2015: un anno da ricordare
Dall’Alfa Giulia al Dieselgate; dallo scorporo di Ferrari da FCA alla SUV Lamborghini, passando per la guida autonoma, ecco il decalogo dell’anno appena concluso.
a cura di Claudio Nobis e Omar Abu Eideh
Ci sono anni che quando finiscono lasciano al successivo più eredità di quante ne abbiano ricevute. Il 2015 è stato di certo uno di questi. Gran parte di ciò che si è avviato negli ultimi 12 mesi è tutt’altro che concluso. Al contrario, molto deve ancora succedere, dal futuro della Ferrari e di FCA a quello della Volkswagen e di tutta l’auto mondiale sotto lo scacco del problema emissioni. Finita la lunga pausa festiva proviamo a rileggerne dieci tappe significative dell’anno appena concluso che abbiamo scelto per voi.
La nuova Ferrari secondo Marchionne
E’ cronaca di primo piano in questi primi giorni del 2016, la quotazione a Piazza Affari del più celebre brand del mondo. Dell’auto? No, soprattutto del lusso secondo Marchionne e il mondo finanziario. Ma questo è stato solo l’ultimo atto, quasi formale, della rivoluzione epocale introdotta a Maranello nel 2015 dal Sergio nazionale (più o meno). La data da segnare sul diario è quella del 20 ottobre quando a Wall Street la campanella diede il via alla quotazione del marchio alla Borsa americana.
In quel momento si chiudeva per sempre un’epoca e una storia e se ne apriva un’altra, forse più aggiornata e adeguata ai giorni nostri. E forse la quotazione in Borsa, vagheggiata a volte anche molto prima che Marchionne venisse alla ribalta, e l’acrobatica opera di ingegneria finanziaria tipica del manager italo canadese, ha garantito alla Ferrari un futuro indipendente delle sorti per molti versi ancora incerte di FCA. In definitiva il controllo della Ferrari, seppure con una quota ridotta del capitale, rimane ora nelle mani della Exor (Agnelli-Elkan) e tanto basta. Resta semmai da sperare che in futuro, anche dopo Marchionne, i nuovi piloti sappiano tenerla in strada. Per ora c’è solo da chiedersi cosa cambia davvero a Maranello?
Certamente l’approccio al modo di fare auto e concepire il prodotto: è scontato ormai l’aumento dei numeri produttivi dalle 7.000 alle 9/10.000 unità annue e l’espansione della gamma verso il basso, col prossimo arrivo di un modello a 6 cilindri. Quindi la redditività intaccherà un po’ di quell’esclusività che, fino ad oggi, è stata fra i valori aggiunti della Ferrari. Ma se va bene per Marchionne-Elkan deve essere giusto così…
Alfa Giulia, l’auto dell’anno che non c’è (ancora)
Non sarà candidata al Premio di Auto dell’Anno 2016, ma certamente l’Alfa Romeo Giulia è stata l’auto del 2015. La più discussa, la più amata, la più desiderata: dall’inizio dello scorso anno è stato un vero e proprio count-down verso il 24 giugno, data in cui la vettura è stata svelata con un evento da grandi occasioni. Sciorinati numeri su numeri e promesse su promesse in questi anni; ma ad oggi la Giulia è in ritardo di (altri) sei mesi ed il suo debutto in concessionaria non avverrà prima della metà dell’anno in corso.
Si tratta di un prodotto fondamentale per il rilancio Alfa Romeo che avrà un ruolo chiave negli ambiziosi programmi di Marchionne per FCA. E’ quindi un prodotto a cui non sarà concesso margine di errore nonché l’ultima occasione per far risorgere dalle ceneri un marchio che ancora fa battere il cuore degli appassionati di tutto il mondo. Ma in gioco c’è , ancora una volta, anche il rilancio dell’industria italiana dell’auto.
Fiat 500X e Jeep Renegade: la sinergia funziona
Il 2015 ha segnato l’avvio del primo vero anno di produzione di Fiat 500X e Jeep Renegade, vetture che condividono lo stesso pianale. Piaccia o meno il genere degli Urban-SUV, questi due modelli di FCA sono le “auto giuste al momento giusto”. Oltre a rappresentare il primo, riuscitissimo, esempio della sinergia fra Chrysler e Fiat, stanno riscuotendo un ottimo successo commerciale: la sola Renegade ha fatto registrare oltre 23.000 immatricolazioni in Italia e sembra orientata a consolidare un successo crescente.
