FCA, Fiat-Chrysler 2018: sarà vera gloria?
Tutto quello che avremmo voluto sapere e che a Detroit non ci hanno detto. Il punto della situazione ad una settimana dall'”Investor Day”
E’ stata una settimana molto particolare per il mondo dell’auto, unica e senza precedenti nel suo genere. Attesa da quattro mesi ormai, da quando il primo gennaio fu dato l’annuncio della nascita di FCA con la fusione di Fiat-Chrysler. Per 126 giorni, fino al fatidico 6 Maggio, anticipazioni e illazioni, ansia e curiosità, scetticismo e trionfalismi, si sono alternati nelle cronache di tutto il mondo secondo gli interessi in gioco. Poi, martedi, la grande kermesse di Auburn Hills quartier generale del gruppo, l’Investor day.
Protagonista assoluto Sergio Marchionne, il manager oggi più ammirato e criticato al tempo stesso. Audace, spregiudicato in materia economico finanziaria in cui è espertissimo, egocentrico, tiranno e un po’ sadico nei confronti dei suoi collaboratori che la sera non sanno mai se l’indomani saranno ancora al loro posto. E allergico ai media quanto insofferente alle critiche alle quali risponde spesso con provocazioni. Ma è anche l’uomo dei “miracoli” fin qui conclamati, il salvataggio di due aziende fallite fino a farne una sola da piazzare in pole position nella competizione globale dell’automobile. Una sfida ciclopica condizionata da infinite variabili, anzitutto economiche, programmata nell’arco di cinque anni: troppi per azzardare qualsiasi pronostico. Il 6 maggio è stato dunque il momento della “verità”. Tuttavia non così chiara come la platea mondiale aspettava o avrebbe voluto.
Ed è a questo punto che la domanda viene spontanea: FCA 2018, sarà vera gloria? Siamo usciti così, in pratica con lo stesso interrogativo della vigilia, da quella lunga giornata di martedi che in Europa si è protratta fino a notte fonda quando era già quasi l’alba del giorno successivo. Prima non sapevamo cosa, quanto, come e dove l’unione di Fiat e Chrysler, nuovo gruppo globale dell’auto, avrebbe potuto portare. Oggi abbiamo la certezza di cosa e quanto si vuole (o si vorrebbe) fare, dai 7 milioni di vetture anno nel 2018 alla riscossa dell’Alfa Romeo, ma abbiamo anche la certezza che al momento le risorse necessarie non ci sono e dovranno essere trovate “fuori casa”. Tutto è possibile, naturalmente, e sul tappeto rimane una mozione di fiducia sulla base di quanto è stato fatto in modo sorprendente dal 2009 ad oggi. Sarà sufficiente? Troppo facile e lesivo rispondere di no, ma è anche difficile scegliere la via dell’ottimismo convinto. Quel che è avvenuto fino ad oggi era considerato del tutto improbabile e lascia spazio alla prudenza di giudizio.
Le aspettative erano forse diverse da come si è poi svolta la giornata, attese costruite negli ultimi tre mesi dallo stesso Marchionne con i continui rinvii al 6 maggio a fronte di ogni tentativo di chiarimento anticipato. Di qui, alla fine, quel senso di contagiosa perplessità pur dopo tante parole, cifre roboanti, previsioni e annunci più che ambiziosi spesso basati più sugli auspici e le speranze che non su fatti concreti. Così, svelato finalmente il “piano industriale” che Sergio Marchionne ha dedicato a chi vorrà scommettere con il proprio denaro sulla sua concreta realizzazione, ora non resta che tornare all’attesa delle prossime mosse. E, soprattutto, alla speranza che almeno una buona parte del programma che alcuni hanno definito “il libro dei sogni” possa diventare realtà.
Notizie contrastanti, pubblico frastornato.
A tre giorni dal fantasmagorico “Investor day” di FCA il polverone che ne è derivato non si è ancora dissipato. Autoblog ha dato una puntuale cronaca minuto per minuto lungo le 13 ore complessive della maratona di interventi, slides e grafici che i registi della comunicazione non hanno rischiato di affidare al web come avevo anticipato martedi mattina. Un indice anche quello di quanto la comunicazione dovesse essere mirata al mondo della finanza e degli affari più che al pubblico. Non è dunque il caso di tornare sui particolari già ampiamente noti. Ma proprio a proposito del pubblico, e quindi dei lettori, ora che tutto è stato scritto e riferito nei minimi dettagli, mi chiedo cosa sia “passato” alla gente, attraverso il filtro dei titoli e delle interpretazioni fornite dai media di cui riporto per buona memoria qualche esempio.
“Fiat, obiettivo 7 milioni di auto – Nel piano Fiat Chrysler 5 miliardi per il rilancio Alfa – Marchionne inizia un libro nuovo” si leggeva il 7 mattina sul “Sole 24 ore” mentre dal canto suo il “Corriere della sera” annunciava: “Fiat Chrysler insieme per la svolta – Su marchi e nuovi modelli 55 miliardi – Il piano Marchionne: in 5 anni 7 milioni di auto e liberi dal debito”. Ancora più decisa e trionfale, sempre lo stesso giorno, “La Repubblica” con il suo: “Marchionne mette sul tavolo 50 miliardi di investimenti – Impianti italiani al 100%- L’ad presenta negli Usa il piano industriale fino al 2018”.
