Film Rush e tutto quello che c’è da sapere sul mondiale F1 del 1976
Rush racconta la sfida tra Hunt e Lauda. Noi ricordiamo con voi cosa accadde nel mondiale F1 del 1976.
Alla fine è successo! Così dopo 36 anni diventa realtà il film che racconta in pellicola quel fantastico mondiale di F1 conteso tra l’estro di Hunt e la tecnica di Lauda. Molti se lo aspettavano da tempo, qualcuno lo scrisse proprio alla fine del mondiale, certo non sappiamo se Ron Howard abbia letto l’editoriale profetico del giornalista inglese Jeef Hutchinson il quale al termine del mondiale del 1976 in apertura dell’annuario di Autosprint archiviava con questo pensiero la mitica annata di F1, appena conclusa:
“Che anno incredibile è stato questo per le corse di GP! Mai, nella storia dello sport, vi sono stati tanti colpi di scena in una così breve stagione. Un copione già confezionato per il cinema, dato gratuitamente, ma che vale milioni di dollari per ogni casa cinematografica hollywoodiana; suspence, eroi e anti – eroi e un finish che ci ha tenuto con il fiato sospeso fino all’ultimo giro delle 16 corse nei cinque continenti”.
Il cerchio si è chiuso: quanto pronosticato da Hutchinson si è realizzato e quella stagione è finalmente arrivata sul grande schermo con “Rush”, ultima fatica del regista premio Oscar statunitense Ron Howard (attore ed ex Ricky Cunningham di Happy Days). Il film arriverà sul grande schermo in Italia a partire da domani 19 settembre, ma già sono stati scritti fiumi di parole, recensioni, commenti su una delle pellicole più attese dell’anno.
Così dopo l’anticipazione fornita dai nostri cugini di cineblog anche Autoblog vi offre una interpretazione in chiave storica di questo film, cercando però di raccontarvi tutto quello che ancora non è stato detto nel film, al fianco di molti retroscena di quell’annata non raccontati nel film. Perché a noi più e dei suoi effetti speciali, delle ricostruzioni al computer, e delle inquadrature hollywoodiane piace ricordare le storie degli uomini che vi presero parte, dei motori, dei piloti e delle battaglie avvenute in pista e al muretto dei box tra quei magici interpreti che furono Lauda e Hunt in quell’anno forse mai più eguagliato per suspence, spettacolarità, complessità della trama, colpi di scena, carisma dei personaggi e per quel mix di coraggio e paura, genio e sregolatezza, incertezza e velocità tra la Ferrari e la McLaren dei due contendenti.
Se Lauda ha visto il film con interesse ma senza tradire una certa partecipazione, a Hunt (morto nel 1993 a 46 anni a seguito di un infarto, probabilmente favorito dall’abuso che faceva di fumo ed alcolici) questa pellicola sarebbe piaciuta parecchio; si tratta di un film che lo ritrae come una stella incontrastata, con quel suo alone da rockstar moderna. Hunt “the Shunt” (lo schianto) è passato alla storia per il suo aspetto prorompente da “attore mancato”, per i suoi fragorosi incidenti in auto, per il suo modo di vivere costantemente al massimo e spesso al di sopra delle righe. Rush riesce così facilmente nel tentativo di spettacolarizzare vicende che, già in origine si dimostravano eccezionali, spesso al di sopra della fantasia, come pagine scritte da un brillante sceneggiatore.
1 agosto 1976 – 19 settembre 2013. E’ un flash back o flash forward, chiamatelo un po’ come volete; ma che siate appassionati di Formula1 o meno, ciò che successe nel ’76 sta per entrare a far parte della vostra cultura personale. In un epoca in cui i deja vù, i sequel o i prequel sono all’ordine del giorno, ecco spuntare al cinema un prodotto nuovo, ben fatto e da tempo ormai dimenticato: LA PROSA. L’attesa è arrivata agli sgoccioli: bisogna aspettare solo pochi giorni per l’uscita al cinema di Rush, il film evento del regista premio oscar Ron Howard, che è andato a scovare nel garage dei ricordi della Formula1, tirando fuori “dai cilindri” (all’epoca erano 12) la storia di tutte le storie: il mondiale di F.1 1976, una stagione che raccontò più di uno sport, più di una corsa, più di una competizione tra macchine o una sfida tra piloti; il mondiale che raccontò gli uomini.
