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Mini Cooper SD: primo contatto

La notizia è che hanno messo un duemila nel cofano di una Mini. Mai nella sua storia la piccola inglese aveva ricevuto in dote un motore così grande. Ora invece, in piena epoca di downsizing, arriva ad arricchire l’offerta di casa l’esagerata gamma Cooper SD. Gli ingegneri del Gruppo BMW hanno preso il loro 2.0


La notizia è che hanno messo un duemila nel cofano di una Mini. Mai nella sua storia la piccola inglese aveva ricevuto in dote un motore così grande. Ora invece, in piena epoca di downsizing, arriva ad arricchire l’offerta di casa l’esagerata gamma Cooper SD. Gli ingegneri del Gruppo BMW hanno preso il loro 2.0 turbodiesel nel powerstep da 143 CV e 305 Nm e l’hanno regalato a tutti i modelli Mini: hatch, Cabrio, Clubman, Countryman. Il risultato? Venite a scoprirlo con noi nella seconda parte dell’articolo.

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Estetica e interni

Le nuove Mini Cooper SD si riconoscono alla prima occhiata. La loro caratterizzazione estetica è la stessa delle sorelle a benzina, le Cooper S: il paraurti anteriore con la generosa presa d’aria, il cofano motore, il doppio terminale di scarico centrale, lo spoiler sul tetto sono comuni a benzina e diesel. Poche, pochissime le differenze, di fatto riassumibili nel solo logo sul portellone posteriore. Lo stesso discorso vale a maggior ragione per l’inconfondibile abitacolo, dove l’impostazione è assolutamente identica a quella delle Cooper S, a parità di carrozzeria.

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Telaio

Anche lo scheletro delle Cooper SD è lo stesso delle Cooper S con il 1.6 turbo a benzina. Il che vuol dire soprattutto assetto irrigidito e studiato per garantire il massimo piacere di guida, partendo naturalmente dall’architettura con McPherson davanti e multilink dietro. Una ricerca evidente in maniera particolare su hatch e Cabrio, come vedremo più avanti.

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Le sole differenze riguardano le tarature di molle e ammortizzatori anteriori, per forza di cose specifiche della diesel, che ha un motore più pesante a gravare sull’avantreno. Si tratta comunque di dettagli, anche perché il 2.0 fa segnare solo qualche chilo in più sulla bilancia rispetto al 1.6 della Cooper D. Sulle Cooper SD infine, è disponibile il tasto Sport, che migliora le performance dinamiche intervenendo su sospensioni, sterzo e acceleratore, e il controllo di stabilità è completamente disinseribile.

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Motore e cambio

Senza dubbio il propulsore è il piatto forte delle Cooper SD. Il quattro cilindri turbodiesel eroga 143 CV ca 4000 giri e 305 Nm tra i 1750 e i 2700. Le caratteristiche costruttive fondamentali del nuovo diesel sono identiche a quelle dei 1.6 litri che equipaggiano One D e Cooper D. Il basamento in alluminio contribuisce al contenimento del peso, mentre il turbo a geometria variabile sul lato aspirazione assicura un’erogazione di potenza ideale a tutti i regimi.

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Il motore della MINI Cooper SD è dotato di un sistema di sovralimentazione specifico, il cui funzionamento viene regolato elettronicamente. Il sistema d’iniezione diretta common-rail è di prima generazione e adotta iniettori con elettrovalvole dotati di attuatore idraulico e può lavorare fino ad una pressione massima di 1600 bar. Le Cooper SD sono inoltre equipaggiate di serie del sistema Minimalism.

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Grazie al Brake Energy Regeneration, alla funzione di start&stop e all’indicatore del punto ottimale di cambiata, i consumi e le emissioni risultano particolarmente ridotti. Altra soluzione “intelligente” è l’installazione del filtro antiparticolato vicino al motore, posizionamento che assicura un funzionamento più efficace grazie alle più elevate temperature che si raggiungono nello stesso DPF in questo modo.

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La rigenerazione del filtro antiparticolato avviene senza richiedere l’iniezione di carburante supplementare. Come tutti gli attuali modelli Mini, anche le nuove varianti diesel rispettano la norma antinquinamento Euro 5. La Cooper SD però, per forza di cose, non è tutta ecologia e contenimento dei consumi. Il motore si distingue dagli altri diesel per una sonorità particolarmente rabbiosa, segnale chiaro delle sue prestazioni sportive.

