Ferrari 166 S e 166 C del 1948: automobilismo romantico
Facciamo un viaggio alla scoperta della “rossa” vittoriosa nella Targa Florio del 1948 e 1949. Così nasce il mito Ferrari.
Derivata dalla 166 Corsa, la Ferrari 166 S è una barchetta nitida e senza leziosità stilistiche. La sua linea, semplice e priva di fronzoli, vuole essere razionale, come si conviene ad una creatura nata per badare al sodo. Il cuore del problema è quello di reperire risorse da destinare all’attività sportiva, per mantenere alto il livello di competitività preteso dal Commendatore.
Ecco allora l’idea di sfruttare la produzione commerciale per alimentare il budget necessario ad affrontare gli impegni agonistici. Una scelta storica importante, che consentirà all’azienda emiliana di sopravvivere e di diventare famosa a livello mondiale, grazie ai trionfi a raffica conseguiti in diverse aree del globo.
Tale approccio filosofico diventerà metodo corrente negli anni successivi, esaltando la bontà dell’idea scaturita dal vulcanico cervello di Enzo Ferrari. Pur essendo maggiormente votata all’uso stradale, la 166 S (Sport) si dimostra efficace sui campi di gara, tracciando un solco felice ripercorso da tante splendide “rosse” nate in epoca posteriore, che contribuiranno ad accrescere il mito del “cavallino rampante”.
L’anima di questo modello è un 12 cilindri a V di due litri, capace di sviluppare la considerevole potenza di 110 cavalli a 6000 giri al minuto. Con una simile dotazione energetica si appropria di un universo prestazionale degno del marchio di cui si fregia. Grazie all’impiego della lamiera di alluminio per la carrozzeria, il peso della Ferrari 166 S si attesta sugli 800 kg, assicurando soddisfacenti livelli di brio. I freni a tamburo svolgono bene il loro lavoro, garantendo un discreto mordente.
Prodotta in due soli esemplari, questa creatura sviluppa una potenza sensibilmente inferiore alla versione Corsa, mentre il peso è più elevato di alcuni quintali. Ai nastri di partenza della Targa Florio del 1948, disputata sulle strade del Giro di Sicilia, si presenta anche una 166 S, in mezzo ad un nugolo di 166 C, costrette a fare i conti con diversi inconvenienti tecnici. La Sport, salda e resistente, conquista la vittoria con Biondetti e Troubetzkoy.
L’avventura prosegue con la partecipazione di due Ferrari 166 S alla Mille Miglia, una delle quali in allestimento coupé Allemano. Quest’ultima, disegnata da Bruno Ermete, sarà la prima granturismo chiusa della casa di Maranello. Proprio a lei toccherà il successo finale, con Biondetti davanti agli agguerriti avversari. La gara, in realtà, doveva essere vinta dal mitico Tazio Nuvolari, alla guida di uno spider 159 S (trasformato in 166 C). Ma la funambolica prova del “Mantovano Volante” venne interrotta da un banale problema di componentistica. La qualità della performance ha però concorso ad alimentare il mito del grande asso italiano. La versione Corsa della 166 si distingue per il passo corto e i parafanghi di stampo motociclistico. Il peso totale scende a 680 kg, mentre la potenza passa a 140 cavalli.