Volvo S90 e V90: primo contatto su strada
Prime impressioni con le nuove ammiraglie nate dalla costola della XC/90: motori e tecnologia dedicati alla sicurezza e al comfort da grandi stradiste.
Volvo S90 – Elegante nel suo inconfondibile stile europeo di auto di classe aveva fatto subito una gran bella figura fra le novità assolute del salone di Detroit 2016. Non solo bella nel pieno senso del termine, ma ricca delle migliori dotazioni di sicurezza disponibili oggi, secondo la maniacale filosofia storica della marca che in questo ha sempre preceduto la concorrenza.
Erano i primi di gennaio e con la nuova S90 la Volvo aggiungeva un altro asso sul tappeto verde del mercato automobilistico internazionale in aperta sfida alle marche accreditate nella fascia più alta del settore, quella delle vetture Premium. Due mesi dopo eccola al salone di Ginevra per il debutto europeo, affiancata questa volta anche dalla V90 malgrado la diffusa idea che la categoria station wagon sia destinata a soccombere di fronte a quella dei Suv in costante ascesa.
V90, una station fra Suv e berlina
Sarà anche vero, ma tutto è relativo dal momento che la marca svedese si è costruita una lunga e solida fama proprio in quell’area e questa ultima interpretazione stilistica della serie “V” ha già tutta l’aria di non correre rischi.
In particolare il successo è garantito proprio sul mercato americano che ha sempre apprezzato Volvo per quel tipo di auto riconoscendo nel marchio i fondamentali valori sociali dell’auto per la famiglia e per la sicurezza. Ma, a ben guardare, la strategia della “nuova” Volvo è ben più sofisticata di così.
Alle spalle dei due nuovi modelli, c’è proprio un Suv di alta classe come l’XC/90, anch’esso in taglia USA, che in meno di un anno dal lancio è già un conclamato successo internazionale. Con il Suv, apripista della nuova impostazione, berlina e station condividono un buon 70% di progetto, tecnologia e componenti, compreso il particolare sistema di guida (semi)autonoma “Pilot Assist” sempre in funzione della sicurezza che, secondo Volvo, nel 2020 dovrebbe arrivare a “zero vittime” evitando ogni errore umano.
Alla base del nuovo corso, dunque, c’è la piattaforma modulare comune, primo frutto della cooperazione cino-svedese e una gamma di motori “Drive-E”, tutti 2 litri e 4 cilindri, anch’essa “modulare” per alimentazione, potenze e prestazioni. In alto T5 254 cv e T6 320 cv a benzina, in basso D3, D4 diesel da 150 e 190 cv che con il D5 arrivano a 235 cv. Si passa così dai 210 ai 250 Km/h combinati con cambio manuale 6 marce o automatico a 8 rapporti e con la trazione integrale, fino a formare un’offerta di versioni quasi illimitata che per l’Italia arriva a 35 diverse proposte. E dietro l’angolo c’è già la T8 integrale ibrida plug in che fra i due motori totalizza 407 cv dalla grande accelerazione (5,2” sugli 0-100), consumi ed emissioni ridottissimi.
L’obiettivo primario, però, non è tanto la “prestazione” massima quanto la possibilità di scegliere sempre a qualsiasi andatura il comfort di marcia “programmato” e garantito da un assetto su strada equilibrato e soprattutto sostanzialmente costante. Roba da Volvo nella edizione più aggiornata, insomma.
2010-2020: sotto il vestito tutto
E questo è “solo” l’inizio dell’intenso programma di sviluppo e di rilancio dell’intera gamma che nei prossimi quattro anni prevede il suo completo rinnovamento anche per i modelli di taglia minore oltre alla elettrificazione totale con una stima di un milione di vetture a minimo impatto ambientale vendute entro il 2025. Potranno sembrare obiettivi ambiziosi in tempi di grandi annunci e (a volte) di continue correzioni e cambiamenti di rotta nel mondo automotive, ma quello della Volvo si può di certo definire un “caso” molto particolare.
