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Formula 1, i migliori piloti della storia: Schumacher [Video]

La nostra miniserie sui miglior piloti della storia in Formula 1 prosegue con Michael Schumacher, il campione dei campioni, colui che ha vinto più di tutti. Dai primi titoli con la Benetton all’epopea con la Ferrari.

Ha vinto più di tutti e chissà quanti anni passeranno ancora prima che qualcuno lo raggiunga, ammesso che ciò accada. Michael Schumacher è il re della Formula 1, uno dei migliori piloti della storia, per molti il migliore in assoluto. Gli spetta quindi il posto nell’ideale vetrina della nostra miniserie sui campionissimi. Riguardiamo dunque una volta di più il film sulla sua incredibile carriera.

 

Formula 1, Michael Schumacher: le statistiche


I numeri della carriera di Schumacher sono impressionanti; mai come in questo caso parlano da soli. Il campione tedesco ha corso in Formula 1 per 19 stagioni, dal 1991 al 2006 e al 2010 al 2012, partecipando a 308 gran premi. Il suo albo non è d’oro ma di platino: ha vinto 7 titoli mondiali e 91 gran premi. Ha inoltre realizzato per 68 volte la pole position e per 77 volte il giro più veloce in gara. Ha collezionato 155 podi (vittorie comprese) e si è ritirato in 68 occasioni. Ha percorso in testa la bellezza di 24.148 Km: è come se avesse completato quasi due volte e mezza la circonferenza della luna o poco oltre metà di quella del nostro pianeta.

Schumi guida la classifica di tutti i tempi per titoli mondiali, gran premi vinti, podi e stagioni (questa a pari merito con Rubens Barrichello). E’ secondo assoluto in quanto a pole positions (superato solo da Lewis Hamilton) e gran premi disputati (Barrichello). Mettiamoci anche il record di “hat tricks”, cioè vittoria, pole e giro più veloce nella stessa gara: 22 volte. L’aritmetica lo penalizza relativamente nel dato sulla percentuale di vittorie: 31,88%, il che lo piazza dopo Juan Manuel Fangio, Alberto Ascari, Jim Clark e Lewis Hamilton. Ha vinto troppo e la statistica lo punisce.

 

Gli inizi di Michael Schumacher: dal kart a Le Mans

Michael Schumacher è nato il 3 gennaio 1969 in Germania, vicino a Colonia (un sobborgo chiamato Hürth). Famiglia di pochi mezzi economici, nessuna ascendenza nel mondo dei motori. Quando Michael aveva quattro anni, suo padre installò un piccolo motore motociclistico nel suo kart a pedali. Senonché un giorno il piccolo pilota in erba centrò un palo della luce nella vicina cittadina di Kerpen. Allora i genitori decisero che non era il caso di fargli correre pericoli in strada, quindi lo portarono al locale kartodromo, dove cominciò a correre. Presto il padre gli costruì un vero kart ricavato da pezzi di scarto. A sei anni Michael vinse il suo primo campionato nel club di Kerpen.

La sua carriera sarebbe anche potuta terminare a quel punto, per lo stesso motivo che ha stroncato sul nascere la quasi totalità degli aspiranti piloti: mancanza di denaro. Serviva un motore nuovo ma costava 800 marchi, troppi per la sua famiglia. Però il bambino era così deciso (nonché molto promettente) che i genitori si fecero in quattro per convincere alcuni imprenditori locali a finanziare le corse di suo figlio.

A 12 anni Michael si fece rilasciare la licenza sportiva dal Lussemburgo, perché la legge tedesca imponeva un’età minima di 14 anni. Quando egli fu in grado di prendere la licenza in Germania, aveva già vinto il campionato nazionale junior. Nel 1985 e 1987 vinse sia il campionato tedesco che quello europeo. Per potersi mantenere nelle corse, a quel punto lasciò la scuola per lavorare come meccanico.

Nel 1989 Schumacher cominciò a correre in automobile, partecipando alla Formula Ford tedesca. Nello stesso anno incontrò il suo primo mentore, Willi Weber, titolare della scuderia tedesca WTS di Formula 3. Michael vinse quel campionato nel 1990. A quel punto il ragazzo si era già messo sufficientemente in luce in patria per attirare l’attenzione nientemeno che della Mercedes, che lo ingaggiò per il suo programma junior nel campionato mondiale sport prototipi. Alla fine di quella stagione vinse sulla Sauber-Mercedes C11 la gara in Messico: si classificò quinto nel campionato, pur avendo partecipato a tre sole gare. Fece anche un’apparizione nel campionato turismo DTM ad Hockenheim sulla Mercedes 190 E 2.5 16 Evo II, ritirandosi.