Tanti gli attori ma soltanto un protagonista: Niki Lauda, un pilota austriaco perlopiù sconosciuto, chiamato alla Ferrari per una intuizione del Commendatore, che in quegli anni volle scommettere su pilota ed ingegnere emergenti. Ecco, il connubio Forghieri – Lauda porterà ad un’epoca di vittorie in grado di risollevare le sorti e dare lustro alla Scuderia italiana, che dal 1975 al 1983 conquisterà mondiali e splendide vittorie. Anni di velocità e “folli” sperimentazioni, con turbo, minigonne, effetto suolo e ventilatori che rivoluzionavano la tecnica delle auto da corsa; uno sfondo su cui Lauda e Hunt scrivevano una delle più imprevedibili pagine della storia dello sport. È il 1976, Lauda è Campione del mondo in carica con la Ferrari ed è il classico scolaretto secchione lanciato a folle velocità verso il secondo iride.
La svolta: l’incidente di Lauda e il viaggio all’inferno
Hunt è un giovane tanto bello quanto scapestrato; un po’ per merito e un po’ per caso, si ritrova su una macchina veloce ed affidabile e, in una mattina di mezza estate, capisce che ha davanti agli occhi la possibilità di una vita. Da bozzolo sciupafemmine tutto sesso e Rock and Roll, potrebbe diventare farfalla Campione del mondo di F1. L’occasione gli viene data dall’incidente di Lauda, un terribile schianto sul terrapieno a fianco della pista del vecchio Nurburgring (il mitico Nordschleife all’epoca era un tracciato di 22 chilometri e 800 metri, oggi non più usato dalle F1). Il gran premio di Germania 1976 parte con meteo incerto ma, prudentemente, quasi tutti i piloti scelgono gomme da bagnato. Con un circuito cosi lungo basta il primo giro per avere un quadro chiaro delle condizioni della pista: al termine della prima tornata quindi molti si fermano ai box per montare pneumatici slick.
Al secondo giro c’è una grande girandola di posizioni ed un traffico in pista a dir poco caotico: Lauda all’uscita della curva a sinistra Bergwerk ( il punto più lontano del circuito dai box) perde il controllo della sua Ferrari e sbatte contro il terrapieno. La sua 312T2 si sgretola e manda a fuoco i sogni di gloria dell’austriaco e la sua auto, completamente avvolta dalle fiamme; solo il pronto intervento di alcuni piloti e soprattutto del nostro “Crazy” Arturo Merzario salvano la pelle a Lauda. Le voci si rincorrono: il pilota Ferrari è immediatamente dato per spacciato, poi no, poi ancora si, forse può tornare o forse no. Niki viene immeditamente soccorso presso l’ospedale militare di Coblenza e da lì inizia un walzer tra ospedali più o meno efficienti, fino allo Städliche Krankenanstaltendi Mannheim, dove riceve l’estrema unzione e lotta tra la vita e la morte nei giorni seguenti. Lauda si riprende, si ritira in clinica e come al solito si applica per tornare a fare l’unica cosa che gli riesce bene: correre. A Maranello intanto regna il caos: “abbiamo la miglior macchina e dobbiamo trovare qualcuno per guidarla”, esclama Enzo Ferrari nel suo studio. Subito partono le consultazioni ed i contatti vengono presi con numerosi piloti: la scelta cade su Emerson Fittipaldi, il vecchio leone ancora in grado di ruggire. L’accordo sembra fatto, ma Lauda dal suo letto ruggisce ancora più forte e mentre compie miglioramenti miracolosi fa sapere che lui Fittipaldi non lo vuole. Niki mette il veto, o meglio si intromette in un accordo pericolosissimo per lui: Niki sa che Fittipaldi potrebbe andare forte e rubargli la scena, quindi tramite una fitta trama politica riesce a far saltare l’accordo col brasiliano ed alla fine sulla 312T2 sale Reutman che, dopo la sola gara di Monza in rosso, non troverà più un volante per il resto della stagione.
