Lamborghini Gallardo LP 570-4 Superleggera: la nostra prova in pista
La chiamano senza troppi giri di parole The Pacemaker. La nuova Lamborghini Gallardo LP 570-4 Superleggera è in sostanza per gli uomini di Sant’Agata colei che detta il ritmo. Definizione ambiziosa, che la nostra prova in pista ha mostrato essere anche terribilmente vicina al vero.La nuova Superleggera ti spara dritto in faccia una devastante carica
La chiamano senza troppi giri di parole The Pacemaker. La nuova Lamborghini Gallardo LP 570-4 Superleggera è in sostanza per gli uomini di Sant’Agata colei che detta il ritmo. Definizione ambiziosa, che la nostra prova in pista ha mostrato essere anche terribilmente vicina al vero.
La nuova Superleggera ti spara dritto in faccia una devastante carica esplosiva fatta di potenza, odore di motorsport, sound libidinoso e secchiate di tecnologia. Tutto al servizio del massimo piacere di guida e delle massime prestazioni. Venite a conoscerla con noi.
Lamborghini Gallardo LP 570-4 Superleggera: la nostra prova in pista
Primo sguardo, prima botta al cuore. L’impatto visivo con il “terra-terra” che presto cavalcherai è di quelli che non si scordano: la Gallardo LP 560-4 sembra in confronto una supercar da Rodeo Drive. La Superleggera ti guarda con il muso duro, incavolato nero, come il nuovo splitter e la parte inferiore delle due prese d’aria. Poi scopri tutto il resto: i leggerissimi Fuchs antracite, la banda nera lungo la parte bassa della fiancata, i retrovisori in guscio di fibra di carbonio, le novità aerodinamiche.
Già, l’aerodinamica, un aspetto cardine su questa vettura. Le minigonne, l’estrattore posteriore (da cui spuntano i quattro terminali di scarico dalla suggestiva finitura opaca) ed il grande spoiler, arrivano dritti dall’esperienza maturata con la vettura del Super Trofeo. E segnano in maniera definitiva il look sfacciatamente track-oriented della nuova Superleggera.
Inquadrata la questione, già ti aspetti quello che vedrai aprendo la portiera. E infatti: via tutto il superfluo, l’abitacolo della Superleggera è il regno dell’Alcantara e della fibra di carbonio. Ad accoglierti ci pensa un essenziale sedile a guscio che calza come un guanto. Regolazioni di serie rigorosamente manuali, ci mancherebbe, e per la verità un po’ dure da azionare per quanto riguarda lo scorrimento longitudinale della seduta.
La posizione in cui ti vieni a trovare è estremamente sportiva, ma al contempo ti senti subito a tuo agio: si sta molto, molto in basso e il cielo dell’abitacolo è lì, appena sopra la tua testa. Tutto è molto raccolto, e a contribuire alla sensazione di essere al volante di una GT da competizione ci pensano le superfici vetrate ridotte all’osso, fatto salvo ovviamente l’ampio e inclinato parabrezza: la linea di cintura è alta e ascendente, i finestrini sono poco più che affilate feritoie e dietro, l’unico modo per capirci qualcosa con gli ingombri è fare affidamento sulla telecamera (optional) affogata nello spoiler.
L’impostazione della plancia, al di là delle differenze dei materiali, ricalca molto fedelmente quella della LP 560-4, e il medesimo discorso vale per i comandi principali. Sono rimaste sia le riuscite levette della console centrale, sia i comandi del clima subito sotto. Che, detto per inciso, risultano un po’ poco “racing” nel contesto dell’abitacolo.
Anche la strumentazione è in tutto e per tutto la stessa della vettura “base”, che già di per sé è completissima: al di là dei sempre impressionanti contagiri e tachimetro, con i fondoscala rispettivamente a 10.000 giri e 350 km/h, si trovano tre piccoli quadranti circolari al centro del cruscotto, con pressione e temperatura olio e livello batteria. Non manca davvero nulla di quanto serve nell’impiego sportivo, insomma.
