La FCA di Marchionne e l’uscita di scena di Montezemolo: in Ferrari sarà sostituito da Elkann?
FCA, il “tormentone” dell’estate 2014, o meglio dell’intero anno, continua anche se ormai l’epilogo è vicino, seppure non privo di molte incognite di “dettaglio” a cominciare dall’incerto destino della Ferrari e dall’ambizioso programma di rilancio dell’Alfa Romeo.
In un modo o nell’altro Sergio Marchionne ha vinto un altro round, l’ultimo e il più delicato, ovvero quello con gli azionisti che avevano votato contro la fusione il cui peso superava di molto il tetto massimo dei 500 milioni di rimborsi che avrebbe impedito la conclusione dell’affare FCA.
Invece il cessato allarme sul tema dei “recessi” è arrivato addirittura in anticipo e, a quanto pare, perfino con un buon margine rispetto al limite fissato. Inutile chiedersi come abbia fatto l’AD di Fiat a ribaltare i voti contrari, fra una speculazione borsistica e l’altra come quella della banca di Stato di Oslo (Norges Bank): aveva di certo valutato e previsto tutto e la fiducia ostentata negli ultimi 30 giorni era quella di un giocatore di provata scaltrezza e abilità in materia di finanza, molto più che in materia di prodotto di cui d’ora in poi dovrà occuparsi a piene mani.
La grande manovra di ingegneria finanziaria prima ancora che industriale, vale la pena ricordarlo, per il travaso di Fiat in Chrysler (o viceversa se si preferisce), era iniziata giusto otto mesi fa, il primo di gennaio con l’annuncio ufficiale della fusione, seguita tre settimane dopo dalla ratifica del CDA, quindi il 6 maggio dall’ “Investor Day” ovvero l’illustrazione del piano industriale passato nel frattempo da tre a cinque anni, e il primo di agosto dall’assemblea degli azionisti per ottenere il via libera definitivo dagli investitori e conquistarne di nuovi. Prossima tappa la quotazione in borsa a Wall Street fissata, secondo le ultime stime, per il 13 ottobre. O giù di lì perché “ci sono ancora vari aspetti tecnici da regolare prima del traguardo finale”. Giorno più giorno meno, dunque, il sogno americano di Marchionne elaborato ed accarezzato per 5 anni, come ha ricordato lui stesso, e con lui dagli eredi di Gianni Agnelli sarà una realtà concreta.
A proposito di Gianni Agnelli…
A proposito dell’Avvocato, mi torna alla mente una sua convinta affermazione pronunciata durante un incontro con i giornalisti dell’automobile oltre 25 anni fa circa il futuro americano della Fiat che ci lasciò più che increduli. Erano i tempi dell’ipotesi di “alleanza” con la Ford cui seguì anni dopo la cessione alla GM conclusa da Paolo Fresco e rientrata proprio con l’arrivo di Marchionne, senza contare un primo rapido tentativo precedente con la stessa Chrysler. Altri tempi, altri periodi di crisi, altre prospettive, ma credo che neppure Agnelli avrebbe potuto immaginare una simile “rifondazione” per un’azienda che ha vissuto un intero secolo concentrata sul territorio nazionale incurante degli sviluppi internazionali e poco incline alla competizione sui mercati esteri fino agli stadi più avanzati della “nuova” cultura della globalizzazione.
Ma c’è anche da chiedersi come avrebbe votato Gianni Agnelli a proposito della collocazione in borsa della Ferrari e della Maserati: nel grande calderone del nuovo gruppo o separate? Il suo erede designato John Elkan in “pieno accordo” con Marchionne puntano sulla prima soluzione (quindi tutti insieme), altri azionisti non sono per nulla d’accordo. Non è cosa da poco, e non solo simbolicamente, immaginare anche le perle di famiglia in salsa americana. Certo, la proprietà farebbe comunque capo a Detroit ma dubito che sul piano dell’immagine questa volta Presidente e AD raccoglierebbe grandi consensi, ammesso che se ne preoccupino.
Montezemolo fuori dal CDA, che ne sarà di Ferrari?
Intanto un primo segnale poco incoraggiante è arrivato il primo agosto con l’uscita di Luca di Montezemolo dal nuovo CDA mentre già il 6 maggio Marchionne parlò in nome di Montezemolo “assente giustificato”. Quanto a Elkan, primo rappresentante di quella famiglia che alla scomparsa di Umberto Agnelli, il 30 maggio del 2004 gli chiese soccorso affidandogli la presidenza della Fiat e l’addestramento dello stesso Elkan, non lo ha neppure nominato nel descrivere i “motivi di equilibrio” necessari per il nuovo CDA.
In compenso molti gossip in circolazione indicherebbero proprio John al posto di Montezemolo artefice dal 1991 dei successi della Ferrari in caduta libera dopo la scomparsa del fondatore Enzo. A questo punto, in attesa di novità reali, non resta che dare spazio alla fantasia più perversa: Montezemolo all’Alitalia, Ferrari americana guidata da Elkan o, perché no, da un altro americano. A questo proposito, cosa ne pensate di un “non italiano” a capo di Ferrari? L’idea è così peregrina?
Wall Street: la partita inizia adesso
Non credo che le vicende tecnico amministrative e finanziare di questa complessa vicenda abbia coinvolto questa estate più di tanto il pubblico degli appassionati dell’auto che preferiscono giustamente storie di tecnica, motori e nuovi modelli, tutte cose che tuttavia nascono dagli assetti delle aziende, dalla loro storia pregressa e dalle intuizioni strategiche di chi le governa.
Insomma, quel che è avvenuto in questo otto mesi e nei quattro anni precedenti alla Fiat di Sergio Marchionne è il frutto di un progetto senza precedenti nelle sue modalità di sviluppo spesso contrarie a ogni logica comune. Ora FCA è cosa fatta e forse potrà non piacere a tutti. Molti dei nostri lettori e non solo loro hanno già espresso pareri molto critici, ma la vera partita comincia ora e la quotazione a Wall Street segnerà il fischio di inizio. Marchionne ha detto che sulla fusione Fiat-Chrysler ha scommesso la sua intera carriera ma è solo alla metà dell’opera. Potrà incassare il premio e la gloria solo a fine 2018 se quei 7 milioni di auto nel mondo si saranno vendute davvero (molte delle quali ancora da “realizzare”) con un fatturato di oltre 130 miliardi e 5 di utili come previsto nel piano del 6 maggio.