Marchionne: procediamo con il risanamento di Alfa. Il gruppo Fiat-Chrysler avrà un nuovo nome
Le Alfa Romeo del futuro sono in progettazione già oggi in stabilimenti-fantasma. Il Biscione riceverà una connotazione premium, Fiat resterà invece nel mercato di massa (con le linee Panda e 500) e Lancia verrà confinata all’Italia.
Sergio Marchionne ha concesso una lunga intervista al direttore de La Repubblica, Ezio Mauro, nella quale ripercorre la genesi del neonato gruppo Fiat-Chrysler e rivela alcuni passaggi del futuro piano industriale. L’amministratore delegato Fiat ricorda gli albori della trattativa e sottolinea come vi fosse “un accordo tecnologico con Chrysler, un’intesa minima. Mi sono accorto che non serviva a niente” perché non produceva alcun risultato di rilievo. “E’ stato allora che l’idea ha iniziato a ronzarmi in testa. Un’idea, non un progetto. Poi è arrivato il piano. In quel momento di crisi spaventosa abbiamo visto nei rottami dell’industria automobilistica americana la possibilità di far rinasce una grande azienda in forma completamente diversa”.
Marchionne sottolinea poi come “se porti un’idea nuova, in Italia trovi subito dieci obiezioni. In America nello stesso tempo trovi dieci soluzioni a possibili problemi”. Sull’edizione odierna del quotidiano leggiamo inoltre che “la nostra fortuna è stata di poter trattare direttamente con il Tesoro, non con i creditori di Chrysler”. “La seconda fortuna è stata che il mercato è ripartito prima del previsto”, tanto da portare Jeep a vendere mai così tante macchine quante nel 2013 (730mila). “In America il mercato c’è ma è difficile, la competizione è durissima – sottolinea Marchionne –. Siamo il quarto produttore americano, perché in mezzo si è infilata Toyota. Quindi c’è ancora molta strada da fare, ma siamo in cammino”. “Meno male che l’istinto aveva visto giusto nel 2009, perché un’occasione così si presenta una sola volta nella vita: non accadrà mai più”.
“Questa operazione ha riparato Fiat ed i suoi lavoratori dalla tempesta della crisi italiana ed europea, che non è affatto finita”. Marchionne smentisce dunque chi lo accusa che le fondamenta dell’operazione siano state ‘posate’ – come domanda Mauro – a danno dell’Italia, delle sue fabbriche e dei suoi operai. Poi risponde alla critica mossa dal Financial Times, che sottolinea come le 4.4 milioni di vetture prodotte da Fiat-Chrysler siano la metà di Toyota. “Se adesso che ho Chrysler valgo mezza Toyota, quale sarebbe il mio valore senza l’America?” si domanda il manager, che ammette poi di capire il ragionamento di Moody’s – l’agenzia ha già annunciato il downgrade del titolo Fiat per i troppi debiti. “Ricordo che nel 2007 arrivammo a zero debiti, prima che scoppiasse quel bordello nei mercati – la riflessione –. Bisogna vedere con il piano di aprile dei nuovi modelli dove si posizionerà il debito. Io non sono preoccupato, proprio no”.
Marchionne smentisce poi un aumento di capitale (“Sarebbe una distruzione di valore”) ed ammette che “Fiat è quotata a Milano. Poi andremo dove ci sono i soldi. Mi spiego: dove c’è un accesso più facile ai capitali. Non c’è dubbio che il mercato più florido è quello americano, quello di New York, ma deciderà il Consiglio di amministrazione. Io sono pronto anche ad andare ad Honk Kong per finanziare lo sforzo di Fiat-Chrysler”. Come si chiamerà la società? “Avrà un nome nuovo”. Quando avverrà la fusione? “Spero subito”. La locazione della sede ha invece un valore “puramente simbolico, emotivo. La sede di Cnh si è spostata in Olanda, ma la produzione che era qui è rimasta qui”.
L’ultima parte dell’intervista è dedicata al prodotto. Fabbrica Italia? “Ecco un’altra differenza tra Italia e America. Là quando cambiano le carte si cambia gioco, qui avrei dovuto mantenere gli investimenti anche quando il mercato è sparito”. Marchionne afferma poi che “la nostra strategia è uscire dal mass market, dove i clienti sono pochi, i concorrenti sono tanti, i margini sono bassi ed il futuro è complicato”. Per andar dove? “Nella fascia premium, con concorrenza ridotta e margini più larghi. Abbiamo marchi fantastici e per definizione premium, come Alfa Romeo e Maserati. Perché non reinventarli?”.
Il manager rivela poi una curiosità. “Non sa che in capannoni-fantasma, mimetizzati in giro per l’Italia, squadre di nostri uomini stanno preparando i nuovi modelli Alfa Romeo che annunceremo ad aprile e cambieranno l’immagine del marchio, riportandolo all’eccellenza assoluta”. Per farlo prima sarebbero servite la capacità finanziaria ed un accesso graduale al mercato mondiale. “Oggi se mi presento con l’Alfa negli USA ho una rete mia di 2.300 concessionari capaci di portare quelle auto dovunque in America, rispettandone il DNA italiano”. L’ad risponde poi con un “se la possono sognare” alla domanda su una possibile vendita di Alfa Romeo ai tedeschi, rimarcando poi come il “DNA dell’Alfa Romeo dev’essere autenticamente tutto italiano. Basta anche coi motori Fiat nell’Alfa Romeo”.
“Fiat andrà nella parte del mass market, con le famiglie Panda e 500, ed uscirà dal segmento basso ed intermedio. Lancia diventerà un marchio soltanto per il mercato italiano, nella linea Ypsilon”. L’ultima parentesi è riservata alle fabbriche italiane. “Ecco il quadro. Nel polo Mirafiori-Grugliasco si faranno le Maserati, compreso un nuovo SUV e qualcos’altro che non le dico. A Melfi la 500X e la piccola Jeep, a Pomigliano la Panda e forse una seconda vettura. Rimane Cassino, che strutturalmente e per capacità produttiva è lo stabilimento più adatto al rilancio di Alfa Romeo. Mi impegno: quando il piano sarà a regime la rete industriale italiana sarà piena, naturalmente mercato permettendo”. Vi ricordiamo che l’intervista integrale è pubblicata sull’edizione odierna (10 gennaio) de La Repubblica.