Il ritorno al mondiale: per lottare ancora
Niki salta 2 gran premi poi, dopo 42 giorni dal terribile impatto, torna a Monza per contendere l’iride a quel James Hunt che stava completando la metamorfosi. Un po’ da gregario, un po’ da operaio Hunt affila le sue armi migliori e si prepara a combattere la battaglia più dura della sua vita per quello che, più che un rivale, è ormai un incubo tornato dall’inferno per rovinargli i sogni di gloria. Hunt non ha le innate doti del fuoriclasse di Lauda, ma nella sua carriera sportiva ha imparato a soffrire. Nei primi 9 gran premio dell’anno Lauda ha vinto 5 volte, Hunt 2. Mancano 7 gare, Hunt vince in Germania, nella successiva in Austria arriva quinto, poi di nuovo davanti a tutti in Olanda. Si arriva in Italia per il gran premio di Monza, è il 12 settembre e Lauda, ancora bendato ed incerottato, si presenta come una mummia nel paddock del Parco Reale di Monza.
Hunt è leader della classifica, ma la scena è di nuovo per l’uomo metà macchina e metà mummia. “IL COMPUTER” veniva soprannominato l’austriaco, ma ora Hunt capisce che il suo avversario è molto di più: quasi un DIAVOLO. Hunt però questa volta ci crede, quel mondiale deve essere suo perché lui ha imparato a soffrire ed ormai vuole il titolo più di ogni altra cosa. Guida una buona macchina, ma non la migliore, la stessa che infatti, proprio a Monza, lo manda in testacoda; “spun-off” riportano le cronache dell’epoca. James è in gabbia, Lauda è tornato, la sua McLaren rompe una sospensione al dodicesimo giro mentre Niki festeggia il ritorno alle corse con un quarto posto. Ma la lunga trasferta tra Canada, Usa e Brasile, restituisce un James rinnovato che centra due vittorie in terra americana con Lauda ottavo e terzo.
L’epilogo in Giappone e il mondiale di Hunt
Il mondiale è ormai un affare tra loro due, Hunt e Lauda, e si deciderà tutto all’ultimo gran premio di Giappone, sul circuito del Fuji Speedway. Tutti pronti per il gran finale? Allora via! No, un attimo, io non sarei d’accordo. È Giove pluvio a mischiare ancora le carte: un acquazzone terribile mette tutto in discussione. Lauda è ancora leader del mondiale e, dopo essere uscito indenne dal fuoco, non vuole tentare un doppio salto mortale nella vasca dei pescecani. Per il ferrarista non si deve correre perché non ci sono le condizioni di sicurezza: l’austriaco viene ascoltato, ma non da tutti perché i piloti duri e puri degli anni 70 sono lì per correre. La domenica viene giù un acquazzone da tregenda, le nuvole basse impediscono una adeguata visibilità e la commissione piloti (ne fanno parte tra gli altri sia Hunt che Lauda) dice che non si può correre.
Ma Bernie Ecclestone ha degli accordi da rispettare e, con qualche pressione sui piloti giusti, il fronte si spacca con da una parte Lauda e pochi altri, dall’altra gli uomini sprezzanti del pericolo, della paura, ed a volte anche del buon senso: quelli che non devono chiedere mai nulla a nessuno. Tra loro c’è anche il nostro Brambilla, abile interprete dell’asfalto bagnato che si infila tuta e casco e corre a bordo del suo gommone. Brambilla si ritira per noie elettriche mentre la corsa la vince Andretti, con Hunt terzo: un piazzamento che consente all’inglese di aggiudicarsi il mondiale per un solo punto su Lauda, il quale sospira e sorseggia un drink nella sala d’aspetto dell’aeroporto internazionale che lo riporterà a casa.
Con questo episodio Hunt sigla un record anomalo: è infatti riuscito ad essere in testa alla classifica mondiale solamente una volta, ma è proprio quella della sua vittoria del mondiale; un record eguagliato nel 2010 da Sebastian Vettel. James rimarrà in McLaren per altri due anni, conquistando tre vittorie (Gran Bretagna, Stati Uniti Est e Giappone), tutte nel 1977. Nel 1979 passerà alla March per 800 milioni di lire ma la sua WR7 è scarsamente competitiva e difficile nella messa a punto; per questo Hunt si ritirerà in anticipo già a metà anno al termine del GP di Monaco, tra polemiche e qualche frecciatina al mondo della F1.
Lauda, Fuji e il coraggio della paura
Lauda ha avuto paura, o meglio ha avuto il coraggio di avere paura , perchè Niki dopo aver percorso 2 soli giri si ritira. Ma può un pilota avere paura? Si, come tutti i piloti, Lauda valuta il rischio e cerca di avvicinarlo, mai di sorpassarlo. Quel giorno Andreas Nikolaus “Niki” Lauda ha usato il cervello, come sempre, ed ha capito che il monte Fuji non gli aveva riservato un solenne benvenuto: gli aveva, invece, strappato il mondiale, quello più difficile, più voluto e più sudato, tutto a scapito del Lauda pilota, ma forse a beneficio del Lauda uomo, che in quel preciso momento entrò di diritto nella storia dei più grandi sportivi di sempre.
