Vettel “Il 2016 non così negativo”, ma il tedesco ha capito cosa sia la Ferrari?
Al Drake sarebbero piaciute le sue dichiarazioni in conferenza stampa?
Formula 1 – Sebastian Vettel, fin dal suo approdo in Ferrari, ha avuto dalla sua sempre uno scomodo paragone a cui è dovuto sottostare: quello di Michael Schumacher. Mica poco, considerando come il Kaiser fu in grado di riportare ai vertici assoluti il Cavallino di Maranello, sprofondato in una crisi di risultati dopo quell’alloro del 1979 di Sheckter che nemmeno l’arrivo di Prost riuscì a compensare. D’altro canto, arrivare in Ferrari implica delle responsabilità, dei valori a cui non si può sottostare o negoziare.
Il Cavallino Rampante è la storia della Formula 1 quindi il concetto è semplice: “si deve vincere, si deve onorare il sogno del Drake”. Ecco, concludere una stagione senza vittorie non deve rientrare nel DNA di Maranello. Nelle ultime decadi, solamente nello sfortunato 1993 con la F93A dotata di doppio fondo, e nell’altro disastroso 2014 con l’introduzione dell’era Turbo, in Ferrari non si è festeggiato una vittoria.
Macchine sfortunate si dirà, come non sembrava essere la SF16-H dello scorso anno, quando dopo la prima corsa a Maranello si era convinti di poter puntare al grande colpo. Ed invece? Il nulla, il vuoto, una prestazione a gambero che rese la Ferrari la terza forza in campionato dietro Mercedes e Red Bull.
Insomma, il 2016 verrà ricordata per alcune rotture di troppo, gli errori di Vettel, il bel duello in Messico e poco più. Eppure Sebastian, dopo aver conquistato la vittoria alla gara di esordio di Melbourne con queste nuove vetture, ha parlato nella conferenza stampa di Shanghai di un 2016 non così negativo:
“Quella passata non è stata così negativa, come stagione: abbiamo avuto un discreto numero di podi, e diverse gare in cui non è semplicemente girata per il verso giusto. Ricordo una stagione un po’ migliore di quella che viene descritta, anche se non è stata la stagione che avremmo desiderato.
2017? Dopo una sola gara è facile dire che è migliore, ma si tratta solo di una gara. Tante cose sono cambiate, il team è cresciuto, siamo in una posizione migliore, il lavoro sta procedendo nel modo giusto, secondo gli obiettivi che ci siamo prefissati e speriamo di mantenere la tendenza positiva”.
Ecco, partendo dal presupposto che tutti i piloti parlano oramai in “politichese” durante gli eventi ufficiali, come si può interpretare una dichiarazione del genere? Buttare acqua sul fuoco per mantenere basse le aspettative 2017? Lasciarsi il passato alle spalle oppure non aver ancora capito fino in fondo cosa significhi vivere la Ferrari? Come l’avrebbe presa il Drake una situazione del genere? Certo è che sarebbe stato opportuno comunque sottolineare come una stagione senza vittorie non è un qualcosa di accettabile per la Ferrari, pur mantenendo quel low profile indetto da Marchionne fin da questo inverno. Un diktat che, fin dal suo primo giorno Arrivabene ha capito. Ogni sua dichiarazione è un “basso profilo ma mai accontentarsi”.
Da un lato Sebastian ha portato dei metodi teutonici, pragmatici, una sana dose di umiltà abbinata alla sua proverbiale velocità, ma anche entusiasmo e battute che ricordano lo Schumacher dei tempi migliori. Dall’altro anche quella dose di animo sbarazzino che non sempre è piaciuto agli uomini in rosso, non ultimo la moda di battezzare le Ferrari. Un vezzo simpatico per una Red Bull, ma come ricordò lo stesso Marchionne “Una Ferrari è una Ferrari”.
Il 2017 è la stagione del bivio per Sebastian Vettel, iniziato al meglio con una guida perfetta a Melbourne. Nessuno mette in dubbio le sue doti da campione, ma è sufficiente per la Ferrari?
Nel 2015 bisognava ricostruire la fiducia di una squadra che aveva appena chiuso il rapporto con Alonso dopo due mondiali sfiorati, nel 2016 il tedesco ha mostrato una forte dose di combattività ma anche nervosismo e qualche errore di troppo. Il 2017 dovrà essere l’anno della maturità. La Ferrari con la sua strada tecnica da un lato è vero, ma al contempo lo stesso Vettel dovrà mostrare di diventare un vero e proprio leader, anche nel labirintico mondo della comunicazione.