Ricarica auto elettriche: diffusione colonnine, costi, potenza nel 2021
Argomento fra i più dibattuti nei nuovi scenari della mobilità: oltre al numero di punti di ricarica, pubblici e privati, sono da considerare il fabbisogno energetico e la relativa incidenza sulla richiesta globale.
Con il rifinanziamento degli incentivi statali, l’incidenza del parco circolante elettrificato in Italia è potenzialmente stimabile in un nuovo aumento. In particolare, i riflettori vengono puntati sulle vetture ad alimentazione ibrida plug-in ed elettrica, che già nel pur drammatico 2020 della pandemia da Covid hanno fatto registrare un livello di crescita mai verificatosi in precedenza. E nella prima metà del 2021 hanno confermato il rispettivo ottimo stato di salute.
Infrastrutture, prezzi, costi di ricarica
Tutto questo in relazione al totale dell’immatricolato: se il trend di ibride ricaricabili e “zero emission” è in costante ascesa, potrebbe essere forse presto per parlare di “boom”. In effetti, occorre considerare diversi fattori che, allo stato attuale, consigliano ancora un po’ di attesa da parte di quanti si dichiarano potenzialmente pronti a compiere il “grande passo” e orientare la rispettiva scelta verso un’auto elettrica: diffusione delle infrastrutture nazionali per la ricarica (soprattutto fast charge: l’autonomia del veicolo ed i tempi di “fermo” della vettura per un pieno di energia sono uno dei punti-chiave per il pieno sviluppo dell’auto elettrica), prezzi di vendita relativamente elevati (seppure, come si accennava in apertura, i 10.000 euro in meno garantiti dai nuovi Ecobonus formulati nel “Decreto Ristori Bis” e che si accompagnano agli sconti concessionaria rappresentano una ottima base di partenza), e costi effettivi di ricarica.
Facciamo due conti
Quest’ultima “voce”, come periodicamente avanzato da molte parti, è sempre più sulla bocca di quanti si interessano all’eventuale acquisto di un autoveicolo “alla spina”. Per dire: quanto è la spesa per una ricarica completa? E quanto, in previsione, inciderà una sempre maggiore potenza richiesta alle stazioni di ricarica per sopperire alle necessità essenziali di spostamento (appunto: autonomia e tempi brevi di allaccio alla rete)?
Ricarica pubblica e privata: differenze
Come avviene per gli idrocarburi “tradizionali” (benzina e gasolio), il costo di ricarica è variabile: la differenza sostanziale consiste nel fatto che non si calcola il prezzo “alla pompa” per un litro di carburante, quanto il costo “alla presa” per ogni kW, ed incide anche la potenza di erogazione dell’energia e la relativa modalità (corrente alternata, per lo più domestica, e corrente continua, utilizzata nelle infrastrutture pubbliche). Alle colonnine presenti sulle nostre strade – un rapporto elaborato da Motus-e riferiva che a fine 2020 nel nostro Paese c’erano 9.709 stazioni di ricarica, con 19.324 “hub” complessivi – va in effetti considerata anche la potenza effettiva di erogazione dell’energia per il “pieno” delle batterie.
In linea di massima, e considerate le modalità di approvvigionamento, i costi per una ricarica partono in media da 20 centesimi di euro per kW nel caso delle ricariche domestiche a corrente alternata, cifra che comunque può variare in funzione delle modalità di contrattualizzazione e della potenza erogata, più – dove previsto – le spese di gestione della Wallbox (noleggio o acquisto). Nel caso degli “hub” pubblici, gli importi possono oscillare fra circa 40 centesimi di euro per kW e più di 50 centesimi per kW e anche oltre: molto può dipendere dal gestore e dal tipo di contratto, nonché alla potenza dell’impianto ed ai tempi di ricarica: un allaccio del veicolo alla rete per una ricarica a corrente alternata a 22 kW, per dire, è inferiore in rapporto ad una ricarica a 150 kW a corrente continua.