La cronaca racconta che al termine del secondo giro, una volta rientrato ai box, Lauda annuncia il suo ritiro dalla corsa perché è impossibile andare avanti. “Possiamo dichiarare che hai avuto problemi elettrici” gli suggerisce Forghieri “no, niente scuse” risponde Lauda “mi ritiro perché con queste condizioni ho paura di correre”. Lauda sapeva di dover affrontare le sue paure e per tutto il week end tentò di evitare il gran premio: rimase per gran parte del suo tempo parcheggiato nella sua Rolls Royce dove ricevette i colleghi e tentò di convincerli a non disputare la gara. Ma non riuscì nel suo scopo, anche se forse aveva ragione a non voler gareggiare: lo spettacolo di quell’ultimo gran premio fu molto magro, con solo 11 vetture all’arrivo su 25 partenti, neanche metà schieramento. Ma la politica di Lauda non riuscì a convincere tutti e l’austriaco, appena ritirato, fu costretto a lasciare l’autodromo direzione aeroporto a bordo della sua Rolls, mentre gli altri correvano. Anche lui correva: via dal Fuji e dalle sue paure. La leggenda narra che Lauda rimase per tutto il tragitto collegato alla radio per avere notizie del gran premio ed, al momento di conoscere il verdetto, la Rolls imboccò una lunga galleria così che l’attesa e la suspance toccò limiti da arresto cardiaco.
Il Film: Un realismo pazzesco premiato anche da Lauda
La nostra storia d’altri tempi quindi finisce qui, con Hunt che vince il mondiale per un punto mentre Lauda diventerà uno dei più grandi campioni della Formula1, quasi un semi-dio capace di vincere 3 mondiali in una carriera longeva che ha abbracciato un decennio intenso e che lo ha visto primeggiare con auto aspirate e turbo, con una aerodinamica primordiale fino alle wing-car. Un pilota perfezionista ed un uomo capace del coraggio di avere paura. Ecco tutto questo verrà raccontato, molto meglio di così, nel film Rush, un colossal da 38 milioni di dollari in cui un regista appassionato di auto e storia ha tentato di compiere un’opera omnia, narrando la storia umana nella storia sportiva.
Macchine, piloti, attori, circuiti sono tutti ricostruiti con assoluta fedeltà: gran parte delle scene sono state girate con auto vere, ossia le auto di quegli anni, che Howard ha portato fuori dai musei di tutto il mondo. Hunt è interpretato da Chris Hemsworth mentre Lauda da Daniel Bruhl. Il nostro Pierfrancesco Favino interpreta il compianto Clay Regazzoni, mentre nella pellicola appaiono il vero Jochen Mass, che quel giorno era veramente al Fuji ed ora interpreta se stesso come compagno di squadra di Hunt a bordo della sua auto di tanto tempo fa. In Rush compare poi anche il vero Niki, che mette a nudo quali furono i suoi pensieri o sentimenti su Hunt; ma non vogliamo dirvi né dove né come per non rovinarvi la sorpresa, perché fino al 19 settembre desideriamo che anche voi coviate l’attesa per un film che porta alla ribalta l’età in cui la Formula1 è stata la bella copia di se stessa, di quello show algido e lontano dai cuori che la domenica pomeriggio tenta in tutti i modi di conciliarci il Randez Vouz con Morfeo.
Ma il plauso più bello verso la regia parte proprio da Lauda, presente alla prima del film che è rimasto piacevolmente impressionato proprio dal realismo e dalla fedeltà di immagini, storie e situazioni con le quali il film ha rappresentato la storia. Lauda è stato presente in molte scene ma resisteva sempre poco sul set e andava via subito. Per contro parlando di come è cambiata la Formula 1 negli anni un esempio è proprio in Nurburgring, si correva sul vecchio, pericolosissimo e da ben 22,8 km, oggi è molto più corto e più sicuro. Oggi si rischia pochissimo e si guadagna di più, “se corressi oggi sarei più ricco e avrei ancora il mio orecchio“. Ma forse quella oggi Lauda faticherebbe a rivivere le stesse emozioni e assaporare la stessa magia tipica di quegli anni. “Oggi ci si può toccare, fare a ruotate e spesso non succede nulla, ai nostri tempi invece vivevi con la costante idea di farti male o lasciarci le penne…“.