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Sulla berlina, lo 0-100 viene coperto in 8,1 secondi e la velocità di punta è di 215 km/h, il tutto a fronte di una richiesta di carburante sul ciclo combinato pari a 4,3 litri per 100 chilometri ed emissioni di CO2 per 114 g/km. La Clubman fa leggermente peggio, con uno 0-100 da 8,6 s, velocità massima di 215 km/h, consumo medio di 4,4 l/100 km ed emissioni 115 gkm di CO2.

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Con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 8,7 secondi e una velocità massima di 210 km/h, anche la Cabrio offre performance più che adeguate all’impostazione della vettura, a fronte di un consumo di 4,5 l/100 km e un valore di emissioni di CO2 pari a 118 g/km. Sulla Countryman infine, il 2.0 turbodiesel è disponibile sia con la trazione anteriore che con l’integrale All4.

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L’accelerazione da 0 a 100 richiede 9,3 s per la prima e 9,4 per la seconda. La velocità massima è rispettivamente di 198 e 195 km/h. Quanto ai consumi la Cooper SD Countryman con trazione anteriore fa registrare 4,6 l/100 km, mentre la variante a trazione integrale si attesta a 4,9. I valori di CO2 infine, sono di rispettivamente 122 e 130 g/km.

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I modelli alimentati dal nuovo diesel sono equipaggiati di serie con un cambio manuale a sei rapporti, ma già al momento di lancio è offerto come optional un cambio automatico a sei rapporti, che con l’occasione verrà proposto -sempre a richiesta- anche sulle Cooper D.

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Su strada

Nell’ambito della neonata gamma Cooper SD abbiamo avuto modo di provare la Cabrio e la Countryman. Due proposte naturalmente diversissime per il loro comportamento dinamico, con la prima che assomiglia parecchio alla berlina per il suo carattere senza compromessi, e la seconda che ha invece un’approccio decisamente più “adulto”. Partiamo dalla scoperta.

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COOPER SD CABRIO

Alla prima buca capisci, anzi, ti ricordi, per meglio dire, cosa vuol dire “assetto rigido”. No, decisamente, la Mini, soprattutto in queste versioni più sportive, è tutto fuorché un’auto confortevole. Ogni buca, ogni sconnessione, ogni giuntura dell’asfalto viene trasmessa all’abitacolo e rimane impressa nella memoria. Chi sceglie una Mini conosce i suoi limiti, ma ugualmente sa che verrà ripagato con altre doti da prima della classe, sul piano della dinamica di guida.

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La vera novità del modello, come si diceva poc’anzi, è costituita dal motore. E il suo tratto più caratteristico è la rabbia, evidente soprattutto sulla Cabrio. Il due litri da 143 CV ti accoglie sin dall’accensione con il rombo tipico dei diesel e i decibel crescono al crescere del regime. Tanto che, considerato anche il timbro della sua voce, a certe andature il sound diventa poco gradevole. Inutile sottolinearlo: se vi piace anche la melodia, rinunciate a un po’ di coppia e andate dritti sulla Cooper S.

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A proposito di coppia, va detto d’altro canto che mai c’era capitato prima d’ora di incontrare una Mini con caratteristiche d’erogazione simili. Assolutamente sorprendente la furia con cui la vettura esce dalle curve. Basta tenere il motore sopra i 1300 giri e il gioco è fatto: a ogni tocco del gas, a ogni regime, ad andatura da statale, corrisponde un balzo in avanti dagli effetti esilaranti. Un attimo, e sei nella coda dell’auto che pochi secondi prima era lontana ancora decine di metri.

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Il merito, naturalmente, è anche del cambio automatico a sei marce montato sull’esemplare che abbiamo provato. La trasmissione non fa che esaltare l’elasticità e il tono muscolare del 2.0 turbodiesel. Anche se bisogna riconoscere che la modalità di selezione manuale non è al top, vuoi per la logica degli innesti dei paddles (spingendo in avanti si scala, tirando si sale), vuoi per una certa eccessiva invadenza del software di gestione. Nulla da obiettare invece sulla rapidità degli innesti stessi.

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Pieno, regolare, dotato di un allungo notevole per essere un diesel, il quattro cilindri a gasolio rende insomma la Mini Cabrio un giocattolo scattante, elastico e sempre pronto ad assecondare il pilota più vivace ed esigente. E quello sterzo impareggiabile che ormai da dieci anni è un vanto della Mini, è lì a fargli da degno compare quando ti si chiude la vena nel misto.