Potenza: l’allarme blackout indicato nel Regno Unito
In tema di ricarica di auto elettriche, una delle questioni da tempo sui taccuini delle priorità delle Case costruttrici e delle utility è quella legata alla potenza di carica in relazione alle attuali condizioni delle infrastrutture. Un tema sollevato di recente nel Regno Unito, dove Huw Merriman, presidente della Commissione Traporti della Camera dei Comuni, ha dichiarato – basandosi su un report che illustrava l’asset circolatorio all’insegna dell’evoluzione rapida della e-mobility nel Paese che intende dare la parola “stop” alle vendite di veicoli a motore endotermico dal 2030 – che le abitudini degli “elettro-automobilisti” dovranno cambiare (magari privilegiando le ore notturne per il “pieno” di energia), e la rete di infrastrutture nazionali dovrà essere rafforzata. Altrimenti, è il campanello d’allarme sollevato dal rappresentante del Parlamento londinese, la ricarica di centinaia di migliaia – se non milioni – di veicoli elettrici potrebbe provocare dei blackout in alcune aree del Regno Unito.
Le tecnologie “reggono”?
Alla necessità di disporre di sempre più stazioni di ricarica (private e pubbliche) sul territorio, si aggiunge del resto anche la potenza: un rapporto sulla e-mobility realizzato nel 2019 dal Politecnico di Milano aveva messo in evidenza come, su una percorrenza media di un’auto elettrica nell’ordine di 11.000 km a fronte di un consumo energetico che si aggira su 16 kWh per 100 km, l’energia impiegata per utilizzarla si attesta su circa 1.760 kWh all’anno, laddove il fabbisogno energetico medio delle famiglie italiane è di circa 2.700 kWh. L’auto elettrica, quindi, “mangia” il 65% dell’intero consumo di energia per nucleo familiare. L’analisi del PoliMI stima che nel “fatidico” 2030 le auto elettriche in circolazione dovrebbero essere almeno 4,8 milioni, per un consumo globale annuo di 8,4 TWh (ovvero 8,4 milioni di MegaWatt), corrispondente a circa il 2,6% dell’intero fabbisogno nazionale. Una prospettiva preoccupante? Non proprio, tenuto conto del fatto che negli ultimi anni l’efficienza energetica nazionale è andata via via aumentando, dunque in proporzione i consumi si sono ridotti; e che i progetti di sostegno vengono auspicati da più parti (in primis a livello esecutivo, con la recente istituzione del Ministero della Transizione Energetica).
Essenziali gli strumenti hi-tech di aiuto
L’attenzione degli esperti si rivolge quindi anche sulla potenza della rete: sulla base di 100 kW in media indicati dal Politecnico di Milano sviluppati dagli “hub” a ricarica rapida ed a corrente continua, occorrerebbero qualcosa come 18,5 GW per la ricarica in contemporanea di 185.000 veicoli, come dire più di un terzo della potenza media nazionale. Decisamente molto.
Per far fronte ad una domanda energetica in continua crescita, esistono tecnologie quali lo sviluppo delle reti “smart-grid” favorite dai sistemi “vehicle-to-grid” (V2G), le cui sperimentazioni in Italia esistono (su tutti, e solamente per elencare qualche esempio, si segnalano la collaborazione avviata nel settembre 2019 da Fca e Terna, così come quella messa in atto da Nissan ed Enel X nella primavera dello stesso anno, oltre alla regolamentazione, tramite decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel febbraio 2020, dei criteri che regolano le modalità di cessione dell’energia dai veicoli alla rete nazionale). Oltre a questo, i progetti prevedono la realizzazione di tecnologie che sfruttano le energie rinnovabili e sempre più perfezionati sistemi di recupero per la ricarica delle batterie, oltre a piani di tariffazione che privilegiano le ricariche durante le ore nelle quali lo stress a livello di rete è inferiore.