Volvo, guida autonoma: il futuro, la legge, le questioni etiche
I sistemi di controllo del veicolo compiono passi da gigante: serviranno scenari e regolamentazioni che tengano conto dell’evoluzione hi-tech.
“Diritto spaziale: due astronavi si scontrano. Chi ha ragione?”. Domanda scherzosa, che venne formulata da Vittorio Gassman alias Bruno Cortona, nel leggendario film “Il Sorpasso”. Era l’inizio degli anni 60, e per l’umanità il futuro era rivolto verso il cosmo. Pensare – o meglio ipotizzare – l’avvenire è un fatto naturale, insito nell’essere umano: sessant’anni fa, lo spazio. Nel terzo Millennio, le tecnologie adottate dagli autoveicoli come ausilio alla guida. In meno di un decennio, lo sviluppo dei dispositivi di bordo ha compiuto passi da gigante: ciò che in un tempo relativamente poco lontano appariva distante anni luce, oggi è qui, tangibile e alla portata di chiunque. I dispositivi di assistenza attiva, grazie anche all’evoluzione dell’informatica, vanno trasformando in maniera profonda l’approccio fra conducente e veicolo.
A che punto siamo
Non a caso, nel 2013 la SAE-Society of Automotive Engineers, decodificò gli ADAS-Advanced Driver Assistance Systems, su sei livelli (da 0 a 5), in base all’intervento elettronico sul controllo del veicolo. Nella tarda primavera 2022, il Consiglio europeo per la Sicurezza dei Trasporti, in ordine ad un accordo fra i Paesi UE sulle norme tecniche da adottare, aveva approvato – dopo più di un anno di discussioni – il regolamento sugli ADAS obbligatori dal 2022 sulle autovetture di nuova omologazione:
- Sistema di frenata autonoma d’emergenza;
- Emergency Lane Keeping Assist (assistente al mantenimento del veicolo nella corsia di marcia);
- Rilevamento stanchezza e distrazione del conducente;
- Intelligent Speed Assistance (ausilio al mantenimento “intelligente” della velocità, commisurato alle condizioni del traffico).
Per legge, ciascuno di questi dispositivi dovrà poter essere escluso, in modo da permetterne al conducente la disattivazione ed assumere il controllo del veicolo.
Lo sviluppo dei sistemi di ausilio attivo, tuttavia, prosegue, tant’è vero che sono sempre più numerose le vetture di nuova progettazione che adottano tecnologie di Livello 2 avanzato. Il prossimo step riguarda il Livello 3, con il comando autonomo del veicolo durante la guida in determinate condizioni (tratti rettilinei di autostrada, ad esempio), tuttavia con preavviso al guidatore nel caso di imminente disattivazione. Sarà poi la volta del Livello 4, che di fatto permette al veicolo di muoversi da se, seppure all’interno di situazioni ben definite (autostrade, aree di parcheggio): un “pilota automatico” inseribile dal conducente, il quale potrà riprendere la guida della vettura una volta al di fuori di queste “zone automatizzate”, salvo far sì che lo stesso “cervello” informatico di bordo riprenda il controllo nel caso in cui esso non rilevi alcun comando da parte del guidatore, per pilotare la vettura in una posizione sicura. Il Livello 5, quello verso il quale guardano alcuni dei “big player” dei settori automotive e IT – sempre più correlati fra loro, come avviene da diversi anni – è quello in cui non si prevede alcun controllo fisico da parte del conducente, il quale assume di fatto un ruolo completamente passivo: da passeggero, insomma. E qui avviene anche il “dialogo” fra come progettazione del veicolo e sistemi di bordo: se la vettura è a guida completamente autonoma, il “conducente” non esiste pressoché più, diventa un utente e, come tale, può benissimo rilassarsi durante il viaggio.
“Ride Pilot” di Volvo: come funziona
Volvo, dal canto suo, ha annunciato che a breve termine esordirà, inizialmente in California dove entro metà 2022 si prevede l’avvio di una fase di test, il modulo di controllo Ride Pilot.
