Le antenate della nuova Alfa Romeo Giulietta – Prima parte
In attesa di nuove e più dettagliate immagini ufficiali, ripercorriamo la storia dei modelli che hanno preceduto l’Alfa Romeo Giulietta, la nuova vettura compatta che la Casa del Biscione presenterà ufficialmente a marzo 2010, in occasione del Salone di Ginevra. L’avventura di Alfa nel segmento C cominciò quasi quarant’anni fa con l’Alfasud, presentata al Salone
In attesa di nuove e più dettagliate immagini ufficiali, ripercorriamo la storia dei modelli che hanno preceduto l’Alfa Romeo Giulietta, la nuova vettura compatta che la Casa del Biscione presenterà ufficialmente a marzo 2010, in occasione del Salone di Ginevra. L’avventura di Alfa nel segmento C cominciò quasi quarant’anni fa con l’Alfasud, presentata al Salone di Torino del 1971. Si trattava di un’auto importante per la Casa di Arese sotto tutti i punti di vista. Infatti, oltre ad essere la prima vettura compatta per lo storico marchio lombardo, fu anche la prima auto ad adottare la trazione anteriore e il motore boxer nella storia di Alfa Romeo. Il progetto fu affidato all’ingegner Rudolf Hruska, mentre il design fu curato da Giorgietto Giugiaro che da poco aveva creato la Italdesign. Inoltre, l’Alfasud si rivelò importante anche a livello sociale, in quanto per l’assemblaggio della vettura fu realizzato l’impianto campano di Pomigliano d’Arco, attivo ancora oggi.
L’Alfa Romeo Alfasud debuttò sul mercato nel ’72. Il ritardo tra presentazione e commercializzazione del modello fu legato a scelte sindacali che imposero Alfa Romeo ad assumere come operai le stesse maestranze che avevano costruito lo stabilimento denominato proprio “AlfaSud”. Al momento del lancio, l’Alfasud era disponibile con carrozzeria a 4 porte lunga 389 cm, mentre la gamma delle motorizzazioni era composta dai 1.2 da 63 CV e 1.3 da 71 CV. Il primo era declinato in due allestimenti: base con cambio a 4 marce e L con cambio a 5 marce. Nel 1973 entrò in commercio la sportiva TI a due porte, equipaggiata con il propulsore 1.3 con potenza incrementata a 79 CV. Nel ’75 fu la volta della sfortunata variante Giardinetta a 3 porte, tra l’altro disponibile solo con il motore 1.3 da 71 CV. L’anno seguente la gamma dell’Alfasud si allargò ancora con la coupé denominata Sprint, uscita di scena solo nel 1988. Invece, nel ’77 la vettura subì un primo restyling. Oltre all’aggiornamento della gamma, in questa occasione si cercò di migliorare la qualità dell’Alfasud, in quanto la carrozzeria dei primi esemplari era molto sensibile alla corrosione, specie nei Paesi del Nord Europa come la Germania.
Con il restyling, la gamma della 4 porte fu declinata negli allestimenti N a 4 marce e Super a 5 marce, mentre la 2 porte TI fu equipaggiata anche con il motore 1.5 da 83 CV. In seguito nacque anche una versione più sportiva denominata TI Trofeo, mossa dal 1.3 con potenza incrementata a 125 CV. Nel 1980, l’Alfasud diventò protagonista in un episodio del film “Bianco, Rosso e Verdone” di Carlo Verdone che interpretava il personaggio Pasquale Ametrano di origini lucane. Lo stesso anno, la compatta Alfa Romeo fu sottoposta ad un secondo e massiccio restyling che dette vita alla seconda serie. Oltre all’estetica, fu rinnovata la gamma motori: il 1.2 e il 1.3 furono portati, rispettivamente a 68 e 79 CV di potenza, mentre il 1.3 e il 1.5 della TI sviluppavano 86 e 94 CV di potenza. Inoltre, nel 1981 la TI fu la prima Alfasud ad adottare il portellone, diventando così una 3 porte. L’anno seguente, invece, debuttò la 5 porte. La gamma dell’Alfasud seconda serie era composta dalla 3 porte negli allestimenti base, SC e TI, dalla 4 porte negli allestimenti base, 4m e 5m (4 marce e 5 marce, ndr), nonché dalla 5 porte negli allestimenti S ed SC. In seguito arrivarono anche gli allestimenti speciali Junior e Valentino, la Quadrifoglio Oro spinta dal motore 1.5 da 94 CV e la TI Quadrifoglio Verde equipaggiata con il propulsore 1.5 da 105 CV.
