Takata: il colosso degli airbag dichiara fallimento
Takata, società di airbag giapponese, ha dichiarato il fallimento schiacciata dal peso del più grande richiamo mondiale.
Il produttore giapponese di airbag Takata ha dichiarato il fallimento in Giappone e negli Stati Uniti, schiacciata dal peso del più grande richiamo automobilistico mondiale. Nel mese di febbraio 2017, infatti, Takata era stata dichiarata colpevole di frode negli Stati Uniti per aver sistematicamente omesso informazioni sui difetti degli airbag manipolando i dati sul gonfiaggio. Le campagne di richiamo, che nei soli Stati Uniti hanno riguardato circa 42 milioni di vetture, non sono bastate per evitare una multa di oltre un miliardo di dollari: 850 milioni in restituzione alle case costruttrici per i costi di richiamo sostenuti, 25 milioni come ammenda, e un fondo da 125 milioni di dollari come risarcimento alle vittime degli airbag fallati.
Il problema è da ricondursi all’utilizzo da parte di Takata di un composto chimico che con il caldo estremo e l’umidità può deteriorarsi causando un’esplosione nell’abitacolo. Le auto coinvolte non appartengono solo a costruttori giapponesi (Honda, Toyota, Mazda, Nissan, Subaru) ma anche a FCA e Ferrari per un totale di 18 costruttori che utilizzano. Come riporta Automotive News, il bilancio legato agli airbag difettosi di Takata è di almeno 16 morti e 180 feriti in tutto il mondo.
I dirigenti di Takata, guidati dall’amministratore delegato Shigehisa Takada, hanno annunciato il fallimento durante una conferenza stampa a Tokyo spiegando di non avere altra scelta se non quella di vendere beni in contanti. Le attività della Takata sono state infatti acquisite dalla società americana Key Safety Systems, che fa parte del gruppo cinese Ningbo Joyson Electronics: il totale annunciato dell’operazione è 1,4 miliardi di euro ma l’ammontare del passivo è di circa dieci volte superiore. Secondo alcuni analisti si parla di almeno 10 miliardi di dollari mentre uno studio del Tokyo Shoko Research Ltd., parla di un debito complessivo di 1,7 trilioni di yen (15 miliardi di dollari) e molte case automobilistiche sarebbero tra i creditori.
Takata ha spiegato che la procedura è una tappa obbligata per assicurare una continuità nella sostituzione degli airbag difettosi: “Abbiamo trascorso molto tempo alle trattative ed è stato estremamente difficile raggiungere un accordo con oltre dieci produttori di automobili e una società candidata” ha detto Takada. Da tempo, infatti la NHTSA (National Highway Traffic Safety Administration) ha chiesto che 68 milioni di airbag vengano sostituiti entro il 2019. Priorità alle auto che circolano nelle zone più calde degli Stati Uniti ma anche al resto delle aree del Paese dato che il 30% dei circa 313.000 veicoli negli USA soggetti a richiamo non sono mai stati portati in officina per la sostituzione dell’airbag.