Lista: i 5 cappottamenti più spettacolari della F1 (Senza conseguenze)
L’ultimo gran premio del Bahrain ha regalato tante emozioni, compreso l’incidente con cappottamento che ha coinvolto Gutierrez e Maldonado. Nel corso degli anni, la Formula 1 ha vissuto numerosi incidenti del genere. Ecco una lista dei 5 cappottamenti più spettacolari senza conseguenze
La Formula 1, si sa, è ricerca tecnologica, adrenalina, sorpassi, emozioni, duelli, ma anche incidenti. Lo sviluppo nell’ambito della sicurezza, a partire dalle battaglie portate avanti da sir Jackie Stewart, ha fatto grandi passi da gigante nel corso degli anni, con grandi svolte, in tempi moderni, sopratutto dopo la terribile stagione 1994 che, oltre a mandare all’ospedale Karl Wendlinger, Andrea Montermini, Rubens Barrichello e Mika Hakkinen, privò il mondo del povero Roland Ratzenberger con la Simtek, e fece salire prematuramente nell’olimpo delle leggende Ayrton Senna.
Da quel momento, la massima Formula fece passi da gigante, e molti incidenti spettacolari, che un tempo sarebbero stati mortali, si sono conclusi solo con un grande spavento senza conseguenze. Merito di vetture sempre più competitive, ma al contempo, ancora più sicure. L’incidente occorso al portacolori Sauber Esteban Gutierrez durante l’ultimo gran premio del Bahrain, con tanto di backflip, di cappottamento, ha riportato in auge un tema tanto spettacolare quanto pericoloso. Fortunatamente, il giovane messicano, è uscito incolume da questo incidente. Ed allora, ecco una lista dei cinque cappottamenti più spettacolari degli ultimi anni, risoltisi fortunatamente senza conseguenze per i protagonisti.
Michael Schumacher a Melbourne nel 2001
Corre l’anno 2001, e Michael Schumacher ha riportato l’alloro iridato a Maranello dopo un digiuno che perdurava dal 1979 con Jody Scheckter.
L’evoluzione delle vetture aveva portato a dei musetti molto più bassi per convogliare l’aria, tanto che la Ferrari F2001 fu soprannominata ‘tapiro’. A Melbourne si apre il calendario mondiale con il primo Gran Premio della stagione. Durante le prove libere, il muretto box segnala al tedesco la presenza di bandiere gialle alla curva cinque.
Un errore, visto che la segnalazione di pericolo si trovava alla curva sei. Così, dopo aver rallentato, la Ferrari numero 1 riprese velocità, ma arrivato nei pressi della ‘caution’, il Kaiser frenò eccessivamente non attendendosi la segnalazione di pericolo (oramai passato). Schumacher perse il controlle della sua Ferrari, andando ad impattare con il cordolo alto che divenne un perno, facendo cappottare più volte la F2001. Fortunatamente il pilota uscì illeso e concluse il fine settimana con una vittoria.
Albers e Ide a Imola 2006
Yuji Ide ha concluso nella sua carriera solamente un Gran Premio. Più precisamente il GP d’Australia del 2006, concluso al 13esimo ed ultimo posto. Ma questo giapponese è rimasto impresso nella memoria degli appassionati, per la sua singolare vicenda. I fatti: nell’anno 2006, Honda decide di creare un suo ‘Junior Team’ per portare nella massima Formula dei piloti giapponesi da poter crescere.
Un progetto nato molto velocemente, con a capo Aguri Suzuki, il cui team prendeva proprio il nome del proprietario. All’esordio i piloti titolari erano Takuma Sato e proprio Yuji Ide. Se da un lato Sato aveva oramai sviluppato una certa esperienza, con anche un podio a Indianapolis, Ide – classe ’75, fece il suo esordio in F1 a 31 anni e con pochissimi chilometri di test sulle spalle. Dopo i due ritiri in Bahrain e Malesia, in molti nutrivano dubbi sulla sua effettiva capacità di adattamento ad una vettura di Formula 1.
La riprova giunse velocemente: a Imola, il nipponico non riusci a completare nemmeno mezzo giro quando, alla variante Villeneuve, speronò il povero Christian Albers facendo cappottare la sua Midland sulla sabbia. Albers se la cavò con qualche contusione ed una grande arrabbiatura. Il povero Ide invece, fu prima vittima di una reprimenda da parte dei commissari FIA, ed in seguito, proprio la stessa federazione internazionale, revocò la Superlicenza al povero pilota che tornò a correre in patria.