Basato su oltre 20 sensori e su tecnologie di rilevamento telematico LiDAR che interagiscono con cinque radar, otto telecamere e sedici dispositivi di captazione di ultrasuoni ed in grado di ricevere aggiornamenti software OTA (Over-the-Air), Ride Pilot sarà poi disponibile, sotto forma di abbonamento, sull’imminente SUV di alta gamma ad alimentazione 100% elettrica che sarà svelato nei prossimi mesi.
L’incontro
Questa introduzione (ci si perdoni la lunghezza) serve a focalizzare i punti-chiave di una tavola rotonda, organizzata dalla stessa Volvo e che si è svolta nel pomeriggio di giovedì 13 gennaio presso il Volvo Studio di Milano. L’incontro, dal titolo “Guida autonoma: nuove regole della mobilità fra etica, diritto e sviluppo di progetto”, ha visto la partecipazione di Enrico Al Mureden (docente di Diritto Civile e Product Safety, Product Liability and Automotive all’Università di Bologna), Guido Calabresi (professore emerito della facoltà di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Yale), collegato da New York, e Michele Crisci, presidente di Volvo Car Italia.
Importanti riflessioni
Il meeting aveva l’obiettivo di sollevare una riflessione sul “come” la guida autonoma si inserirà nella vita quotidiana globale. “Quando” ciò avverrà, è difficile dirlo con esattezza: di sicuro occorrerà del tempo, forse decenni, tenuto anche conto delle sostanziali differenze socioeconomiche esistenti fra le varie regioni del mondo. Tuttavia, come si accennava qui sopra a proposito dei più recenti traguardi, le tecnologie ci sono, e la loro evoluzione avviene in maniera rapida: lo scenario di un mondo nel quale gli automobilisti saranno trasformati in semplici passeggeri appare forse meno “fantascientifico” di quanto si poteva immaginare fino a poco tempo fa.
Il contesto è fondamentale
Gli attori, dunque, ci sono: IT, sensori, LiDAR, OTA, comunicazioni fra veicoli e fra vettura ed infrastrutture esterne in riferimento ai componenti; ingegneri, tecnici e collaudatori sul versante umano. Resta da analizzare il palcoscenico su cui, prima o poi, il copione verrà recitato. Ovvero le strade e le norme. La questione dell’adeguamento legislativo delle tecnologie è antica: tant’è vero che nella stesura di qualsiasi raccolta di leggi il giurista si affida sempre ai tecnici (un esempio fra tutti: il Codice della Strada). “Attualmente, in molte situazioni quotidiane non è possibile mettere in pratica la guida autonoma – osserva Enrico Al Mureden -. È un po’ come avviene per la velocità dei veicoli: la maggior parte delle autovetture possono viaggiare a più di 130 km/h, tuttavia in Italia ciò non è permesso. In buona sostanza: ci sono le potenzialità, ma vengono limitate dalle regole”.
Sviluppo congiunto
Occorre, quindi, un approccio che tenga conto delle norme da applicare all’atto pratico, e che vada peraltro a braccetto con lo sviluppo delle strade, come spiega Al Mureden:
“I veicoli ‘self driving’ non riescono ad esprimere completamente le proprie caratteristiche se il contesto sul quale ci si muove non è adeguato: è come giocare in un campo con regole differenti da altri giocatori”.
Michele Crisci, numero uno di Volvo Car Italia, fa un’osservazione personale “da utente” che in effetti è condivisibile da chiunque:
“Accade di essere al volante della propria vettura, che rileva i limiti di velocità dal GPS tuttavia questi non concordano con i segnali. È, per dire, quanto potrebbe succedere se nel bel mezzo di un tragitto si incontra un’area di cantiere, già terminato, dove qualcuno si è dimenticato di rimuovere il cartello del limite a 30 km/h. Immaginiamo di arrivarci a 100 km/h: il sistema di bordo della vettura ‘leggerà’ 30 km/h e farà frenare il veicolo”.