Pur nella loro connotazione essenziale dunque, negli interni della Superleggera nulla è lasciato al caso: il livello di finitura dei dettagli, le cuciture a contrasto, le parti in fibra di carbonio a vista e gli assemblaggi ben fatti trasmettono una sensazione di grande cura costruttiva. Pochi gli appunti: il materiale del corpo centrale del volante per esempio, potrebbe essere più gratificante.
Ora, prese le misure al nostro Pacemaker, non resistiamo più, c’è venuta la voglia matta di farlo sfogare sul serio. Location della nostra giornata con la Lambo è il Circuito Monteblanco, autodromo a metà strada tra Siviglia e l’Algarve, in piena Andalusia. Scelta tutt’altro che casuale, quella della pista: ça va sans dire, la Superleggera è dotata di un potenziale tale che solo lì la si può comprendere a fondo.
Va messo inoltre in conto che il suo assetto esasperato, il suo telaio così rigido, la sua gommatura specifica (il PZero Corsa che monta è stato realizzato appositamente per lei da Pirelli) la rendono verosimilmente molto meno confortevole su strada rispetto alla LP 560-4, che ha inevitabilmente dalla sua una connotazione meno specialistica sotto questo punto di vista.
In ogni caso, non abbiamo certo sentito la mancanza del contatto con le strade di tutti i giorni: con un “ferro” del genere per le mani non potevamo chiedere di meglio di un bel nastrone d’asfalto liscio come un tavolo da biliardo, tormentato di curve, e soprattutto sgombro di vetture più lente. Pista libera e via, noi dobbiamo solo girare la chiave.
Già con l’avviamento, la Superleggera annuncia senza girarci tanto intorno le sue intenzioni per la giornata: il vero e proprio tuono che si libera dai quattro scarichi ti solletica l’appetito come il più ricercato degli antipasti. E ti lascia intendere due cose. Primo: il meglio deve ancora venire. Secondo: il motore è il protagonista assoluto della scena, pur nell’eccellente lavoro del resto della vettura.
Il 5.2 V10 della Superleggera, non ha subito per la verità modifiche radicali rispetto alla LP 560: l’intervento dietro i 10 CV in più (qui sono 570, come sapete) è avvenuto solo a livello di gestione elettronica. Ma stiamo parlando di un’unità per cui è in ogni caso difficile trovare aggettivi: il dieci cilindri di Sant’Agata è semplicemente qualcosa di pirotecnico. Ad ogni colpo di gas lui risponde con un ruggito dal timbro perfetto, dal volume sovrumano, dal crescendo trascinante.
E il bello è che a tutto questo spettacolo sonoro corrispondono palate di prestazioni. Per la precisione: finché lo si sfrutta ai bassi e ai medi, il propulsore sa essere persino gradevole, trattabile e corposo. Poi, passati i 6000, quando ci si avvicina al regime di coppia massima (540 Nm a 6500 giri), cambia completamente passo, la lancetta del contagiri si lascia cadere a una velocità ridicola oltre le cifre “7” e “8”. E scaraventarsi addosso al limitatore, poco sotto i 9000, è un attimo. Wow. Roba che lascia con una faccia molto probabilmente inebetita per l’intensità dell’esperienza e tanta voglia del secondo giro di giostra.
Se il motore ha guadagnato solo una manciata di cavalli rispetto alla LP 560, è al capitolo peso che la Superleggera (sennò non la chiamavano così, no?) ha compiuto i passi in avanti più notevoli. Tra lei e la “standard” ci ballano ben 70 kg: 1340 la prima, 1410 la seconda.
E complice questa dieta a base di fibra di carbonio, le prestazioni si sono fatte ancor più sorprendenti: secondo la casa, la più recente delle Gallardo impiega solo 3,4 secondi per raggiungere i 100 da ferma, ben 3 decimi meno della base. Anche senza l’aiuto degli strumenti, sia l’allungo che la ripresa sono ufficialmente capaci di togliere il fiato.