Nel 1991 proseguì nel mondiale prototipi sulla Mercedes C11. Si registra in questa stagione l’unica partecipazione di Michael Schumacher alla 24 ore di Le Mans. In squadra con Karl Wendlinger e Fritz Kreutzpointner, si classificò al quinto posto assoluto, realizzando il giro più veloce in gara. Ma a quel punto il mondo della Formula 1 si era già accorto di lui.

 

Michael Schumacher arriva in Formula 1

Nell’agosto del 1991 capitò che alla scuderia di F1 di Eddie Jordan mancasse un pilota per il Gran Premio del Belgio. Infatti il titolare Bernard Gachot era stato arrestato a Londra. Willi Weber era diventato manager di Schumacher e lo propose a Jordan: egli vinse le perplessità dell’irlandese mentendogli in modo spudorato, assicurandogli che Michael era già pratico della pista di Spa-Francorchamps. Invece il giovane tedesco non aveva mai corso prima su quel tracciato. Bugia a fin di bene, ripagata alla grande.

Infatti Schumacher, su una monoposto mai vista di una categoria mai provata in un circuito mai affrontato, si qualificò in settima posizione. Sulla stessa macchina, quell’anno il titolare Gachot non era mai andato oltre il quinto posto in gara. Nel gran premio tuttavia Michael non ebbe occasioni di mettersi ulteriormente in luce, perché la frizione lo tradì al primo giro.

Ma ciò che si era visto bastava a convincere Flavio Briatore, team manager della Benetton-Ford, il quale lo mise immediatamente sotto contratto, affiancandolo a Nelson Piquet. Quindi Schumacher tornò in pista in Formula 1 subito dopo la gara di Spa, a Monza. Qui mostrò immediatamente di che pasta era fatto poiché, seppure brevemente, diede del filo da torcere ad un certo Ayrton Senna.

Era l’8 settembre 1991, il brasiliano si avviava verso la conquista del suo terzo titolo mondiale. Ma sulla pista brianzola si trova attardato dopo un cambio gomme. Esce dal box in quinta posizione. Sta per completare il giro, davanti a sè trova proprio la gialloverde Benetton-Ford guidata da Schumacher, cioè un giovane principiante di 22 anni alla sua seconda gara in Formula 1; anzi, alla prima completa, dato il ritiro immediato in Belgio.

Quell’esordiente, arrivato in fondo al rettilineo della Parabolica col campione del mondo che gli riempiva gli specchietti non ci pensò proprio a farsi da parte; invece approfittò della presenza di un doppiato per togliere spazio all’esterno, mentre lui chiuse la porta all’interno, proprio nel punto giusto, non un metro prima né un metro dopo.

Così il velocissimo Senna fu costretto ad attendere. Del resto se dopo 37 giri Michael Schumacher riusciva ancora a difendere la quarta posizione, proprio sprovveduto non doveva essere. Traguardo, prima variante, curvone, Lesmo 1 e 2, Senna ancora dietro. Seccante. Solo in fondo al rettilineo che precede la variante Ascari, il brasiliano riuscì a superare quel giovincello irrispettoso, il quale comunque capì che era il momento di farsi da parte, troppo più veloce la McLaren. Fu questo il vero biglietto da visita con cui Michael Schumacher presentò se stesso alla Formula 1: blindare per un giro il tricampione del mondo su una macchina nettamente inferiore, tramite pura abilità e determinazione.

 

Michael Schumacher, gli scontri con Ayrton Senna

L’ascesa di Schumacher in F1 è rapida e impetuosa. Nel 1992 arriva la prima vittoria, in Belgio; sul bagnato, uscendo dai box su gomme da asciutto, riesce a tenere dietro un furioso Nigel Mansell sulla stratosferica Williams di quell’anno. Ma in questi mesi trova anche il modo di scontrarsi molto da vicino con Senna. Così come il brasiliano agli inizi non guardava in faccia a nessuno e s’infilava ovunque ci fosse spazio (a volte anche se non c’era), Schumacher non soffre di timori reverenziali e attacca il grande Ayrton in pista e sulla stampa.

Famoso quel discorsetto a Magny Cours sotto le telecamere ma lontano dai microfoni, in cui Senna con maglioncino salmone prende sottobraccio il giovane scavezzacollo e gli spiega i fatti della vita; poco prima quel ragazzaccio lo aveva speronato al primo giro mandandolo fuori gara; in precedenza, in Brasile, lo aveva attaccato sulla stampa per averlo ostacolato (ma Senna aveva problemie elettronici) senza nemmeno cercare spiegazioni dirette. Per non parlare della sessione di test ad Hockenheim la settimana precedente al gran premio, in cui il tedesco rallenta bruscamente il brasiliano in rettilineo e questi gli imputa di averlo fatto apposta, andando a cercarlo nel box agitando i pugni.

