Mini Takes The States 2016: attraversare gli USA a bordo di 1000 Mini
Mini Takes The States: il raid che attraversa gli Stati Uniti in beneficenza
Il giorno successivo è l’ultima tappa che ci porterà a Soiux Falls. Un’altra colazione in compagnia dei folli amici proprietari di Mini: il numero di spille che sfoggiamo incomincia a suscitare curiosità e rispetto, come ci dice Gabriel. E’ un personaggio sulla settantina che gira con colori e arcobaleni sgargianti, e scritte “peace” un po’ dappertutto. Qualcuno ci ha detto che è un reduce del Vietnam; non so se sia vero o meno, ma decido di crederci. Gabriel sembra “vero” nella pacchianità del suo modo di farsi notare, è simpatico e si fa voler bene da tutti. Anzi, sembra che sia lui a conoscere tutti. Partiamo insieme a lui in direzione ovest. “Go west!”.
Questo Midwest però, non è così affascinante come l’Upper Peninsula e non fornisce spunti degni di nota. Ci divertiamo a viaggiare in gruppo con Gabriel e le altre Mini, in una colonna che aumenta fino ad una cinquantina di esemplari, per poi diminuire un po’ alla volta in vista della sosta pranzo. Troviamo un ristorante famigliare dove ci vuole poco per finire ancora una volta al centro dell’attenzione. “Italiani? Volete provare le nostre lasagne?” La figlia del titolare è sicura della proposta del giorno, noi un po’ meno, e preferiamo andare sulla classica bistecca. Ci rimane un po’ male, ma i complimenti finali per la torta fatta in casa sistemano tutto. Poco fuori, una bella sorpresa: due Oldsmobile, una Ninety-Eight Holiday Coupè del 1954 ed una Rocket 88 Coupè del 1949 con i loro due proprietari. Ci scambiamo gli sguardi di chi la sa lunga di automobili, e con cenni del capo ammiriamo le due veterane e l’iglesina nuova generazione.
Forse perché ci siamo abituati ai paesaggi, forse perché non c’è niente di particolare che possa catturare l’attenzione, il tempo si allunga e le miglia incominciano a pesare. Non fisicamente, perchè la nostra Clubman Cooper S si rivela come una gran turismo inaspettata. Sedili comodi, zero mal di schiena. Devo ammettere che il portapacchi non rientra nei miei canoni estetici, e se non ci fosse sarei più contento, anche perchè due valigie e due borse grandi trovano posto senza problemi nel bagagliaio. Mi piace giocare con il navigatore satellitare, dalla grafica curata. Allargo e zoommo la mappa per vedere le decine di strade parallele alla nostra. Mi ritrovo in quel limbo pomeridiano dove non accade nulla degno di nota. Sulla strada locale che stiamo percorrendo, incontriamo un paio di automobili in tre ore di viaggio. O meglio, c’è qualcosa che abbiamo sotto gli occhi da miglia e miglia: è uno sterminato campo di mais. Cerco di fare mente locale… “ma da quanto tempo lo sto costeggiando?” Non me lo ricordo, ma deve essere almeno un’ora. E quando mi accorgo che è passata un’altra ora, l’idea di mi sconvolge… E’ come se l’autostrada da Milano a Brescia fosse immersa in un unico, enorme, campo di mais.
A Sioux Falls i pellerossa non ci sono, ed ogni ristorante e bar della città è pieno di proprietari di Mini che si stanno scambiando le impressioni di viaggio. Anche i proprietari dei locali sono entusiasti per l’arrivo di nuovi clienti. Un avvenimento importante tanto da far scomodare l’anchorman di una tv locale. Mi dicono sia famosissimo, ma quando faccio per andare a salutarlo sparisce improvvisamente, così come svanisce la mia fama di gloria nella tv americana. Una piccola cascata a Sioux Falls racconta una storia di pionieri, di visionari con la loro centrale elettrica, di lavoro duro, ed oggi di uno di quei parchi così curati, con i prati così verdi da sembrare irreali.
Il viaggio è quasi concluso, e ne ho già nostalgia. Posti che non avevo ancora visto, persone che non ricontrerò, un po’ alla Willy Nelson. Ed è pazzesco pensare come le amicizie che nascono durante il Mini Takes The States, attraverso l’America che pochi europei conoscono, nascano grazie alla vettura meno americana che c’è. Ciao John, Nancy, Bridget, Matt, Gabriel e tutti gli altri pazzi scatenati che abbiamo incontrato sul nostro percorso. Ci rivedremo, chissà, nel 2018…