Una buona notizia per l’economia del nostro Paese e soprattutto per le famiglie degli operai impiegati nello stabilimento di Melfi, divenuto uno dei maggiori poli produttivi del gruppo: sono vetture che costituiscono il primo tassello per il rilancio della produzione industriale delle auto costruite in Italia.
Il SUV Lamborghini si farà a Sant’Agata
Dopo lunghe trattative fra azienda e Governo, a fine maggio scatta la luce verde per la fabbricazione a Sant’Agata del primo Sport Utility del Toro. L’Italia si aggiudica così il derby con la Slovacchia per l’assegnazione della “commessa” che dal 2018 prevede una cadenza di 3.000 unità l’anno destinate al mercato mondiale.
Un match vincente per il nostro Paese grazie al sostegno di Luca De Meo, allora membro del board Audi proprietaria della Lamborghini, e agli incentivi previsti del Governo Renzi in cambio di un investimento di circa 800 milioni di euro e l’assunzione di 500 nuovi addetti. Del resto sarebbe stato difficile per la casa di Ingolstadt spacciare per italiano un prodotto non costruito a Sant’Agata Bolognese e che peraltro verrà assemblato su una piattaforma tedesca, quella della nuova Audi Q7, spinto da un motore V8 twin-turbo prodotto in Germania.
Il triste tramonto del design italiano
Giusto sul finire dell’anno Pininfarina passa agli indiani di Mahindra. E’ l’ultimo atto di una storia esaltante lunga 85 anni ma era anche l’unica possibilità per la sopravvivenza del nome più famoso nel mondo in fatto di stile automobilistico.
Intanto Giugiaro ha già lasciato la guida di Italdesign; in pieno scandalo “dieselgate” Walter de Silva si dimette improvvisamente da responsabile del design di Volkswagen Group mentre Bertone diventa un marchio (con una collezione storica) battuto all’asta. Ralph Gilles sostituisce Lorenzo Ramacciotti come responsabile di tutto lo stile di FCA che resta all’interno del Gruppo solo come Special Advisor.
Questi in estrema sintesi gli eventi più importanti degli ultimi 12 mesi in tema di automotive design: non è stata una grande annata per lo stile italiano, sempre meno “Made in Italy” e sempre più carente di uomini e risorse. E’ forse la crescente richiesta di auto dal “design globale” che rende quello dell’italianità un non-valore aggiunto?
Gli outsider dell’anno: Mazda e Volvo
Il 2015 è stato anche l’anno di Mazda e Volvo, la prima affrancata dalla sudditanza della Ford, la seconda acquisita dai cinesi della Geely (sempre dalla Ford). I giapponesi hanno dimostrato, ancora una volta, che con le idee giuste e la perseveranza si possono produrre ottime automobili anche senza essere un mega gruppo automobilistico. In tema di design gli stilisti Mazda sono decisamente quelli più in forma fra i colleghi asiatici: la MX-5 e una concept da togliere il fiato come la RX-Vision, senza contare il crossover Koeru, sono esempi sotto gli occhi di tutti.
A Goteborg invece procedono a velocità spedita sulla loro strada, sfornando uno dopo l’altro prodotti che rispecchiano a pieno tutti i valori che hanno reso celebre il marchio scandinavo, come qualità costruttiva, tecnologia e sicurezza, concentrati sulle ultime XC90 ed S90. Soldi cinesi per idee svedesi: il risultato è un gamma in rapido rinnovamento e senza complessi di inferiorità per le tedesche; anzi…
La Ford Mustang arriva in Europa
Non diventerà certo l’auto “core” business della Ford e certamente non è destinata a fare grandi numeri sul mercato nostrano. Sta di fatto che per gli appassionati di automobilismo l’arrivo nel Vecchio Continente, a 50 anni dalla sua nascita, di un’icona come la Mustang è fra le notizie “glamour” di questo 2015. La muscle-car per antonomasia ha portato in Europa tutto il meglio della filosofia delle coupè americane: pochi fronzoli e tanta potenza ad un prezzo estremamente concorrenziale.
