Autovelox: quando si può contestare la multa e fare ricorso
Ad un verbale per eccesso di velocità, le motivazioni legittime che offrono la possibilità di opporsi, e contestare la multa al Giudice di pace o al Prefetto, ci sono: i dettagli sono essenziali.
Prendersi una multa per eccesso di velocità può capitare a chiunque. Non si parla di clamorosi superamenti dei limiti: i “normali” episodi di tutti i giorni, che non salgono all’attenzione mediatica, sono purtroppo molti. È sufficiente una momentanea disattenzione dal tachimetro, o un leggero “colpo” sul pedale dell’acceleratore, e se le… “influenze astrali” sono contrarie, la frittata è fatta: l’”implacabile occhio elettronico” (da tempo, peraltro, a raggi infrarossi) scatta, e non c’è più nulla da fare. Anche se solamente per pochi km oltre il consentito (cioè oltrepassata la tolleranza di 5 km/h nei tratti di strada con limite fino a 100 km/h, e del 5% al di sopra di tale soglia), la contravvenzione c’è, la sanzione viene spedita al domicilio di chi è stato “pizzicato”, e la multa va pagata.
Prevenire è meglio che curare
Fermo restando che le norme del Codice della Strada vanno rispettate (è dunque obbligatorio attenersi a quanto previsto dal legislatore: ne va della propria e soprattutto altrui sicurezza, e fa anche bene al portafoglio), si può sempre tener presente che esistono strumenti informatici le cui funzioni sono effettivamente utili ad evitare di vedersi appioppata una multa. Dai navigatori satellitari a Google Maps e Waze, tanto per fare alcuni esempi, si tratta di soluzioni valide per “avvertire” in tempo l’utente dell’approssimarsi di un autovelox. Se, per dire, si circola in zone poco conosciute, è bene farvi affidamento: l’infotainment di bordo (o la App dello smartphone) controllano passo passo i segnali, e il conducente può concentrarsi meglio sulla guida.
“Trucchi anti-autovelox”?… Meglio di no!
Per contro, è ottima cosa lasciare perdere i piccoli “stratagemmi” inventati dai “soliti ignoti” che promettono di poter farsi beffe degli autovelox. Non è qui il caso di elencarli tutti, anche perché si tratta di “invenzioni fai-da-te” che nulla hanno di miracoloso se non la certezza di un bel procedimento penale a carico del “furbetto” qualora venissero alla luce durante un controllo da parte delle forze di polizia (i CD sul lunotto, o la lacca per capelli spruzzata sulla targa, o “strane” pellicole rifrangenti non sono affatto efficaci, tanto più con le nuove generazioni di autovelox che hanno soppiantato il “flash” a favore della lettura a raggi infrarossi).
Osserviamo sempre la legge
In buona sostanza: se la contravvenzione viene elevata, occorrerà pagare. Ci sono tuttavia dei casi in cui è possibile “scagionarsi”, e fare ricorso con la ragionevole certezza che l’opposizione verrà accolta. Si tratta di strade perfettamente legittime, e che non presuppongono alcuna “furbata” che vada contro la legge. La semplice contestazione non è tuttavia sufficiente: è chiaro che occorrono dei dati oggettivi (fotografie o testimoni). E, dovendosi difendere, vale la regola che più se ne raccolgano, meglio è.
Bisogna in effetti tenere presente che se un ricorso viene respinto dal giudice, si dovrà poi pagare di più: nella fattispecie, lo stesso importo della sanzione più le spese processuali se a respingere il ricorso sia stato il Giudice di pace, o la multa in misura piena (che corrisponde a circa il doppio) nel caso del Prefetto. Ma andiamo con ordine, tenendo sempre presente che se si paga la multa nei primi cinque giorni dalla data di notifica al contravventore c’è il 30% di “sconto”.
Vale quindi la pena far bene i propri calcoli per essere sicuri dell’effettiva convenienza economica sul presentare ricorso.
Attenzione ai dettagli
Prima di tutto, alcune precisazioni: a prescindere dal fare ricorso o meno, occorre sempre inviare agli organi di Polizia accertatori una comunicazione che specifichi le generalità del conducente (nome, cognome, estremi della patente), per evitare di vedersi affibbiare una seconda multa ben più salata. Può anche essere che, per vari motivi (magari perché in casa c’è un veicolo soltanto e se ne servano tutti i componenti del nucleo familiare), non ci si ricordi chi fosse effettivamente alla guida del veicolo al momento dell’infrazione: anche in questo caso bisogna comunicarlo alla Polizia, e dichiarare di non potere rispondere per giusta causa.
Per meglio comprendere i casi in cui si può presentare ricorso, procediamo… al contrario, esaminiamo “voce per voce” quali sono le condizioni che rendono valida una contravvenzione per eccesso di velocità rilevata con autovelox e, quindi, determiniamo le situazioni che la rendano annullabile.