Ad ogni modo, Schumi ottiene parecchi piazzamenti e chiude la stagione al terzo posto in classifica, proprio davanti ad Ayrton. Nel 1993 raggiunge già la maturità agonistica. Tanti punti e un’altra vittoria, in Portogallo. Quarto posto finale dietro alle due spaziali Williams e ad un Senna in stato di grazia. Il ragazzo ormai è diventato adulto.

 

Formula 1, Schumacher campione del mondo

Nel 1994, dopo il ritiro di Alain Prost e il conseguente passaggio di Senna alla Williams, appare chiaro che il vero rivale del brasiliano per il titolo mondiale sarà proprio Michael Schumacher. Soprattutto perché il cambio dei regolamenti con l’abolizione delle sospensioni attive rende la Williams molto meno spaziale. Sappiamo tutti com’è andata. Schumi ha approfittato nelle prime due gare dei ritiri di Senna per un errore suo e un tamponamento da parte di Mika Hakkinen. Poi ad Imola, in quel disgraziato weekend, il mondo delle corse cambiò per sempre.

Resi gli omaggi finali al grande Ayrton, la competizione deve andare avanti e Schumacher si ritrova con un consistente vantaggio in classifica che aumenterà ancora. Damon Hill, rimasto unico avversario, ci metterà un bel po’ a reagire ma poi riuscirà a condurre la sua Williams fino ad annullare lo svantaggio. Ultima gara in Australia, Schumi +1, Hill tenta di superarlo e il tedesco gli va addosso, fuori entrambi. Polemiche a non finire ma i commissari non ravvisano scorrettezze. Michael Schumacher è campione del mondo. Nel 1995 ci sarà il bis, questa volta senza troppi patemi, tenendo a distanza Hill fino a conquistare matematicamente il titolo con due gare d’anticipo.

 

Michael Schumacher alla Ferrari: i primi anni

Il pilota tedesco era in trattative con la scuderia di Maranello fin dai primi mesi dell’anno, in estate è stata apposta la firma del contratto. Quindi nel 1996 Michael Schumacher approda alla Ferrari. Una squadra proveniente da troppi anni di amarezze. La nuova macchina non è malvagia ma è ancora troppo lontana dalle Williams-Renault, sia in termini di prestazioni che di affidabilità. Ciò nonostante, Schumacher riesce a mettere sul piatto tre vittorie, classificandosi al terzo posto mondiale. La strada per tornare al successo si prospetta lunga.

Nel 1997 però sembra che le cose siano tornate a posto. Infatti il tedesco dà vita ad un appassionante duello con la Williams di Jacques Villeneuve. Un tira e molla che si risolve solo all’ultima gara stagionale, il GP d’Europa a Jerez. Ancora Schumi ha un punto di vantaggio. Parte meglio e resta in testa a lungo; Villeneuve lo raggiunge e tenta il sorpasso al 48° giro; Schumi non se l’aspetta e reagisce colpendolo duramente, uscendo di pista. Jacques riesce a proseguire e a tagliare il traguardo, soffiandogli il titolo mondiale. Schumacher verrà successivamente anche squalificato, addirittura escluso dalla classifica mondiale.

Nel 1998 la vettura da battere è la McLaren-Mercedes. Mika Hakkinen accumula un certo vantaggio, Schumacher recupera in estate. Ultima gara, a Suzuka, il finlandese deve amministrare 4 punti di vantaggio. Schumacher centra la pole position ma prima del giro di ricognizione incredibilmente gli si spegne il motore, quindi deve partire in ultima posizione. Hakkinen s’invola in testa, Schumi ingaggia una rimonta forsennata, risale fino al quinto posto ma poi una foratura gli fa terminare la gara anzitempo. “Non è cosa”, dicono a Napoli, così Mika diventa campione del mondo.

Arriva il 1999, la lotta tra Ferrari e McLaren è più serrata che mai. Equilibrio praticamente totale fra i quattro piloti (anche David Coulthard ed Eddie Irvine sono in corsa). Poi a Silverstone accade il fattaccio: Schumi va dritto alla curva Stowe, tradito dai freni. Va a sbattere contro le pile di gomme e si frattura la gamba destra. Salterà sei gran premi per ristabilirsi, stagione in fumo. Torna nelle ultime due gare, tenta di aiutare Irvine a conquistare il mondiale ma all’irlandese manca il guizzo vincente. Hakkinen intasca il secondo titolo iridato.

 

Schumacher a Maranello: i trionfi

Prova e riprova, nel 2000 è la volta buona. Schumacher e la Ferrari partono a razzo: 5 vittorie nelle prime 8 gare. Ma nella seconda parte della stagione Hakkinen recupera, fino a scavalcare l’avversario in classifica dopo il GP del Belgio. Però questa volta la storia è diversa. Schumi e la rossa sono una cosa sola, non sbagliano più un colpo e vincono tutte le 4 gare rimanenti. Il titolo mondiale piloti torna a Maranello al termine della penultima corsa, a Suzuka, dopo 21 stagioni di digiuno.