L’Alfasud uscì di scena nel 1984 dopo più di 1 milione di esemplari prodotti, giacché l’anno prima aveva debuttato la sua sostituta, l’Alfa Romeo 33 che condivideva la piattaforma della sua progenitrice, come si evince dall’identico passo di 246 cm. L’Alfa 33 era una vettura a 5 porte, lunga poco più di 4 metri, mentre il nome si ispirava all’auto da corsa Tipo 33 di fine anni ’60. Rispetto all’Alfasud, la 33 si presentava con dischi posteriori a tamburo e cambio a 5 marce per tutte le versioni. Al momento del lancio era disponibile con i motori 1.3 da 79 CV e 1.5 da 84 CV. Gli allestimenti, invece, erano due: base e Quadrifoglio Oro. Già nel 1984, la gamma dell’Alfa 33 si allargò con le versioni 4×4 e Giardinetta, quest’ultima disegnata da Pininfarina. Inoltre, al carrozziere torinese fu affidato anche l’assemblaggio delle versioni a trazione integrale inseribile, sia berlina che station wagon. In seguito, arrivarono anche i motori 1.3 S da 86 CV con carburatore a doppio corpo, 1.5 da 105 CV in allestimento TI e 1.7 da 114 CV della Quadrifoglio Verde. L’Alfa 33 fu equipaggiata anche con il motore diesel 1.8 TD a 3 cilindri da 72 CV, realizzato da VM e derivato dai quattro cilindri già installato su altri modelli Alfa Romeo. Curiosamente, la carrozzeria dell’Alfa 33 era corredata da targhette come “Boxer 4C” che riportava l’architettura dei motori o “Aria Condizionata” che identificava gli esemplari dotati di climatizzatore.
Nel 1986, la vettura fu sottoposta ad un primo restyling che interessò soprattutto gli interni. Inoltre, furono introdotti i nuovi allestimenti TI S e Quadrifoglio Verde S. Due anni più tardi, in occasione del Model Year 1988, l’Alfa 33 Giardinetta assunse la denominazione Sport Wagon. Invece, nel ’90 fu sottoposta ad un secondo e sostanziale restyling – ad opera di Pininfarina – che dette vita alla seconda serie della vettura. Incrementarono anche le dimensioni: la lunghezza passò da 402 a 408 cm, l’altezza da 134 a 135 cm e il passo da 246 a 248 cm, mentre la larghezza rimase immutata a 161 cm. La gamma era declinata in soli due allestimenti: base e il più ricco L. Sotto il cofano dell’Alfa 33 erano alloggiati il 1.3 da 90 CV, il 1.5 da 95 CV e il nuovo 1.7 IE ad iniezione elettronica da 107 CV. Confermato anche il 1.8 TD da 72 CV. In seguito, arrivò anche la nuova Quadrifoglio Verde equipaggiata con il 1.7 IE 16V plurivalvole da 133 CV. In vista dell’entrata della normativa Euro 1, anche i propulsori 1.3 e 1.5 adottarono l’inezione elettronica: nelle versioni IE erogavano, rispettivamente, 88 e 97 CV. Invece, il 1.8 TD fu reso disponibile nella versione Eco da 84 CV, mentre il 1.3 a carburatore sopravvisse nelle versioni V e VL.
Un’altra novità importante per l’Alfa 33 seconda serie fu l’adozione della trazione integrale permanente, denominata prima Permanent 4 e poi semplicemente Q4. Nel ’93, con l’obbligatorietà della marmitta catalitica, il motore 1.3 a carburatore uscì di scena, mentre il 1.7 IE fu depotenziato a 102 CV nella versione a 8 valvole e a 129 CV in quella 16V. L’Alfa Romeo 33 uscì dai listini del Biscione nel ’95, dopo 12 anni di carriera e circa 860.000 esemplari prodotti. Fu sostituita dall’accoppiata 145 e 146. Nel corso della sua esistenza, l’Alfa 33 è stata realizzata in molte versioni speciali, identificate dagli allestimenti Silver, Red, Blue Line, Italia ’90, Feeling, Hit, Imola, Imola 3, Privilege, Flag, Brio, Loden, Tender, Firma, Explora e Absolute.