Ferrari, incidente in Cina: scatta la censura sul Web

Un misterioso incidente stradale in Cina ha fatto scattare sull’attenti le autorità nazionali che hanno addirittura imposto la censura alla parola “Ferrari” nelle ricerche internet e sui Social Network. L’evento in sé potrebbe sembrare di importanza minore, ma accende una volta di più l’attenzione sulla politica di un Paese la cui crescita economica non è seguita di pari passo da quelle della libertà e dei diritti.

Veniamo ai fatti. La stampa cinese, ripresa dai principali media del mondo, ha diffuso la notizia dello schianto fatale di una Ferrari nera in un tunnel nella periferia di Pechino. Secondo testimoni l’auto avrebbe impattato ad altissima velocità uccidendo un uomo e ferendo gravemente due donne che si trovavano a bordo con lui.

La ricostruzione del luogo dell’incidente è raccapricciante. I primi soccorritori hanno trovato la carcassa spezzata del bolide con parti ovunque, il motore in fiamme al centro della strada e le tre persone scaraventate lontane dall’auto. Questa la fredda cronaca di un impatto che potrebbe sembrare uno come tanti altri, causato dall’alta velocità e dall’euforia.

Qui iniziano però le note strane. Per prima cosa sembra che il modello in questione, forse una Ferrari 458 Italia Spider, fosse a due posti e dunque già la presenza di tre persone a bordo sarebbe un dettaglio da tenere in considerazione. Inoltre, e questo è il motivo che avrebbe fatto scattare la censura Web da parte delle autorità, l’uomo rimasto ucciso sarebbe il figlio 20enne di un alto funzionario del governo cinese.

I principali organi di stampa del Paese, l’agenzia Xinhua ed il Quotidiano del Popolo, hanno inizialmente dato la notizia senza dettagli, salvo rimuoverla dopo poche ore. Anche i Social Network come Weibo, l’equivalente cinese di Twitter, sono stati bloccati dopo che l’evento era diventato uno dei trend della giornata. Il motivo di tanta solerzia non andrebbe ricercato nell’incidente in sé, quanto piuttosto nel crescente malcontento da parte del popolo nei confronti dei rampolli della classe dirigente spesso protagonisti di situazioni al limite come questa.