Ferrari 166 MM: l’unica rossa guidata dalle donne alla 24 Ore di Le Mans
Scopri le caratteristiche della Ferrari 166 MM, che accompagnò l’unica impresa al femminile del “cavallino rampante” alla 24 Ore di Le Mans.
Nel weekend del 16 giugno andrà in scena la 24 Ore di Le Mans 2019, che rinnova l’appuntamento con la classica gara endurance francese, dove fino ad oggi solo un equipaggio femminile era sceso in pista al volante di una Ferrari, nel 1951, quando Betty Haig e Yvonne Simon tagliarono il traguardo in quindicesima posizione su una 166 MM berlinetta. Quest’anno altre tre donne si alterneranno al posto guida di una “rossa” nella maratona della Sarthe: Manuela Gostner, Rahel Frey e Michelle Gatting, chiamate a scrivere un nuovo capitolo della storia, su una 488 GTE in classe Pro-Am.
In attesa di scoprire il risultato nel quale si tradurrà il loro impegno, vogliamo cogliere l’occasione per mettere a fuoco le caratteristiche dell’auto della prima impresa, quella del 1951. Ad accompagnare le danze di Haig e Simon fu quella volta una Ferrari 166 MM, auto da competizione della casa di Maranello prodotta dal 1948 al 1953, in versione barchetta e berlinetta.
Il debutto del modello in società avvenne al Salone Internazionale dell’Auto di Torino del 15 settembre 1948, quando gli uomini del “cavallino rampante” misero in vetrina due nuove versioni del modello 166. Si trattava di vetture che, pur derivando da una base comune, si differenziano visibilmente l’una dall’altra. Entrambe nascevano dalle felice matita dei maestri della carrozzeria milanese Touring, nota anche per il suo sistema di fabbricazione denominato “Superleggera”. Vennero battezzate con le sigle: 166 S e 166 MM.
La prima, più consona all’uso stradale, si caratterizzava per la tradizionale carrozzeria tipo berlinetta 2+2, capace di garantire, grazie al passo lungo, un’abitabilità paragonabile a quella di una confortevole media. La seconda, la 166 MM, non dissimulava la sua vocazione sportiva ed era molto più accattivante e ardita. Una vettura rivoluzionaria, per i canoni dell’epoca, e lo si notava dalla distribuzione dei volumi, che seguiva sentieri diversi rispetto a quelli consolidati.
La sua carrozzeria sfoggiava una prominente nervatura lungo la fiancata, degli sbalzi ridotti e un’imponente griglia frontale che donava all’insieme quella forte personalità che solo le auto Ferrari sanno avere. Era una bella creatura, ma anche un’auto vincente e già la sigla, con quelle due “emme” accostate (che stanno per Mille Miglia), la diceva lunga sulle sue ambizioni sportive. La barchetta 166, del resto, aveva le giuste credenziali per potersi esprimere ai massimi livelli.
Con le sue caratteristiche tecniche di prim’ordine, era una vera opera d’arte, spinta da un propulsore a dodici cilindri disegnato dall’ingegner Colombo e perfezionato da Musso e Lampredi. Disposto all’avantreno, in senso longitudinale, questo motore aveva una cilindrata di 2 litri, ed era un superquadro con lubrificazione a carter umido, dotato di basamento, testa e carter in lega leggera. Le due bancate erano a V di 60° e all’alimentazione provvedevano 3 carburatori doppio corpo da 32 mm. La potenza massima toccava quota 140 cv, erogati al regime di 6600 giri al minuto. Dotata di un cambio a 5 rapporti, la vettura vantava un’invidiabile agilità, grazie al passo di appena 2.20 metri.
Il telaio era un monoblocco in tubi di acciaio a sezione ellittica, mentre le sospensioni riprendevano lo schema della 125 S, con ruote indipendenti all’avantreno e ponte rigido al retrotreno. Il peso ridotto dell’auto, pari a 650 kg, abbinato alla grande potenza espressa dal propulsore, garantivano prestazioni eccellenti, ben rappresentate da una velocità di punta superiore ai 200 Km/h. Non fu necessario attendere molto per avere conferma della bontà del progetto “166”, e già in alcune gare minori di svezzamento la “rossa” evidenziò il suo potenziale. Ma la prova più attesa fu la sedicesima edizione della Mille Miglia, che si disputò a fine aprile.
Sulla linea di partenza della gara bresciana la Ferrari si presentò con quattro 166 MM, tre delle quali ufficiali. La mitica sfida fu vinta da Clemente Biondetti che, con la sua barchetta, precedette in classifica la vettura gemella di Sonetto. Ancora più schiacciante la vittoria conseguita alla 24 Ore di Le Mans dall’importatore americano Luigi Chinetti, che condusse il bolide per quasi tutto l’arco della gara. Nel 1950 fecero il loro esordio i motori maggiorati, ma la 166 continuò a mietere successi. Al 1951 risale la consegna degli ultimi esemplari della barchetta MM (prima serie) ai piloti privati, che continuarono a dominare la loro categoria, nonostante l’impegno esclusivo degli ufficiali al volante delle vetture più grosse.