A ben guardare la nuova Mustang ha tutte le carte in regola per essere compatibile con i gusti e le esigenze degli europei: e quel 4 cilindri 2.3 EcoBoost sotto il cofano, accanto al 5 litri V8, ne è la dimostrazione più evidente. Alla Mustang e al suo mezzo secolo di storia Autoblog ha dedicato uno speciale magazine di 5 puntate.
Il “tormentone” della guida autonoma
L’anno appena concluso sarà ricordato nel mondo dell’auto e non solo, come l’anno della “guida autonoma”. Sia chiaro: si tratta di una tecnologia che vedremo applicata sulla produzione di massa solo fra qualche anno. Al momento solo pochissimi prototipi “guidano” realmente da soli su specifiche aree test.
Per le auto appena entrate in produzione (come la nuova Audi A4) o di imminente presentazione (Mercedes Classe E) è meglio parlare di guida “semi-autonoma”: sono vetture che possono seguire da sole una coda di veicoli alle prese con il continuo stop&go urbano, guidare in autostrada fino ad effettuare un sorpasso o parcheggiare autonomamente.
Tutte funzioni che tuttavia richiedono ancora, e per fortuna, il supporto del guidatore. Ci vorranno ancora molti anni per addestrare l’utenza e adattare legislazione e infrastrutture tecnologiche a queste nuove avanguardie; ma la strada di una profonda rivoluzione culturale dell’automobile sembra ormai tracciata.
Toyota campione di ecologia
La nuova Prius, presentata al Salone di Francoforte e la Mirai, lanciata in Giappone un anno fa e introdotta in Europa a fine estate sono probabilmente i due prodotti che esprimono al meglio il 2015 di Toyota.
Da un lato il continuo affinamento della tecnica ibrida, di cui la casa giapponese è leader incontrastata ormai da oltre 20 anni, dall’altro l’investimento sull’auto a idrogeno, altra faccia della medaglia della mobilità “green” in cui Akio Toyoda, CEO del colosso nipponico, non ha mai smesso di credere. Attualmente solo Toyota sta investendo su entrambe le tecnologie contemporaneamente ed appare, ancora una volta, come il costruttore più all’avanguardia in tema di rispetto ambientale.
Volkswagen piomba nel “Dieselgate”
Senza dubbio lo “scandalo” battezzato dalle cronache come “dieselgate” è stato il caso non solo dell’anno ma forse dell’intera storia dell’automobile. Non era mai capitato che il governo di un grande Stato facesse causa a una casa automobilistica per… truffa, e in più per motivi di salute pubblica, chiedendo un risarcimento di 48 miliardi di dollari. E’ stato un colpo durissimo per l’immagine del gruppo automobilistico più grande d’Europa e in corsa per la leadership mondiale, fino a qualche mese fa a portata di mano.
Ancora una volta, come sempre in occasione di eventi tanto traumatici, viene da dire che dopo quel 18 settembre 2015 quando fu annunciata la denuncia da parte dell’EPA, “nulla sarà come prima”. Almeno nel mondo dell’auto e della mobilità mondiale. I fatti sono ormai fin troppo noti per tornarci sopra mentre, dopo quasi quattro mesi di rivoluzioni aziendali, il nuovo capo del gruppo tedesco, Matthias Mueller si prepara a incontrare per la prima volta a Washington le autorità americane. Non prima, però, di aver affrontato coraggiosamente la platea del Salone di Detroit l’11 gennaio prossimo.
Non sarà una trattativa facile e sarà comunque molto costosa per la casa di Wolfsburg; e passerà lasciando sul campo nomi prestigiosi. Persone che forse “sapevano” o forse no, ma che stanno pagando un duro prezzo per un difetto quanto meno di sistema. L’epilogo è ancora lontano ma di certo il brutto episodio sarà almeno servito ad insegnare a tutti, manager, tecnici e politici, colpevoli e non colpevoli, che i grandi poteri comportano anche grandi responsabilità.