KTM X-Bow Superlight: la nostra prova in pista -seconda parte-
Beh, dopo che Lorenzo vi ha già raccontato tutto della nuova KTM X-Bow Superlight, è difficile aggiungere qualcosa sul suo conto. Anche perché pure le immagini parlano da sé. E allora lasciamoci andare a quattro chiacchiere di ordine non squisitamente tecnico, su quello che quest’auto è e vuole rappresentare.Dunque. La prima quattro ruote di Mattighofen
Beh, dopo che Lorenzo vi ha già raccontato tutto della nuova KTM X-Bow Superlight, è difficile aggiungere qualcosa sul suo conto. Anche perché pure le immagini parlano da sé. E allora lasciamoci andare a quattro chiacchiere di ordine non squisitamente tecnico, su quello che quest’auto è e vuole rappresentare.
Dunque. La prima quattro ruote di Mattighofen si è dimostrata innanzi tutto una compagna sbarazzina, veloce, reattiva, precisa ed efficace in pista. Ma soprattutto tremendamente divertente. Con un carattere tutto suo, molto peculiare. Se fosse ipoteticamente possibile guidarla bendati, si riconoscerebbe tra mille. Due parole per sintetizzarla al massimo? Una lightweight in salsa austriaca. Ci spieghiamo.
Se per certi versi la X-Bow nasce guardando ai pesi piuma d’Oltremanica come innegabile punto di riferimento, è altrettanto vero che KTM ha dato vita ad un insieme nuovo, inedito nel suo complesso. Più compassato, per così dire. Oh, capiamoci: è pur sempre un guizzo da 240 CV e 790 kg, pronto a sfuggirti di mano se la prendi con leggerezza e non la guidi con rispetto e concentrazione, in ogni momento. ABS e compagnia bella qui (fortunatamente), non sono di casa. Ma è come se a quello spirito goliardico di certe inglesi sia stata aggiunta una discreta dose di serietà teutonica.
Il maggiore responsabile di questo sapore è certamente il “drivetrain” Volkswagen. Dal 2.0 turbo che spinge alle tue spalle al cambio manuale a sei marce, il cuore di questa KTM colpisce per la sua inconfondibile natura stradale. Erogazione, comportamento della trasmissione, sound, regime massimo. Scendendo da un’auto “normale” si ritrova un senso di familiarità inaspettato.
Adattarsi a questa X-Bow, entrarci in confidenza, lasciare che lei ti comunichi il modo in cui vuole che tu gestisca quello sterzo meraviglioso, o che ti abitui a quella frenata così particolare, è roba di pochi giri. E fai presto a sentirti un bravo pilota, quando magari seduti in altri abitacoli si farebbe più fatica a tenere salde le briglie. Come avrete capito, questa peculiarità rappresenta il punto di forza dell’auto tanto quanto il propulsore per certi versi ne costituisce il tallone d’Achille.
Raggiungere la potenza massima a 5500 giri, e vedere la lucina rossa che suggerisce la cambiata ad un simile regime, per alcuni amanti di un certo tipo di auto “pure” può essere una mezza bestemmia. Forse da questo punto di vista ci voleva qualcosa di leggermente diverso (come anche a livello di cambio), magari partendo dalla stessa -ottima- base, che ha dalla sua una progressione piena, corposa, enormemente esaltata dal peso forma della KTM, sulla quale si merita a pieno titolo l’aggettivo “prorompente”.
Però lei è fatta così. Volutamente. Immaginando l’identikit del potenziale acquirente, viene in mente un appassionato (ricco sfondato ovvio, questo è un giocattolo da 96.000 euro, non un’auto da 96.000 euro, differenza sostanziale) che non ha mai avuto a che fare con ingestibili ipersportive, ma che intende provare comunque prestazioni sconvolgenti (fare 0-100 in meno di 4 secondi senza parabrezza è roba da urlare come scemi nel casco) e sensazioni da corsa pur non conoscendo i “trucchi del mestiere” di un discreto pilota. Ecco cos’ha partorito KTM. Una naked di quelle esclusive e molto, molto toste. Ma stavolta con quattro ruote.