Ferrari 330 P4: l’auto da corsa più bella è del 1967
Le vetture racing puntano tutto sull’efficienza, ma spesso questa produce bellezza, in alcuni casi estrema, come sulla Ferrari 330 P4
La meccanica di alta classe della Ferrari 330 P4 condensa la migliore tradizione del mito di Maranello. È una vettura robusta e prestante, ma pure scultorea e bilanciata. Appartiene alla stirpe delle “rosse” più affascinanti di tutti i tempi. Una superba opera d’arte, che si esprime in una suggestiva armonia di forme. Qualcuno la considera la più bella Sport del firmamento automobilistico: impossibile dargli torto!
La linea della sua carrozzeria lascia estasiati, immersi nell’incanto delle magiche e sinuose curve che, nel loro morbido dipanarsi, inebriano i sensi degli appassionati. La 330 P4 è un’emozione, una confluenza di velocità, di tecniche, di stile e di melodie, che si fondono in un’eccitante miscela, la cui composizione sparge le rime di una poesia celestiale.
Il muso, basso e affilato, trasmette la grinta dei suoi cromosomi, mentre la coda, suadente e compatta, esprime il romanticismo della sua forza dinamica. Anche il cofano, incernierato sul tetto, estende i suoi muscoli con grazia divina. È un capolavoro assoluto, perfetto e proporzionato nei sensuali volumi, densi di un lessico di aulica specie.
Il sublime equilibrio che ne definisce l’azione consente alla Ferrari 330 P4 di aggiudicarsi il combattuto Mondiale Marche del 1967, contro le agguerrite rivali a stelle e strisce. Esteticamente simile alla P3 (dalla quale deriva), vanta un telaio irrobustito e affinato. Si tratta di una struttura in tubi di acciaio, con elementi scatolati, che ospita il leggero involucro in allumino, forgiato da Piero Drogo. Valido l’assetto, garantito dalle sospensioni a quadrilateri deformabili; ottima l’integrità strutturale, che regala una marcia solida ed energica.
Questa creatura viene prodotta in quattro esemplari, uno dei quali in configurazione spider. Pesa 792 kg e gode della spinta di un affidabile motore 12 cilindri di 4 litri, curato da Franco Rocchi, che sviluppa 450 cavalli di potenza, a 8000 giri al minuto. Tale propulsore, con funzione portante, segna l’esordio delle tre valvole per cilindro e di altri significativi affinamenti, nati dall’esperienza acquisita in Formula 1.
Grazie al know-how tecnico, l’iniezione indiretta Lucas ottiene la giusta valorizzazione. I condotti di aspirazione vengono posti al centro della V che separa le due bancate. Nuova la trasmissione, interamente costruita dalla factory emiliana. Il cambio, con frizione a dischi multipli, sfoggia ridotte dimensioni di ingombro e maggiore resistenza agli alti regimi di rotazione.
Gli interventi colgono nel segno e la Ferrari 330 P4 risulta molto più incisiva della progenitrice (che viene convertita allo stile dell’erede, con la sigla 412 P). Grazie ad essa si apre un nuovo e intenso capitolo nella lotta col gigante Ford, dopo che la brusca interruzione delle trattative per la vendita della Casa di Maranello, ormai in dirittura d’arrivo, aveva spinto il costruttore americano a lanciare il guanto di sfida, con l’evidente obiettivo di umiliare le auto italiane nel loro terreno di elezione: le corse!
L’azienda di Detroit vince nel 1966, ma è costretta ad abdicare alle “rosse” nella stagione successiva, grazie proprio alla P4, che nasce dal desiderio del Drake di rifarsi dello smacco, digerito amaramente. Il Commendatore esige il successo e convoca i suoi, per caricarli all’impresa. La chiamata alle armi funziona e i risultati non tardano ad arrivare.
Alla 24 Ore di Daytona del ’67 è tripletta: vincono Bandini e Amon, seguiti da Parkes e Scarfiotti, entrambi sulla freccia scarlatta. Le due Ferrari 330 P4 e una 412 P, giunta terza, tagliano in formazione il traguardo. La scelta dell’allineamento sulla linea finale, voluta da Franco Lini, si rivela azzeccata, colpendo l’immaginario collettivo. Le foto delle “rosse” in parata conquistano le prime pagine di tutti i giornali, entrando nell’enciclopedia storica dell’automobilismo. Viene naturale leggere nelle modalità di arrivo un’efficace risposta alla vittoriosa sfilata di 3 Ford MKII alla maratona della Sarthe dell’anno precedente. Il primo conto di Ferrari è chiuso.
Nel prosieguo di stagione la 330 P4 ottiene la doppietta anche alla 1000 km di Monza, con Bandini e Amon davanti a Parkes e Scarfiotti. Alla Targa Florio, dinanzi al suo pubblico, Vaccarella è costretto al ritiro a causa di un lieve incidente a ridosso di Collesano. Senza questo imprevisto la classifica della gara madonita sarebbe stata diversa. Il “Preside volante”, grande protagonista delle fasi iniziali della prova di casa, appare visibilmente contrariato.
Al via della successiva 24 Ore di Le Mans ci sono otto Ferrari (metà delle quali P4) contro una sfilza di Ford. È subito lotta serrata, nonostante i 3 litri di handicap pagati dalle “rosse”. L’andatura è furibonda. Vince la vettura statunitense, che sul traguardo precede i due bolidi del “cavallino rampante” condotti da Parkes-Scarfiotti e Mairesse-“Beurlys”. Per il Commendatore è una grande delusione. L’alloro iridato è comunque destinato a rimanere in Europa.
Alla 500 Miglia di Brands Hatch il ritmo brillante, tenuto nelle fasi conclusive, consente alla Sport emiliana di Chris Amon e Jackie Stewart di conseguire il secondo posto, alle spalle della enorme e folkloristica Chaparral. Molto più indietro le Porsche, che avevano vanamente sperato in una gara bagnata. Per la tredicesima volta il Trofeo Costruttori finisce nelle mani della Casa di Maranello. Il conto col gigante Ford è definitivamente chiuso!
Il merito va ad un’auto leggendaria, entrata nel cuore degli appassionati, più di qualsiasi altra creatura da corsa. Le nuove restrizioni regolamentari, che fissano per i prototipi una cilindrata massima di tre litri, impediranno la partecipazione della 330 P4 al Campionato del 1968 che, per protesta, Ferrari non disputerà.