di conseguenza, così mal gestito, potrebbe applicarsi senza fare una piega ad un celeberrimo marchio italiano, nato a Milano, con un passato glorioso, un presente altalenante ed un futuro incerto. Lo diciamo con rabbia, purtroppo, ma soprattutto con tantissima speranza per il domani di Alfa Romeo.
Premessa poco attinente, d’accordo; torniamo a noi e al vecchio Jimmy. Dicevamo: Jaguar ha un grande passato alle spalle, ma, come sottolinea Clarkson si tratta solo di quello. “Al di la della XJ220, la Jaguar non ha fatto niente negli ultimi 40 anni. Dire che Jaguar è un grande marchio oggi, è come dire che l’Egitto è una potenza mondiale perchè 3000 anni fa ci sono stati i faraoni e le Piramidi.” Concetto forte ma efficace, ribadito con un altra stilettata: “Se prestiamo così tanta attenzione alla Jaguar oggi è solo perchè ha fatto una macchina come la E-Type nel 1961”.
E questa nuova XF, come va? Malissimo, a leggere solo la prima parte della prova del Times: i difetti sono innumerevoli. Al di là della linea, che ha perso molto nel passaggio dal concept alla produzione infatti ci sarebbero parecchie noie come i fari poco potenti, lo schermo del navigatore illeggibile per i riflessi, il cruise control e il tasto start che fanno le bizze, o il poco spazio per le gambe dei passeggeri posteriori. Bocciatura scontata, a prima vista. Eppure il risultato è stato l’esatto contrario. Andiamo a vedere perchè.
Posto che le magagne di cui sopra sono tutt’altro che di poco conto la XF si è fatta perdonare per alcune eccellenze. Lo stile degli interni: stupendo per Jeremy, che ha apprezzato la modernità estrema del design, dotata di un’eleganza invidiabile da tutte le concorrenti. Il salto generazionale ha fatto decisamente bene al marchio, che cominciava a perdere colpi: ormai i clienti, a parte gli affezionati, hanno un diverso concetto di eleganza, e la casa inglese presto o tardi avrebbe dovuto adeguarsi ai tempi. E lo ha fatto nel modo migliore.
Su strada poi, il nuovo giaguaro è una vera delizia. Il 4.2 V8 della versione provata è un motore da applausi (“scordatevi le vostre BMW” sentenzia Jimmy) e la stabilità è a tutta prova, anche grazie ad un bilanciamento esemplare. Ha sorpreso pure la voce del propulsore, un po’ invadente, ma del resto, su un’auto che vuole offrire quel pizzico di sportività che le berline classiche non hanno, questo non può considerarsi un difetto nel senso tradizionale del termine.
La conclusione? Dopo 40 anni Jaguar ha ricominciato a fare auto degne di essere ricordate, e non più semplici copie di modelli immutabili. Era ora.