Il cambio elettroattuato E-Gear, d’altro canto, non è da meno: la trasmissione, specialmente quando utilizzata in modalità Corsa (la più sportiva delle tre disponibili, le altre due sono Automatica e Sport) tira delle frustate bestiali a ogni cambiata e appare assolutamente all’altezza dell’elevatissimo livello del comparto meccanica. Veloce (120 millesimi il tempo di cambiata), rabbiosa, efficace, nitida, anche in scalata il suo funzionamento esalta: scendendo di rapporto, i giri schizzano su con una cattiveria a dir poco coinvolgente.
Purtroppo però nell’uso estremo, proprio dall’attuazione del cambio emerge un limite, che senza dubbio risulta la mancanza più evidente di questa vettura. I paddles al volante sono corti, troppo corti per poter essere sfruttati al meglio in pista: in uscita dalle curve più strette, quando si è già a gas spalancato e si avvicina il regime di cambiata, si rimpiangono delle palette più lunghe. Con qualche grado di troppo in termini di angolo di sterzo, già ci si trova in difficoltà nel raggiungerle. Una vera pecca.
Per il resto, le doti dinamiche della nuova Superleggera sono virtualmente esenti da difetti: più di tutto, l’impianto frenante carboceramico impressiona per le capacità di decelerare la vettura. Anche da velocità “vergognose” i quattro grandi dischi compiono veri e propri miracoli: chiunque abbia mai tirato qualche staccata seria in pista, capirà l’importanza di poter arrivare fin quasi dentro la curva col gas per poi tirare micidiali pestoni e vedere mirabilmente la vettura rallentare con una forza impressionante.
Il tutto per giunta, avviene trasmettendo al pilota una fiducia granitica: la vettura rimane stabile, ferma, piazzata durante questa fase. Una volta superata l’interpretazione dell’impianto a freddo (fase di breve durata, va detto), l’iniziale sensazione di vuoto sotto il piede svanisce e l’azione assume la consistenza già menzionata. Qualche -comprensibilissimo- problema lo hanno dato invece le gomme, che dopo i maltrattamenti subiti in pista, hanno iniziato a mostrare i primi segni di fatica a fine giornata.
In quest’ultima fase, durante l’azione frenante, la Superleggera ha perso un pelo della sua costante brillantezza in termini di stabilità e capacità di rallentamento. Discorso analogo per quanto riguarda l’handling: la lieve tendenza al sottosterzo in ingresso curva (evidente in condizioni ottimali solo forzando la traiettoria) e quella più percepibile al sovrasterzo di potenza, sono state amplificate dal degrado delle coperture. Dinamica comunque progressiva e comunicata con chiari segnali dalla vettura a chi è al volante.
Ovviamente, la Superleggera a gomme fresche è una vera goduria: la vettura trasmette una grande sensazione di equilibrio e controllo e doti di stabilità e agilità sorprendenti: neanche mezza indecisione sul misto stretto, neanche un filo d’inerzia nei cambi di direzione ravvicinati, per non parlare del rollio, che vista l’altezza ridottissima e l’assetto molto rigido è del tutto assente. In due parole? Un giocattolo prezioso e tremendamente divertente, di cui quando scendi ti accorgi di non averne ancora avuto abbastanza.
Ah, per la cronaca: Lambo dichiara un consumo sul ciclo misto di 13,5 l/100 km ed emissioni di 319 g/km di CO2. Non è colpa loro se questa è una bugia grande come una casa, ma della solita, famigerata direttiva comunitaria 1990/100 secondo cui si omologano questi valori nel nostro continente. Inutile dire che le supercar tutte si rivelano particolarmente “bugiarde” alla prova dei fatti: in pista si riscontrano richieste di carburante che potrebbero scandalizzare benpensanti e poco informati. Due categorie che spesso coincidono…
Ultima nota, come sempre, la riserviamo al prezzo: la Superleggera viene proposta a 175.400 euro tasse escluse, che vuol dire qualcosa più di 210.000 euro -nella versione a cambio manuale- considerata anche l’imposizione. Ora, posto che discutere di simili cifre potrebbe risultare addirittura inelegante, osserviamo comunque che sono tanti, tantissimi soldi. Anzi: una vera fortuna. Proprio come quella di chi li potrà spendere su questo sensazionale Pacemaker…