L’Audi R8 messa alla frusta da Clarkson nella seconda puntata di Top Gear
Era destino che prima o poi si incontrassero. La trasmissione più amata dagli appassionati di motori e l’Audi R8, l’audace proposta di Audi per entrare nel dorato mondo delle supercar.Jeremy Clarkson dunque ha provato in pista la coupè tedesca, che si distingue sin dal primo momento per delle qualità insolite in questo segmento, come il
Era destino che prima o poi si incontrassero. La trasmissione più amata dagli appassionati di motori e l’Audi R8, l’audace proposta di Audi per entrare nel dorato mondo delle supercar.
Jeremy Clarkson dunque ha provato in pista la coupè tedesca, che si distingue sin dal primo momento per delle qualità insolite in questo segmento, come il confort acustico e lo spazio a disposizione per gli occupanti. Non va bene invece la dotazione di serie, che a parere del nostro Jimmy dovrebbe essere ben più ricca, anche in virtù del fatto che chi compra quest’auto, con ogni probabilità non ne farà un uso pistaiolo.
La prova su strada vera e propria ha messo in luce le ottime qualità dinamiche dell’R8, possibili grazie ad una trazione integrale che si comporta come una “quasi-posteriore”, non soffrendo del benchè minimo sottosterzo e garantendo al contempo un ottima tenuta di strada. A riprova dell’eccellente comportamento su strada, basti vedere il confronto diretto con la Porsche 911 Carrera S guidata da Hammond, che sì, tiene testa alla meno blasonata cugina, ma non riesce a batterla autorevolmente. Il verdetto finale viene lasciato ad una classica drag-race, ma anche in questo caso c’è bisogno del fotofinish per assegnare la vittoria…
Volendo riassumere l’essenza di quest’auto basterebbe dire che si tratta di una supercar a tutti gli effetti: precisa, ben bilanciata ed efficace, ma che non scende a nessun compromesso in materia di confort. E, come scrive Clarkson sul blog di TopGear, non stiamo parlando di una granturismo, ma di una sportiva vera, vistosa e originale, che nonostante ciò può essere usata anche in città, per giunta senza fare acrobazie eccessive per entrare nell’abitacolo. E se si può non condividere la conclusione un pò forzata di Clarkson (“For the old guard, it’s game over”), va riconosciuta l’assoluta caratura progettuale del mezzo.