Sicurezza stradale: otto volte più pericoloso andare in bici che in macchina.
Negli ultimi decenni meno incidenti in Italia e nell’Ue: ma per i ciclisti la vita in strada continua ad essere molto pericolosa.
Un rapporto sulla sicurezza stradale condotto da Allianz, sostiene che negli ultimi decenni la circolazione in Italia e negli Stati dell’UE è diventata più sicura… per gli automobilisti: nel nostro Paese, così come in Europa e nel resto del globo, la maggior parte delle vittime di incidenti stradali con conseguenze mortali continuano ad essere pedoni e ciclisti, con una percentuale superiore al 27% nel Vecchio Continente. In poche parole, quasi un terzo degli incidenti stradali coinvolgono utenti non motorizzati.
Dalle statistiche é emerso che il rischio più sottovalutato sarebbe quello degli incidenti in bici: sono tantissimi i ciclistici privi di protezioni per la testa vittime di rovinose cadute, senza il coinvolgimento di terzi. Incroci e piste ciclabili costituiscono i maggiori pericoli per i velocipedisti. L’errore più frequente di questi è l’uso improprio delle strade (basti pensare che quasi il 40% dei sinistri che vedono coinvolti ciclisti nell’Area Ue, si verifica in prossimità di un incrocio o nel punto di immissione di una strada), come la circolazione contromano nelle vie a senso unico o sulle piste ciclabili.
La gravità degli incidenti è maggiore soprattutto al di fuori dei centri abitati. Peraltro le lesioni di un ciclista in seguito a una collisione con un’auto sono dovute molto più spesso all’impatto col suolo che all’urto con un eventuale veicolo. Le statistiche mettono in guardia anche i genitori dei piccoli ciclisti: ad esempio i bambini che usano la bici per recarsi a scuola, corrono un rischio dalle cinque alle sette volte più pericoloso dei bambini che vi si recano in scuolabus o a piedi.
Negli incidenti ciclistici gravi e mortali, le parti del corpo più spesso colpite sono la testa ed il viso. Nei Paesi Bassi, ad esempio, si è constatato che un terzo dei ciclisti gravemente feriti ha riportato lesioni alla testa e al cervello: una percentuale che, per gli incidenti contro un veicolo a motore, aumenta sino ad arrivare al 47%. Il rischio di lesione alla testa raddoppia per i giovani dai 6 ai 16 anni e può anche decuplicare per gli anziani.
Ciclismo sicuro: una questione di regole
Leggendo i dati, appare evidente come un decisivo impulso alla sicurezza dei ciclisti possa essere dato solo ed esclusivamente attraverso un intervento delle Istituzioni. Purtroppo il periodo socio-economico non sembra essere idoneo per curarsi di questione “secondarie” come queste; ammesso che il tema della sicurezza stradale possa essere considerato in tal senso.
Pochi e semplici interventi del legislatore potrebbero ridurre in maniera drastica il numero delle vittime fra i ciclisti: in primis l’adozione obbligatorio del caschetto, un mezzo economico e di facile utilizzo che, già da solo, potrebbe realmente fare la differenza in caso di impatto rovinoso con un’auto o con il manto stradale. Le statistiche riportano che chi non lo indossa corre una percentuale di probabilità doppia di riportare una lesione al cervello in caso di urto. Si potrebbe pensare anche all’adozione di caschi protettivi con criteri di omologazione più severi e quindi ancora più sicuri per chi li indossa.
Del resto un ciclista, nemmeno troppo allenato, può toccare facilmente velocità di 30/40 km/h: le stesse di uno scooter di 50 cc, per il quale è previsto l’uso di un ben più pesante e protettivo casco omologato. Una proposta choc? Prevedere una tassa unica di 10 euro su ogni casco da bici e su ogni nuova bicicletta venduta per l’istituzione di un fondo nazionale per l’implementazione dei circuiti ciclabili nelle grandi città e per il mantenimento della loro perfetta efficienza.
Sarebbe inoltre necessario, perlomeno per chi ha intenzione di usare la bici nel traffico, prevedere il conseguimento di un patentino che certifichi la conoscenza, almeno basilare, delle norme stradali: chi certifica che un ciclista abbia nozioni delle principali leggi che regolano il traffico? Che conosca come si svolta correttamente anche senza l’ausilio degli indicatori di direzione e di come sono regolamentate le precedenze stradali? Ma la risposta la sapete. Tutto ciò dando per “scontato” che le bici siano in ordine a livelli di catadiottri, fari e luci di posizione…
Sussiste poi la necessità di chiarire “diritti e doveri” del ciclista che, troppo spesso, si ritrova a godere dei privilegi del pedone e di quelli dell’automobilista senza però rispettare gli oneri né della prima né della seconda categoria: talvolta può capitare di imbattersi in ciclisti che fanno lo slalom tra i pedoni o che utilizzano gli attraversamenti pedonali in maniera impropria e senza tutte le cautele del caso, con le conseguenze immaginabili.
Inutile sottolineare come tutto ciò non possa prescindere dal controllo delle forze dell’ordine locali, le stesse che dovrebbero monitorare il corretto uso delle piste ciclabili ed il loro stato di manutenzione. Lungi dal voler fare polemica con chi si muove in bici: ben vengano piste ciclabili ed il trasporto ad emissioni zero; purché esso sia effettuato nei limiti della sicurezza propria e, soprattutto, di quella altrui. E voi cosa ne pensate da automobilisti ed, eventualmente, da ciclisti?