Balla qualche miliardo in più o in meno, ma fa lo stesso, è il progetto quello che conta, esposto con molto credito iniziale. Finalmente buone notizie dopo il timore del tradimento e della fuga all’estero della Fiat, avranno pensato in molti. In particolare quel “rientreranno tutti gli operai” deve aver rincuorato più d’uno. Forse.
Solo 24 ore dopo, però, giovedi mattina, sulle stesse pagine dei giornali arriva la doccia fredda e questa volta “La Repubblica” riferisce: “Piano Fiat bocciato – titolo giù dell’11% – Debito troppo alto” e prosegue “Marchionne non spiega come tagliare un fardello di 10 miliardi e rinvia quasi tutti gli obiettivi alla fine del quinquennio”. Vero, naturalmente, ma l’ammontare del debito era già noto mentre si erano aggiunti la stessa sera di martedi i risultati della trimestrale, positivi ma non come avrebbero dovuto essere. Cosa dovrebbe pensare allora il frastornato lettore?
Cosa è successo in Borsa? Dove sono Lancia ed il Duetto?
Marchionne ha fatto spallucce alla Borsa perché ne conosce bene le reazioni. Parlate con qualsiasi operatore e vi ricorderà che la Borsa è sinonimo di speculazione e chi investe cerca il profitto quando è disponibile. Il titolo Fiat aveva guadagnato molto fin qui e tutti sanno che in simili circostanze è meglio garantirsi il guadagno capitalizzato per ricomprare poi a prezzi più bassi: lo fareste o lo avete fatto anche voi.
Per questo la “bocciatura” di oggi non è reale e soprattutto non è un giudizio che verrà in seguito proprio alla luce di come i grandi investitori vorranno puntare sulla sfida di Marchionne. Le vere ombre, semmai, riguardano l’Alfa Romeo, l’Europa e l’Italia. Nel primo caso, quello che aveva creato le maggiori aspettative e su cui poggia una buona quota del progetto, si concentrano i maggiori interrogativi tanto che lo stesso Marchionne ha confessato che avrebbe preferito vendere che rilanciarla. A parte i 5 miliardi di investimento, forse neppure abbastanza per una radicale rinascita del marchio, realizzare in cinque anni 8 modelli per una produzione annua di 400.000 unità sono al momento i dati meno credibili (mentre è scomparsa dal programma anche la mitica Duetto). Così come è comprensibile l’egoistico dubbio degli americani sulla validità degli investimenti europei e ancor più su quelli italiani.
Tra le grandi delusioni del pubblico ho poi registrato il totale silenzio sul tema Lancia. Che è poi la più eloquente delle risposte: per quanto sia rimasto giustamente nel cuore di molti italiani, da anni ormai tutte le analisi di marketing hanno confermato la totale inesistenza di valore commerciale del brand che oggi può contare solo su un modello di piccola taglia e valido solo in Italia. Ferdinand Piech riuscì a riportare alla luce, ricreandolo ex novo il marchio Audi, ma ci sono voluti oltre 30 anni, i mezzi della Volkswagen e lo stesso Piech per raggiungere i risultati di oggi. E sempre ricordando i silenzi di martedi, c’è anche quello sugli accordi con Mazda per la ex spider Alfa che potrebbe o dovrebbe essere quella nuova Fiat definita come “Specialty” che figura nel programma 2015. E se non se ne è parlato c’è da pensare che gli accordi con i giapponesi siano ancora tutti da rielaborare.
Percorsi diversi, storie diverse.
Sono molte le domande che tutti noi avremmo voluto fare e che sono rimaste senza risposta, ma non sempre le aspettative del pubblico e dei cronisti coincidono con la realtà delle cose. Il Piano Marchionne è un’operazione industriale mai vista prima malgrado i tanti eventi, incroci, alleanze e acquisizioni cui abbiamo assistito negli anni passati. Molti precedenti casi, perfino meno complessi, non sono andati a buon fine: cito a caso Fiat–Citroen, Renault–Volvo, Citroen–Maserati, Innocenti–Mini, l’ambiziosa ascesa e il fallimento di Daewoo auto, senza contare la turbolenta storia della stessa Chrysler fino all’insuccesso di Mercedes e del successivo fondo Cerberus.
Ma nessuno di questi ha nulla in comune con lo strano destino che ha incrociato Fiat e Chrysler. Cerchiamo allora di seguire questo nuova storia dall’alto, senza preconcetti che, in fondo, non convengono a nessuno. Se nel progetto ci sono dei difetti saranno riparati o modificati. E se dieci anni fa quando Marchionne apparve sulla scena, ci avessero annunciato questo martedi 6 maggio 2014 non ci avremmo scommesso un soldo bucato.
“La Storia continua” come avrebbe detto anche in questo caso Elsa Morante.