Sono passati solo sei anni dal 2010 quando il gruppo cinese Geely acquistò dalla Ford (1,8 MD di dollari) il brand svedese un po’ sbiadito da dieci anni di gestione inadeguata dall’incerto futuro. Eppure, già alla fine dello scorso anno Volvo ha battuto il suo record storico di vendite superando per la prima volta le 500.000 unità, oltre 17 miliardi di euro di fatturato e un utile di 700 milioni, mentre nei mesi successivi gli indici di crescita hanno mostrato una cadenza costante che nei piani di Goteborg dovrebbero portare le vendite a 800.000 unità l’anno nel 2020.
Di fatto la vera sorpresa è arrivata da una gestione cinese diametralmente opposta a quella di Ford, capace di investire senza se e senza ma 8 miliardi di euro fidando a pieno sul know how dei manager svedesi, smentendo così tanti pregiudizi e sospetti nei confronti della nuova proprietà. Tutti elementi che trovano facile riscontro proprio in questi nuovi modelli appena consegnati al giudizio della stampa, già in vendita con consegne nel primo autunno con un listino da 43.000 a 67.000 euro distribuiti su una gamma di 35 diverse possibilità di scelta.
Prezzi da area Premium, naturalmente, ispirati comunque al pieno rispetto del “value for money” e del futuro valore residuo. Non vorrei sbagliare ma comincio a pensare seriamente che il tris d’assi dell’auto Premium presto diventerà un poker.
S90, la vera eleganza nella semplicità
Ed eccoci dunque di nuovo in Spagna, Paese preferito dai costruttori per i test drive. Questa volta si viaggia sui percorsi dei ricchi vacanzieri internazionali nell’area di Malaga e Marbella e il giudizio positivo, va detto subito, è fin troppo facile e scontato anche per i critici più severi, vista le stretta parentela di S e V 90 con la XC/90.
Fa sempre piacere affrontare una prova con vetture molto piacevoli già al primo colpo d’occhio su strada dove tutto è più realistico che in mostra su uno stand. Prendiamo la berlina tre volumi seppure la coda sia più fast back (e quindi con il portellone). Vista di fronte e ancor più di fianco o di tre quarti, spiccano lo slancio e l’equilibrio delle sue proporzioni: su una lunghezza di 4,96 metri mantiene un’altezza contenuta a 1,44 metri e distribuita sulla larghezza abbondante di 2 metri.
Di qui la linea molto filante ed elegante, mentre le stesse misure non limitano per nulla l’accessibilità e l’abitabilità interna. Lo stesso vale per la station risolta brillantemente in coda con il lunotto angolato ad evitare l’immagine verticale tipico delle wagon. Analoghe come dicevo le sensazioni all’interno per “arredi”, con un tocco speciale nelle finiture in vero legno chiaro, e comfort complessivo con una nota particolare per la posizione di guida appena si è in marcia.
Prove tecniche di futuro
[rating title=”Primo contatto” value=”9″ value_title=”voto” layout=”right”]I percorsi dell’Andalusia, alternando autostrade e misti collinari ben asfaltati, sembrano disegnati su misura per far apprezzare due vere “grand routière” per dirla alla francese, come S e V 60, che promettono lunghi viaggi mai faticosi. Scelte quasi a caso fra le vetture disponibili per questo “assaggio”, la D5 AWD da 235 cv, diesel biturbo, nell’allestimento “Momentum” per la S90 e la più potente T6 AWD da 320 cv con compressore e turbo.
In entrambi i casi alle impressioni generali di una guida “Volvo Style” già citate, si è aggiunta la verifica del “Sensus” e del Pilot Assist II (evoluzione della prima edizione sull’XC/90). Nel primo caso il tablet 9” touch screen richiede uno studio approfondito. Le funzioni di “regolazioni” personalizzate ai fini della guida sono davvero tante da configurare una sorta di tailor made del comportamento stradale.
Nel secondo, la guida autonoma fino a 130 orari è un vero antidoto alla distrazione e ai relativi rischi ma, giustamente, pretende il contatto della mano sul volante e 15 secondi appena di distacco comportano l’interruzione e la scritta “guida tu”…
Come dire, ancora una volta, il futuro è già qui, ma è solo l’inizio.