Meno entusiasta del film è invece Bernie Ecclestone che dal film non ricava un solo dollaro, perchè le immagini e la proprietà intellettuale del mondiale del 1976 non è coperto dai suoi diritti.
I trailer e la critica
Tra i numerosi Trailer già apparsi del film, sul secondo appare in anteprima un brano musicale (”Formula 1″) della colonna sonora del film, che il regista Ron Howard ha affidato al compositore premio Oscar Hans Zimmer (i due hanno già collaborato per i thriller Il Codice da Vinci e Angeli e demoni). Quello in risalto il lato “biografico” dell’operazione, versante in cui Howard dovrebbe dare il meglio visti i precedenti con script tratti da eventi reali, vedi “Apollo 13”, il notevole “A Beautiful Mind” senza dimenticare “Cinderella Man”. Anche in quest’ultimo caso Howard si è cimentato con un biopic a sfondo sportivo.
Le immagini ci confermano l’ottimo appeal iniziale, l’impatto visivo “epicheggiante” per quanto riguarda le sfide su pista, senza contare la colonna sonora di Hans Zimmer (autore delle colonne sonore di “Il gladiatore”, della trilogia di Batman di Nolan e di Inception, solo per citarne alcuni), partitura che promette di regalare al film un surplus di coinvolgenti sfumature sonore. Rush debutterà in sala il 19 settembre.
Tornando invece al primo trailer questo mostra un certo equilibrio tra narrazione biografica e performance sportive in cui, mai termine fu più azzeccato, si preme l’acceleratore sul lato spettacolare e action dell’operazione, in uno sport, quello delle corse automobilistiche su pista che, a parte Le 24 Ore di Le Mans con Steve McQueen e il documentario Senna, non vanta titoli particolarmente memorabili. Citiamo qualche esempio con Giorni di tuono con Tom Cruise, Driven con Sylvester Stallone e il francese Adrenalina blu – La leggenda di Michel Vaillant, quest’ultimo tratto da un fumetto.
Ambientato sullo sfondo dell’epoca d’oro, sexy e glamour della Formula 1, Rush ritrae l’entusiasmante storia vera di due dei più grandi rivali che il mondo abbia mai visto: il bel playboy inglese James Hunt e il suo metodico e brillante avversario, Niki Lauda. Prendendo spunto dalla loro vita personale sia in pista che fuori, RUSH segue i due piloti mentre si spingono sino al punto di rottura della resistenza fisica e psicologica, in cui non vi è alcuna scorciatoia per la vittoria e nessun margine di errore.
Guardando le scene, le riprese e le storie traspare un forte senso di fedeltà con i fatti e le immagini originarie.
Infatti molte monoposto sono state ricostruite fedelmente, spesso sono state utilizzate quelle dei collezionisti (guidandole e finendo a volte in testacoda altre fuori pista…). Il risultato è che molte riprese di gara sono state perfettamente ricreate sul set in modo impeccabile, rendendole difficili da distinguere da quelle originali. Anche Ron Howard ha guidato alcune delle auto d’epoca durante le riprese, finendo anche lui più di una volta in testa coda.
Ciò che è stato esaltato e caricato dal regista sono i dialoghi tra Hunt e Lauda il tutto per drammatizzare e sottolineare la loro rivalità. In effetti il personaggio di Lauda è molto fedele all’originale (più nei modi che nell’estetia), tanto che Daniel Bruhl che lo interpretava ha studiato a fondo il personaggio fino a telefonare a Lauda al sorgere di ogni minimo dubbio (tipo: “Niki indossavi prima il casco e poi i guanti o vicevera?”). Meno fedele invece l’interpretazione di Hunt, soprattutto per il suo fare sopra le righe e spesso poco “politically correct”, un Hunt forse troppo ingentilito rispetto alla sua coriacea e affascinante schiettezza da playboy, da ragazzo difficile e oltre gli schemi sempre diretto e solitamente irriverente.
