Non solo elettrico: Toyota rimane aperta a qualsiasi alimentazione
La strategia di “non schieramento” del colosso giapponese nei confronti del futuro dell’auto che sia essenzialmente elettrica prosegue: i vertici scientifici Toyota si dichiarano apertissimi a tutti sistemi di propulsione.
L’essere “partigiani” nei confronti di uno specifico sistema di alimentazione non è la filosofia che Toyota ha assunto da diverso tempo: sono ben note all’opinione pubblica le affermazioni del “numero uno” del colosso giapponese, Akio Toyoda, in merito alla volontà di non schierarsi apertamente verso lo sviluppo dell’auto in chiave 100% elettrica, in favore di un’apertura a più ampio spettro.
Alle prese di posizione adottate da Toyoda, si aggiunge quanto dichiarato da Gill Pratt, ovvero il massimo dirigente scientifico di Toyota Motor Group, intervenuto ad un recentissimo summit sul comparto automotive indetto da Reuters.
Una interessante voce fuori dal coro
In relazione allo scenario della e-mobility (attuale e, soprattutto, riferito agli anni a venire), lo Chief Scientist di Toyota Group ha in buona sostanza amplificato le osservazioni di Akio Toyoda, che condivisibili oppure no un merito ce l’hanno: costituiscono una interessante “voce fuori dal coro” in un comparto come quello automotive che sembra sempre più rivolto, per il futuro, in gran parte verso l’auto 100% elettrica a batterie, mettendo su un piano differente altre tecnologie di alimentazione.
Non solamente l’auto elettrica per fronteggiare i cambiamenti climatici
In effetti, colpisce l’osservazione di Gill Pratt riportata da Reuters: il responsabile scientifico di Toyota (che nel 2020 è stata la Casa costruttrice che ha venduto più autoveicoli al mondo, con Corolla leader di vendite seguita da Rav4) dice che sebbene molte persone siano attentissime alla questione dei cambiamenti climatici, l’auto elettrica a batterie non è il principale mezzo per combattere il riscaldamento globale. È vero, sottolineano i vertici Toyota, che il ruolo principale nella riduzione delle emissioni verrà svolto dai veicoli elettrici, tuttavia altre tecnologie potranno benissimo essere utilizzate: il riferimento va in special modo all’alimentazione ibrida ed ibrida plug-in, così come allo sviluppo della tecnologia Fuel cell a idrogeno.
Puntare a ridurre le emissioni più che “indicare” quale alimentazione sia la migliore
Il pensiero di Toyota, confermato dal dirigente scientifico, si riassume nel fatto che il Gruppo “Crede nella diversità dell’offerta” utile a consentire agli utenti la scelta su quali sistemi puntare per ridurre le emissioni di CO2: “Non sta a noi prevedere quale soluzione sarà la migliore, e magari affermare che funzionerà solo questa”, ha indicato Pratt, il quale ha per di più aggiunto che gli aiuti da parte dei Governi dovrebbero essere in effetti finalizzati alla riduzione delle emissioni di biossido di carbonio, anziché limitarsi ad indicare quale tecnologia di alimentazione possa essere la migliore per il raggiungimento degli obiettivi sul clima (il riferimento, neppure troppo velato in questo senso, va tutto ai divieti proposti a lungo termine sulle vendite dei veicoli a combustione interna, ibridi compresi, come strada principale che il comparto automotive dovrebbe seguire per raggiungere la “carbon neutrality”).
Così Toyota si dimostra fiduciosa nelle proprie competenze (e possibilità economiche)
L’impegno di Toyota per la mobilità “green” non lascia in ogni caso a bocca asciutta lo sviluppo dell’auto elettrica. Cifre alla mano, il Gruppo prevede un monte-investimenti da 14 miliardi di dollari complessivi entro il 2030 per le batterie: un plafond piuttosto sostanzioso seppure relativamente modesto se paragonato con le decine e decine di miliardi (di dollari e di euro) che altri “big player” hanno già iniziato a stanziare – o si apprestano a farlo – per lo sviluppo “zero emission”.
La questione-chiave sta nel fatto che Toyota si dimostra apertissima a qualsiasi tecnologia: ha cioè poco interesse a promuovere un sistema a discapito di altri. Se questa strategia può, da un lato, essere vista come una “passiva neutralità”, è anche indice di fiducia nelle proprie capacità. Una precisa strategia, cioè, che denoterebbe un pieno credito nelle proprie competenze tecniche e risorse economiche e finanziarie per farsi trovare in prima fila nel futuro dell’automobile, a prescindere da quale sistema di propulsione prenderà più piede.