Auto e bici? Non ci sono colpevoli o innocenti, ma città inadeguate
Torna d’attualità il ‘duello’ tra auto e bici sulle strade italiane: non è una questione di colpa, ma di cultura e di infrastrutture
Il terribile dramma di Nicky Hayden ha riportato di grande attualità il rapporto tra auto e bici sulle strade italiane. Immediatamente, sono arrivate le polemiche ed i classici botta e risposta (soprattutto sui social) di queste circostanze, tra chi difende i ciclisti e chi li attacca. Chi parla di zero rispetto da parte degli automobilisti per chi viaggia sulle due ruote e chi, invece, contrattacca e parla di ciclisti indisciplinati e pericolosi per sé stessi e per gli altri occupanti delle strade.
Non c’è una verità assoluta, perché, come in tutte le cose, ci sono bravi e cattivi da ambo le parti, pur restando ovviamente molto più rischiosa la bicicletta, in quanto un incidente può provocare danni gravissimi o addirittura fatali, anche a velocità basse. Proprio la scorsa settimana sono stato a Copenaghen, dove andare su due ruote è un classico di tutti i giorni, anche per andare a scuola o lavoro, e ci sono probabilmente più ciclisti che automobilisti sulle strade danesi.
E pensavo, come mai da noi non accade la stessa cosa? Innanzitutto è una questione di cultura: in Italia la bicicletta viene usata quasi esclusivamente per fare sport e sono davvero pochi ad utilizzarla per gli spostamenti quotidiani, anche se questo numero appare in aumento, un po’ per evitare il traffico ed un po’ per i costi sempre più alti dei carburanti. Ma chi lo fa, a differenza di quanto avviene in più di un paese europeo, rischia di mettere in pericolo la propria incolumità.
Perché? Non c’è un unico motivo, però le nostre città non sono realizzate a misura di bicicletta. Le piste ciclabili sono molto spesso un’eccezione e non una consuetudine, mentre a Copenaghen (e non solo), invece, praticamente ogni via ha la sua pista ciclabile separata sia dalla strada che dal marciapiede. Non si vedono così gli slalom delle biciclette tra le auto (ed anche spesso dei pedoni) delle nostre strade, così come sono ridottissimi gli incroci tra quattro e due ruote, praticamente solo quando c’è comunque un semaforo. Questo rispetto reciproco ed abitudine a convivere si vede, così, anche fuori dai centri cittadini, dove ci sono meno piste ciclabili (comunque sempre maggiori rispetto a noi) e la strada è più spesso la stessa per automobili e biciclette.
Questo è un grave problema, ma, come dicevamo, non l’unico. Sulle strade italiane si vede di tutto: ciclisti senza casco, zero rispetto di semafori rossi e precedenze, oppure auto senza assicurazione o revisione e bambini fuori dai seggiolini. Forse mettere una targa anche per le biciclette potrebbe essere un primo passo per responsabilizzare tutti. Invece, ora in Italia si sta parlando della legge salvaciclisti, con una distanza minima in caso di sorpasso. Meglio di niente, anche se sarebbe da capire come faranno le forze dell’ordine a dimostrare esattamente una distanza inferiore ad un metro e mezzo e non qualche centimetro in più o in meno, ma finché le strade non saranno separate e non cambierà la cultura, il rischio (o quasi la certezza) di incidenti resterà altissimo.