Ayrton Senna in Messico nel ’91
L’anno è il 1991 e ci troviamo in Messico, sul circuito Hermanos Rodrigues sito nella capitale. Un circuito altamente veloce, con medie orarie molto sostenute. La stagione vede la crescente supremazia delle due Williams motorizzate Renault con Riccardo Patrese e Nigel Mansell alla guida. Ayrton Senna però si trova in testa al campionato del mondo con la sua McLaren Honda.
Per cercare di contrastare la potenza della squadra diretta da sir Frank però, il brasiliano è costretto a dare il tutto per tutto in ogni sessione. Durante le prove libere del venerdi però, ‘Magic’ arriva in prossimità della curva Peraltada, ed in percorrenza perde l’anteriore della vettura andando in testacoda. Le vie di fuga erano però di sabbia per rallentare le auto, ma al contempo molto corte. La McLaren impattò di colpo, cappottando più volte, sulle barriere di gomma, capovogendosi. Il brasiliano uscì però incolume da quell’incidente, aiutato dai commissari di gara.
Christian Fittipaldi a Monza nel ’93
Corre l’anno 1993 e la lotta per il campionato del mondo è tra la Mclaren di Ayrton Senna e la Williams di Alain Prost. La superiorità del propulsore Renault è evidente nei confronti del Ford ‘clienti’ della squadra di Ron Dennis, ma comunque il campionato, grazie anche alla guida del brasiliano, risulta ancora aperto. Si arriva a Monza, dove però, sia il francese che lo stesso Senna non marcano punti, il primo tradito dal motore, il secondo perchè vittima di un incidente.
Protagonista della giornata però, è la gloriosa e storica scuderia Minardi. La piccola squadra di Faenza schiera il veterano Pierluigi Martini e Christian Fittipaldi, nipote del ben più blasonato Emerson. In anni in cui l’affidabilità non aveva raggiunto i livelli odierni, tagliare il traguardo risultava essere un vuon risultato per la compagine di patron Giancarlo. Peccato che, proprio sotto la bandiera a scacchi, la Minardi di Fittipaldi centra la vettura gemella di Martini.
Ruota anteriore sinistra contro posteriore destra ed il backflip è servito. Martini riesce a controllare la propria auto, mentre il brasiliano è protagonista di un cappottamento. Miracolosamente la Minardi ricadrà sulle ruote anteriori dopo un giro completo su se stessa, concludendo la corsa sotto la bandiera a scacchi per inerzia, con la vettura profondamente danneggiata.
Mark Webber a Valencia nel 2010
Al primo posto di questa classifica non poteva che ritrovarsi Mark Webber. L’australiano, non nuovo a piroette in aria (famoso fu il suo decollo alla 24 ore di Le Mans), arriva a Valencia da protagonista della stagione 2010. Contro ogni pronostico infatti, il veterano di casa Red Bull è in piena lotta per il titolo iridato insieme ad Alonso, Vettel, Hamilton e Button.
Merito di una vettura, la RB-6, estremamente performante. Al via del gran premio di Valencia però, l’australiano ha un contatto ed è costretto ad una sosta imprevista ai box. Rientrato nelle ultimissime posizioni, Webber inizia una furibonda rimonta. Il 2010 è l’anno dell’introduzione dell’F-Duct, quel sistema che con il movimento di una gamba o di una mano, permetteva di chiudere un buco nell’abitacolo per far convogliare l’aria su di un canale, far stallare l’ala posteriore, e aumentare la velocità massima.
Giunto sul rettilineo principale opposto ai box, Webber si trova davanti la allora Lotus (oggi Catheram) di Heikki Kovalainen, che procede ad una velocità decisamente inferiore. I due non si intendono, così la Red Bull di Webber tampona la Lotus del finlandese. Il contatto tra le due ruote fa da catapulta, e l’australiano si ritrova letteralmente sottosopra. Il fondo della RB-6 va ad impattare in volo con un cartellone pubblicitario. La vettura ricade sull’air-scope per poi ritornare in posizione, concludendo la carambola ad alta velocità contro le gomme di protezione. Grande spavento per Webber che uscirà un pò frastornato, ma perfettamente integro