Serve coraggio (e l’aiuto dei Governi)
Quanto osservato a proposito dell’adeguamento delle infrastrutture allo sviluppo tecnologico dei sistemi di controllo è un’indicazione, nemmeno troppo velata anzi diretta, rivolta agli amministratori pubblici. In poche parole: sarà necessario che anche i Governi abbiano un ruolo fondamentale in questo senso. Gli investimenti dovranno essere adeguati, anche per aiutare le persone a superare indecisioni e timori nei confronti del “nuovo che avanza”. Non è il caso di elencare tutte le volte in cui storicamente la collettività ha visto con sospetto l’arrivo di nuovi strumenti tecnologici: gli intervenuti al meeting di Volvo Italia ricordano, a titolo di esempio, l’arrivo dell’ABS (che è, peraltro, esso stesso un ADAS) che inizialmente era fonte di timore fra gli automobilisti mentre attualmente viene adottato universalmente. Ed ecco l’indicazione: fare in modo che gli esecutivi politico-amministrativi facciano la propria parte per aiutare i consumatori ad accettare e quindi adottare l’evoluzione delle tecnologie di ausili attivi alla guida via via automatizzati. È un discorso di diffusione della tecnica: più le pratiche vengono distribuite e rese usufruibili da chiunque, tanto più saranno accettate.
Il problema etico
Un’altra interessante questione sollevata durante l’incontro promosso da Volvo Italia riguarda tanto il contributo alla riduzione degli incidenti che potenzialmente sarà appannaggio della guida autonoma, quanto una questione etica. Ma andiamo con ordine. Quando i sistemi “self driving” saranno sviluppati ed applicati in più larga scala – od in parallelo a questo processo – ci si pone la domanda se effettivamente questi saranno in grado di influire positivamente su un drastico calo degli incidenti, come fa notare Guido Calabresi:
“Credo che sarà così, in quanto quasi tutti gli incidenti nascono da errori che si basano sulle capacità umane. Quindi, con il controllo autonomo del veicolo tali errori diminuiranno in maniera notevole”.
Il punto, tracciato dagli ospiti al meeting milanese, riguarda i vantaggi che deriveranno dal minimizzare gli incidenti provocati dalla distrazione del conducente. “La guida autonoma nasce per non sbagliare”, ribadisce Michele Crisci.
La questione della “scelta”
È tuttavia inevitabile soffermarsi su un problema etico, che si spera riguarderà una percentuale minima ma che però va tenuto in considerazione: la scelta. Potrà un giorno la tecnologia giungere ad un livello tale da avere un potere decisionale di natura morale in caso di incidente inevitabile? Il professor Guido Calabresi fa riferimento ad un eventuale esempio pratico: “Chi salvare, fra due bambini o una persona anziana in caso di emergenza?”. I sistemi di bordo dovranno essere programmati anche per sapere come adattarsi all’istante e quindi comportarsi di conseguenza. Ma chi deciderà quali problemi etici applicare all’intelligenza artificiale del veicolo? Sarà una scelta altamente drammatica.
La responsabilità
“Last but not least”, a chi compete la responsabilità del veicolo? Da lungo tempo, essa è in carico “Al conducente o al proprietario, ed è così da ottant’anni secondo le norme del Codice Civile – riprende Al Mureden – Di più: il legislatore si è così preoccupato della questione del risarcimento alle vittime di incidenti da avere stabilito, oltre cinquant’anni fa, l’obbligo dell’assicurazione civile obbligatoria”.
Se il pieno controllo del veicolo è a cura dei sistemi di bordo, come considerare la responsabilità nelle vetture a guida autonoma? “Ci si potrebbe focalizzare sulla ‘responsabilità del prodotto’, e dunque sul Costruttore, sarebbe una soluzione valida. Ma si potrebbero anche lasciare le cose così come sono fino adesso, proprio perché per legge il proprietario è responsabile anche in caso di difetti del veicolo”. Dal punto di vista giurisprudenziale, dunque, le attuali normative supporterebbero la futura guida autonoma? “Occorre ragionarci su, si tratterebbe di studiare un sistema che consenta al danneggiato di poter ottenere sempre un risarcimento, al di là della regola del proprietario”. Anche il Costruttore potrebbe un domani essere responsabile? La questione stuzzica Michele Crisci:
“Nel futuro, l’obiettivo potrà spostarsi dal marketing al sociale. Chi annuncia di essere in possesso di una tecnologia, poi dovrà dimostrare di averla effettivamente”.
Il riferimento, in questo senso, va proprio al progetto “Ride Pilot” di prossima sperimentazione in California: ovvero, come indicato dai tecnici di Goteborg, quando l’auto si guida da sola, la Casa si assume la responsabilità della guida, offrendo al conducente comfort e tranquillità.