Nel 2001 la Ferrari è decisamente in palla, superiore sia alla McLaren che alla ritrovata Williams-BMW. Schumacher prende subito il largo, controlla la situazione e in Ungheria si conferma campione con 4 gare d’anticipo. Batte anche il record di vittorie di Prost. Il 2002 vede una stupenda cavalcata solitaria. Schumi lancia il Cavallino rampante a briglia sciolta nelle grandi praterie d’asfalto della Formula 1. Vince 5 delle prime 6 gare, 11 gran premi in totale. Incamera matematicamente il titolo già in Francia, quando ci sono ancora 6 corse da disputare. Quinto titolo personale, Michael Schumacher raggiunge Juan Manuel Fangio.

Nel 2003 invece le cose non sono facili. La McLaren torna competitiva, il suo alfiere è Kimi Raikkonen. Il finlandese non ha particolari guizzi ma è regolare come un orologio, così arriva all’ultima gara ancora con qualche chance residua di contendere il titolo al ferrarista. Tuttavia nove punti di vantaggio sono un po’ troppi. Schumacher amministra e, arrivando ottavo, conquista il sesto alloro iridato. Nel 2004 invece ci sarà l’apoteosi. Ferrari e Schumacher, Schumacher e Ferrari. Non ce n’è per nessuno. Il tedesco vince 12 delle prime 13 gare (a Montecarlo viene tamponato da Juan Pablo Montoya sotto safety car). Non ha battuto gli avversari, li ha annientati. La matematica ha decretato la conquista del suo settimo titolo mondiale a Spa, a quattro gare dal termine. Un altro successo a Suzuka porta il bottino finale a 14 gran premi in una stagione. Un massacro.

 

La lotta con Alonso, il primo ritiro e il ritorno alla Mercedes

Nel 2005 le alterne fortune della vita e dello sport fanno girare la ruota verso la Renault. La Ferrari non indovina la macchina, forse riteneva che quella dell’anno precedente bastasse. Errore colossale. La stagione parte male e finisce peggio. Schumacher non riesce ad essere realmente competitivo; anche la McLaren sopravanza le rosse. Il tedesco chiude la stagione al terzo posto, lontanissimo sia dal nuovo campione, Fernando Alonso, che dal secondo, Raikkonen.

Nel 2006 la Ferrari si riprende, però ci mette un bel po’. Nel frattempo Alonso e la Renault prendono il largo. Schumi è stanco, medita di ritirarsi, però non ci sta a passare da comprimario. Combatte e recupera. A Monza vince la sesta delle sue sette gare nella stagione. Ma dopo il gran premio annuncia che si ritirerà al termine del campionato. Vuole chiudere alla grande, il tedesco ormai vede Alonso in scia. Vince in anche in Cina, i due sono ora a pari punti. La Ferrari è a questo punto la macchina da battere. Schumi vola via, sembra fatta, invece la meccanica lo tradisce: il motore va KO. Alonso vince il gran premio.

Una gara dal termine, 10 punti da recuperare (il saldo delle vittorie sarebbe a favore del tedesco): troppi. Solo la matematica crede che la questione sia ancora aperta, ma in Brasile Schumacher corre essenzialmente per far vincere il titolo costruttori alla Ferrari. Quasi incamera la pole position, ma un guasto in Q3 lo farà partire dal decimo posto in griglia. Alonso mette già in frigo lo champagne o la sangrìa, ormai è fatta. Si parte, Schumi attacca alla garibaldina ma fora una gomma tentando di superare la Renault di Giancarlo Fisichella. Riesce ad arrivare ai box ma esce doppiato di un giro. Anche il titolo costruttori resta alla Renault. Il tedesco corre per lo spettacolo e ne regala in quantità, tempi record e sorpassi mozzafiato, riuscirà a raggiungere la quarta posizione. Chiude in bellezza, anche senza vincere.

Michael Schumacher si ritira. Il suo bilancio al termine della stagione 2006 è di 7 titoli mondiali, 91 gran premi vinti e 68 pole positions. Rimarrà invariato anche dopo il suo ritorno nel 2010 dopo tre anni di assenza. La Mercedes lo rivuole a casa. Trascorrerà tre stagioni malinconiche su una vettura non competitiva. Aumenterà solo il numero di corse disputate, ben 307 in 19 stagioni. Si ritirerà al termine del 2012. Poi il 29 dicembre 2013 quell’incidente sugli sci che quasi lo uccide, provocandogli gravissimi danni neurologici. Ci fermiamo qui. Speculazioni ne sono state fatte fin troppe. Preferiamo ricordare solo quella lunga serie di successi, soprattutto in rosso. Nessuno potrà cancellarli.

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