La carriera di Niki Lauda e di James Hunt
JAMES HUNT
James Simon Wallis Hunt, soprannominato Hunt “The Shunt” lo schianto, nasce a Londra il 29 agosto del 1947. Debutta nel ’69 con la Formula 3, si guadagna il titolo di pilota inglese più promettente, vince diverse gare e passa alla Formula 2, supportato da Lord Hesketh, che decide poi nel 1973 che era l’ora di sbarcare in Formula 1. Debutta a Montecarlo con una Mark III e lo stesso anno fece una breve apparizione alla 9 Ore di Kyalami, guidando in coppia con Derek Bell e giungendo secondo. Vinse anche il Trofeo Campbell, assegnato dalla RAC, come miglior pilota britannico dell’anno. In pochi anni riesce a vincere 10 Gran Premi e laurearsi Campione del Mondo nel ’76 proprio contro Niki Lauda. Subito dopo il titolo la sua carriera agonistica si ridimensiona e ben presto nel ’79 decide di ritirarsi dalla lotta, nello stesso autodromo da cui era cominciato il Gran Premio di Monaco. Il passo successivo fu quello della telecronaca in cui non si risparmiava al microfono lanciando vigorosi attacchi a ex colleghi e lunghe polemiche. E’ morto in casa a Londra a soli 45 anni, una morte prematura giunta nel 1993 per infarto.
James Hunt e la Formula 1
Stagioni 1973-1979
Scuderie March, Hesketh, McLaren, Wolf
Mondiali vinti 1 (1976)
GP disputati 93 (92 partenze)
GP vinti 10
Podi 23
Pole position 14
Giri veloci 8
NIKI LAUDA
Andreas Nikolaus Lauda, meglio noto come Niki Lauda, nasce il 22 febbraio del 1949 a Vienna, in Austria. A diciotto anni è già in gara su una Mini Cooper S, mentre l’esordio in Formula Tre arriva nel 1970. Un anno di Formula Due e poi l’esordio tra il 1971 e il 1972, in Formula Uno.
L’occasione della vita arriva nel 1974 quando Enzo Ferrari lo vuole nella scuderia del Cavallino. Da qui la svolta. 9 pole con la Ferrari due vittorie e un quarto posto nel Mondiale. Ma è solo l’inizio. Nel 1975, a bordo della leggendaria Ferrari 312 T, Niki Lauda vince il suo primo titolo mondiale.
Il ’76, l’anno in cui è ambientato Rush, invece è l’anno del suo schianto, un anno in cui tutto doveva essere più facile, ma così non è stato. Il primo agosto del 1976 al circuito del Nurburgring, Niki Lauda perde il controllo alla curva Bergwerck e sbatte durante, durante il secondo giro.
La sua Ferrari prende fuoco, Niki viene salvato per miracolo, ha grandi ustioni e importanti complicazioni respiratorie, ma non molla. Quaranta giorni dopo è di nuovo in pista, a Monza, con soli due gran premi saltati e a fine gara è quarto. A fine campionato, in Giappone al Fuji, Lauda è davanti ad Hunt per soli di tre punti. Ma piove troppo e i demoni dell’Inferno Verde, il Nurburgring, lo spingono a rinunciare alla gara.
Hunt vince il campionato grazie ad un terzo posto. Ma Lauda e la Ferrari l’anno dopo sono ancora lì e, nel 1977, vince il suo secondo titolo Mondiale. A Maranello però i rapporti non sono più quelli degli inizi, in breve tempo, arriva la separazione. Nel 1978 Lauda passa alla Brabham-Alfa ma non riesce ad imporsi al volante della Brabham e a soli 30 anni, matura la sua decisione di ritirarsi.
A fine ’81, però torna al volante della la McLaren-Fordcon con cui chiude al quinto posto. Nel 1984, arriva il turbo, Lauda e Alain Prost, dominano tutta la stagione. Per mezzo punto Niki Lauda è campione del Mondo per la terza volta. Il 1985 è il canto del cigno per Lauda. Vince Prost e dopo l’ultimo acuto di Lauda in Olanda, arriva la sua definitiva decisione di abbandonare le corse.
Niki Lauda e la Formula 1
Stagioni ’71-79 e ’82-’85
Scuderie March, BRM, Ferrari, Brabham, McLaren
Mondiali vinti 3 (1975, 1977, 1984)
GP disputati 170
GP vinti 25
Podi 54
Pole position 24
Giri veloci 24
Testi e archivio storico: Arnaldo Baroni
Contributi di: Lorenzo Baroni e Claudio Galiena
Hanno collaborato: Omar Abu Eideh e Mirco Magni