Nissan e Subaru, controlli di qualità irregolari dal 1979
Richiamate 1,5 milioni di vetture, adesso mille dubbi sull’industria automobilistica giapponese
Nissan condurrebbe controlli di qualità irregolari sulle proprie vetture prodotte in Giappone da ormai quasi quaranta anni, questa la prima indiscrezione che trapela dall’indagine esterna a cui l’azienda è stata costretta dopo l’intervento del governo nipponico. Uno scandalo che finora ha costretto il costruttore a richiamare 1,2 milioni di vetture uscite dalle catene dall’ottobre 2014 ad oggi e vendute solo in Giappone, e poi al blocco della produzione in tutte le fabbriche nel paese nipponico. Ora il colpo finale, i primi riscontri dell’indagine commissionata ad una azienda esterna che, clamorosamente, ha rivelato come la verifica delle auto destinate ad essere vendute in Giappone, ed obbligatori per legge, non sarebbero stati fatti da personale autorizzato e certificato dal Governo. Tutto questo non a livello occasionale, ma come pratica in vigore dal 1979. I risultati dell’indagine saranno resi noti ufficialmente l’8 di novembre, ma quello si profila esattamente quello che autoblog.it aveva già definito un un giallo politico e industriale che offusca la serietà dell’industria automobilistica nipponica.
Per ora Nissan assicura che sui modelli coinvolti dalle irregolarità non esistono problemi di sicurezza per il cliente finale. Ma è se non altro molto strano che l’agenzia Bloomberg segnali come la stessa pratica delle certificazioni irregolari, in teoria solo una violazione amministrativa, sia stata invece sistematicamente applicata con le stesse modalità di Nissan anche da Subaru, azienda che con la prima non ha nessun rapporto economico. Quest’ultima richiamerà 255 mila vetture.
Possibile che in Giappone manchino del tutto tecnici specializzati? No, ed infatti il controllo svolto da persona senza titolo vale come un controllo non fatto, e che forse non sarebbe stato superato se fosse stato effettuato da personale in dovere di prendersi la responsabilità davanti alla legge per ciò che certifica. Nel caso di Subaru, tecnici non abilitati hanno vistato i documenti con il nome dei loro istruttori. Un metodo che scavalca qualsiasi responsabilità in ogni ambito di illegalità, cominciando non certo dalla qualità dei materiali , ma che per ipotesi potrebbe facilmente estendersi alla correttezza dei dati dichiarati su consumi ed emissioni. Suzuki nel 2016 ha ammesso di aver adottato metodi impropri per rilevare i consumi, stessa leggerezza in cui è caduta Mitsubishi Motors, colta in fallo da una indagine del Ministero dei Trasporti giapponese dopo una segnalazione guarda caso di Nissan.