Chi ha ucciso il Motor Show di Bologna?
Chi ha ucciso il Motor Show di Bologna? Le Case automobilistiche, la crisi di mercato oppure gli stessi organizzatori proprietari del Motor Show?
La notizia, come ha scritto martedì il nostro Simone Minzi, “non è arrivata del tutto inaspettata”, ma visti i commenti che ho letto sui giornali e sul web e ascoltati in TV , vorrei proporvi un’analisi un po’ più approfondita e, al tempo stesso, porvi una domanda precisa, anzi due.
1) L’Italia merita davvero di uscire dal calendario internazionale delle esposizioni automobilistiche lasciando la “parola” ai soli tedeschi e francesi accanto alla Svizzera che fa storia a parte essendo un Paese senza costruttori e senza alcun ruolo storico nel settore?
2) Qual’ora la prima risposta fosse “NO”, quali suggerimenti dareste a un eventuale nuovo organizzatore, alla Fiat e alle Case europee che dal 2002 coprono (con profitto) il 70% del mercato italiano?
Perché, a dirla tutta, i maggiori indiziati cui invierei un avviso di garanzia per “sabotaggio” e “sfruttamento gratuito di mercato” sono anzitutto proprio e solo i costruttori che decidono se e dove investire sulla fedeltà e sulla conquista del pubblico.
Giusto un mese fa abbiamo visto a Francoforte una salone più che mai faraonico con padiglioni di singole marche ognuno sufficiente da solo a fare un piccolo salone. E questo malgrado la crisi europea conclamata (-5,2% nei primi 8 mesi, peggior risultato dal 1990) e la conseguente chiusura di alcune fabbriche da parte di Ford, Opel e PSA Peugeot-Citroen per citare solo le avanguardie. La crisi “italiana” dunque sembra essere solo un alibi per giustificare una conveniente defezione e lo stop definitivo all’evento bolognese, unico sopravvissuto in Italia.
Era accaduta la stessa cosa nel 2002 con lo storico Salone di Torino, nato nel 1900 e che avrebbe dovuto aprire il 25 aprile di quell’anno la sua 69ma edizione. Ed anche in quel caso all’ultimo momento, annullando contratti già firmati (ebbi modo per motivi professionali di vederli di persona), pur subendone le logiche conseguenze giuridiche. Curiose coincidenze, sempre in nome di una finta crisi in un mercato che registrò 2.281.000 immatricolazioni.
In realtà le case estere non avevano mai sopportato un salone internazionale sotto le finestre di casa Fiat e in quel momento la casa italiana era più debole che mai facilitando il blitz di pochi “congiurati” (tedeschi e americani) che guidarono la manovra.
1976: 1.187.621 immatricolazioni. Quando nel 1976 fu lanciato il Motor Show a Bologna con la sua inedita formula di sport e spettacolo motoristico le vendite di automobili erano perfino meno di quante ne risulteranno quest’anno. Il pubblico non si fece desiderare e crebbe a dismisura negli anni successivi più di quanto non corresse il mercato. Già allora le Case automobilistiche osteggiarono l’evento malgrado i grandi campioni che ne animarono la creazione, Giacomo Agostini, Niki Lauda, Renato Molinari e Sandro Munari, nomi forse un po’ sbiaditi per i lettori di oggi ma tutti di primissimo piano. La prima versione del Motor Show fallì nel 1980.
1981: 1.808.476 immatricolazioni. Il Motor Show venne rilevato dal funambolico Alfredo Cazzola che invece riuscì, anno dopo anno, a battere tutte le resistenze grazie a un consenso di pubblico sempre in crescita. La prima svolta avvenne nel 1985 e fu proprio la Fiat, guidata allora da Vittorio Ghidella, a contraddire la sua stessa associazione di categoria (l’Anfia) presentando l’inedita Croma. Evitai, in quel caso di stretta misura una querela per aver definito su Repubblica i dirigenti dell’Anfia “conservatori e bacchettoni” o qualcosa di simile.
La storia è lunga e chi ne avesse voglia potrebbe leggerla sul bel libro di Marco Franzelli “Motor Show – 30 anni di motori a Bologna” pubblicato nel 2006 mentre il mercato registrava 2.325.000 auto.
Erano stati anni di successi e di record ancora oggi ineguagliati da qualsiasi altra manifestazione analoga. Qualcuno che ne sa poco ha scritto che il MS è sempre stato un salone di serie C, dimenticando soprattutto che il Motor Show non era un “salone” ma qualcosa di molto di più e di diverso anche se stava imboccando, questo si, un po’ troppo la via più convenzionale.
Forse Cazzola se n’era reso conto o forse, per come lo conosco, ne aveva avuto abbastanza di contrasti con i costruttori che ne ammiravano le capacità ma non sopportavano di doverlo “subire”. Sta di fatto che giusto l’anno dopo, alla vigilia dell’estate, arrivò a sorpresa generale la notizia della cessione di tutto il “baraccone” alla francese GL Events.
2007: 2.490.000 auto consegnate. Anno del record italiano di immatricolazioni cui oggi si fa costante riferimento.
Non è stato difficile per i cronisti e i commentatori di questi giorni spiegare la fine di un fenomeno espositivo con il riferimento alla crisi, cui altri hanno aggiunto la fine della passione per l’auto e quindi il disinteresse mostrato dal pubblico in questi ultimi sei anni di “crisi”.
Ed eccoci all’ultimo indiziato di reato, in questo caso di semplice “inadeguatezza” e scarsa sintonia con il nuovo “life style”. Un vero paradosso per un Motor Show che aveva precorso i tempi e liberalizzato il rapporto con il pubblico in una specie di “social show” con 37 anni di anticipo. Spiace dirlo conoscendo l’impegno e la fatica di chi ha firmato la regia del Motor Show terza serie dal 2007 ad oggi ma certo non posso confermare che il male sia venuto tutto dalla crisi.
La sequenza dei numeri del mercato lo dimostra: 2008: 2.160.000, 2009: 2.158.000, 2010: 1.960.000, 2011: 1.748.000 e solo nel 2012 il vero crollo a 1.400.000. C’era tutto il tempo per aggiornare una formula vincente per quasi 4 decenni tramandata di padre in figlio e seguita in tutta Italia attraverso la Tv che non ha mai dedicato all’auto tante ore di trasmissione come per il Motor Show.
A dicembre avrebbe compiuto 38 anni, invecchiato precocemente e progressivamente negli ultimi sei anni. Ma non certo per colpa della crisi. E ora? Difficile fare ipotesi in tempi di poche idee e molto confuse, soprattutto in un mondo come quello dell’automobile che al momento non sembra capace di riconquistare l’amore del vecchio pubblico europeo, ma solo quello degli emergenti, finché dura. Proprio come il Motor Show.