Piena visibilità
Analogamente ai segnali stradali, ogni apparecchiatura di rilevazione delle infrazioni deve essere ben visibile, per far sì che gli utenti la individuino con facilità. Dunque, anche in relazione all’ampiezza della sede stradale, dell’orografia e delle velocità che sono consentite in un determinato tratto. Anche la postazione di Polizia deve essere visibile, e non “nascondersi” per non farsi vedere. Attenzione, però: in questo caso non vale il dolo. Nel senso: non è consentito, ad esempio, che un equipaggio sia volutamente nascosto e non sia effettivamente visibile e l’apparecchio è stato installato dentro un’auto (non visibile, quindi). Ma se una siepe, o alcuni alberi, rendono poco visibile la pattuglia con autovelox e il cartello è stato correttamente posizionato con un ragionevole anticipo, la contravvenzione è valida.
“Vietato nascondersi”
Il cartello (“Controllo elettronico della velocità”) che segnala l’approssimarsi di un autovelox deve essere visibile da chiunque sia in transito: il legislatore non menziona alcuna distanza minima fra il cartello di avviso e la postazione, tuttavia indica un limite massimo: 4 km. È chiaro che la distanza minima debba essere congrua, per evitare eventuali manovre improvvise che potrebbero causare problemi alla circolazione. La “visibilità” del cartello si riferisce anche alle sue condizioni: un segnale rovinato da atti vandalici non è ammesso, così come non si consente che esso possa trovarsi ricoperto dalla vegetazione, da altri segnali stradali o cartelloni di pubblicità. Spetterebbe in effetti all’Amministrazione la sua eventuale sostituzione, se deturpato, o l’eliminazione di fronde, alberi o quant’altro ne occulti la visuale. Un verbale di eccesso di velocità rilevato da un’apparecchiatura “invisibile” può quindi essere annullato.
La fotografia deve essere chiara
Lo “scatto” fotografico dell’autovelox non registra solamente la targa: occorre che sia stata registrata la completa fase di infrazione. E non sempre viene allegata un’immagine della targa. Peraltro, ogni utente ha diritto a chiederne la visione. Se poi nell’immagine sono presenti due veicoli, e di conseguenza con tutte e due le targhe chiaramente leggibili, la contravvenzione si considera nulla in quanto impossibile stabilire qual dei due sia il veicolo che abbia effettivamente fatto scattare l’apparecchio. Allo stesso modo, la targa deve essere leggibile ad occhio nudo: in caso contrario, la multa potrebbe essere annullata.
L’autovelox deve essere omologato
Ogni apparecchio di rilevazione elettronica delle infrazioni deve essere provvisto di omologazione, rilasciata in concomitanza con l’inizio operativo. Una volta all’anno (ogni 365 giorni) lo strumento deve essere “revisionato”, ovvero controllato e sottoposto a nuova taratura (questo spetta all’azienda produttrice, se possiede una Certificazione di qualità ISO 9001/2000, oppure da un centro Accredia). Sul verbale, che deve essere redatto in originale (le fotocopie non valgono), devono esserci anche l’indicazione relativa all’omologazione dell’apparecchio e gli estremi di avvenuta taratura periodica (chi l’abbia effettuata e quando). Se manca uno di questi dati, l’autovelox non può fungere da “prova”, dunque la multa è annullabile.
Occhio al verbale
Nel caso in cui una contravvenzione sia stata elevata in assenza di una pattuglia di Polizia (ad esempio lungo le arterie urbane a scorrimento, o sulle strade extraurbane secondarie), il verbale deve contenere il decreto del Prefetto che autorizza la postazione fissa. In ambito urbano, invece, l’autovelox è ammesso solamente con la presenza di un organo di Polizia, per l’immediata contestazione.
Come fare ricorso
Se tutte le condizioni riportate qui sopra sono state rispettate, ci si metta l’anima in pace e si paghi. Tuttavia, qualora vi siano i presupposti, è possibile presentare ricorso. I tempi e i modi differiscono, a seconda se ci si rivolga al Giudice di pace o al Prefetto.
- Ricorso al Giudice di pace: dev’essere quello del luogo dove l’infrazione è avvenuta. Ci sono 30 giorni di tempo, dalla data di notifica della contravvenzione, e la presentazione del ricorso va accompagnata dall’avvenuto pagamento del contributo unificato (43 euro per gli importi fino a 1.100 euro; 98 euro per gli importi superiori a 1.100 euro e fino a 5.200 euro; 237 euro per gli importi superiori a 5.200 euro). La procedura può essere effettuata in maniera autonoma dalla persona, senza farsi assistere da un avvocato e dunque anche con Raccomandata A/R da inviare alla Cancelleria del Giudice di pace, e successivamente seguire l’iter informandosi sulla data della prima udienza e poi seguire le ulteriori fasi. Come accennato più sopra, nel caso in cui il ricorso al Giudice di pace venga respinto la sanzione sarà confermata, e in più potrebbe essere aggiunto il pagamento delle spese processuali;
- Ricorso al Prefetto: va presentato entro 60 giorni dalla notifica, e va inviato – con Raccomandata A/R – all’organo di Polizia che ha elevato il verbale, oppure direttamente al Prefetto stesso, ed è gratuito. Gli esperti consigliano di prestare attenzione: le motivazioni del ricorso devono essere evidenti e non interpretabili. Il ricorso è da considerare accolto se non si riceve alcuna risposta entro 180 giorni dalla data di invio (in Polizia) oppure 210 giorni (al Prefetto). Nel caso in cui il ricorso sia stato respinto (qui, il Prefetto applica la multa in misura piena) si hanno altri 30 giorni per rivolgersi al Giudice di pace.