Mini sotto inchiesta per i crash-test: facciamo chiarezza
Mini Crash Test: facciamo chiarezza su cosa è successo.
In pieno Dieselgate i media gridano nuovamente allo scandalo: Mini è indagata per il fallimento di alcuni crash test. Peccato che si tratti di una notizia dello scorso Ottobre. Di nuovo c’è che l’ente americano per la sicurezza stradale NHTSA ha aperto una nuova indagine per i presunti ritardi sulla campagna di richiamo per risolvere i problemi.
Ricapitoliamo quanto avvenuto. Lo scorso anno erano state oggetto di indagine le Mini 3 porte del 2014. Secondo l’NHTSA la protezione offerta durante gli impatti laterali non raggiungeva gli standard imposti negli Stati Uniti. Due mesi dopo BMW dichiarava che avrebbe condotto una campagna di richiamo, sostituendo alcuni pannelli della vettura. Nel frattempo, e siamo a Luglio 2015, l’NHTSA effettuava crash test sulla Mini Cooper S riscontrando lo stesso problema.
I veicoli coinvolti nel “richiamo fantasma” sarebbero alcuni esemplari di Mini tre porte, comprese Mini Cooper S e Mini John Cooper Works, dal 2014 al 2015. C’è da sottolineare che nel caso di questi giorni, l’inchiesta dell’NHTSA non riguarda la sicurezza durante i Crash Test: l’accusa è proprio sui ritardi del richiamo. Nel caso fosse dimostrata, potrebbe costare al Gruppo BMW fino a 35 milioni di dollari.
A questo punto, senza voler fare gli avvocati d’ufficio, ci sembra importante distinguere tutto ciò che riguarda il “Dieselgate” rispetto alla questione richiami negli Stati Uniti. Ed è nelle cifre delle possibili sanzioni che possiamo capire la differenza della portata delle due questioni. 35 milioni di dollari nel caso Mini, 18 miliardi di dollari nel caso VW…
Foto | Repertorio EuroNCAP