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Pesante il giusto, trasmette un feeling sconosciuto alla stragrande maggioranza delle auto moderne e soprattutto è pronto, prontissimo ad assecondare ogni comando. Ce l’ha scritto nel DNA, e lo capisci alle prime curve. Il tempo di buttare un occhio alla piega, dare il giusto angolo volante e bam, il muso in un attimo è già lì dentro la curva, a tratteggiare esattamente la traiettoria che avevi in testa. Che goduria.

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COOPER SD COUNTRYMAN

Il discorso è inevitabilmente diverso per la Countryman, che abbiamo provato con cambio manuale sei marce e trazione anteriore. Come dicevamo prima, il SUV della Mini non ha le contraddizioni della berlina o della Cabrio, non impone sacrifici particolari ai suoi occupanti, non ha un telaio morbido come una piattaforma da tuffi. E per questi suoi pregi è anche un po’ meno “speciale” delle sorelline.

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Oddio, è pur vero che dopo un viaggio lungo con la Countryman scendi che sei ancora fresco come una rosa, ma è indubbio il fatto che il crossover è il prodotto più maturo e razionale della gamma. L’assetto della vettura ingoia bene le asperità, anche con la gommatura esagerata del nostro esemplare, e l’insonorizzazione non lascia troppo spazio alle critiche.

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Più “macchina” e meno “kart”, la Cooper SD Countryman ha un portamento fluido e regolare, ma intendiamoci, non è che vada piano: con tutta quella cavalleria (e quella coppia) nel cofano, i chili di troppo sembrano svanire, e le performance basta chiederle col piede destro, che subito vengono fuori. Chiaramente, quando scendi dalla Cabrio e sali su un oggetto che sulla bilancia parte svantaggiato di qualche quintale, non ti puoi aspettare la stessa agilità da gatto, o lo stesso sterzo a comando telepatico.

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Però rimane il fatto che su strada, la Countryman rimane uno dei piccoli SUV più belli da guidare in assoluto. Nemmeno lei, tuttavia, è esente da critiche. L’esemplare che abbiamo provato era dotato del cambio manuale sei marce di serie, che presenta qualche limite sul piano della manovrabilità nell’utilizzo impegnato. La frizione è encomiabile per la sua leggerezza, ma la leva non riesce a trasmettere il feeling migliore nelle cambiate rapide.

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Una certa stanchezza l’hanno dimostrata anche i freni alla fine della giornata. Scendere a slavina dalla Raticosa, con un peso in ordine di marcia stimabile in quasi 1600 kg non è stato piacevolissimo per l’impianto. Il mordente è venuto un po’ meno nei primi centimetri di azionamento del pedale, ma va detto per dovere di cronaca che mai la sua efficacia è calata in maniera preoccupante: affaticamento assolutamente fisiologico.

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Quello che più ci ha stupito della Countryman è stata la sua incrollabile tenuta di strada. Baricentro alto, assetto di compromesso tra esigenze di handling e comfort, trazione sulle sole ruote anteriori, tanta coppia e fondo bagnato. Gli elementi per rovinarsi la giornata c’erano proprio tutti. Eppure lei, grazie alla gommatura generosa e all’eccellente lavoro svolto dalle sue sospensioni, in grado di far lavorare in maniera omogenea il battistrada, non ha fatto una piega, nemmeno quando è stata volutamente provocata.

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Sottosterzo nemmeno a parlarne, di torque steering neanche l’ombra, rollio ben frenato, aderenza a prova di bomba. Cosa volete di più? Semplice. Un telaio che si comporti così anche a elettronica staccata. Beh, con qualche timore reverenziale, viste le condizioni, l’abbiamo spenta. E lui è rimasto così com’era quando portava le briglie: genuino, sincero, rassicurante.

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Prezzi

I prezzi della neonata gamma Cooper SD partono dai 25.600 euro richiesti per la berlina. La Clubman viene proposta a 27.650 euro, la Countryman a trazione anteriore a 28.500 euro, la Cabrio a 29.900 euro. Per la Countryman con la trazione integrale All4 infine, vengono richiesti 30.050 euro.

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Pregi e difetti

Piace

-Prestazioni
-Sterzo
-Tenuta di strada

Non piace

-Cambio manuale poco manovrabile
-Sound (Cabrio)

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