Auto ibride plug-in: verso standard europei più severi sulle emissioni?
Sebbene le vendite di autoveicoli ad alimentazione ibrida ricaricabile siano cresciute di più del 70% nel 2021, l’Unione Europea si preparerebbe a discutere un emendamento di modifica dei valori relativi a consumi ed emissioni.
La domanda è una: quanto emettono, effettivamente, le auto ad alimentazione ibrida plug-in? In altre parole: si vuole sapere se gli attuali parametri di valutazione siano da considerare realistici oppure non si debba metterci mano, come avvenuto in passato quando il ciclo Nedc venne sostituito dal WLTP. Secondo alcune “voci di corridoio” riportate da un “lancio” Reuters, la Commissione Europea si dichiara pronta all’adozione di nuovi e più severi metodi di valutazione, proprio per essere sicuri che fra le rilevazioni durante i test di omologazione ed i quantitativi delle emissioni effettivamente prodotte nell’utilizzo reale dei veicoli non ci siano eccessive disparità.
Si arriverebbe anche ad un “boost” dell’auto elettrica?
Le conseguenze, per le Case costruttrici, potrebbero essere importanti tanto dal punto di vista della produzione che delle strategie commerciali: un “giro di vite” ai metodi di omologazione se quelli attuali fossero davvero sottostimati, potrebbe in effetti “suggerire” loro di accelerare sulla vendita di auto elettriche in ordine al raggiungimento degli obiettivi comunitari in materia di emissioni, ed evitare così le multe (così facendo, tuttavia, non si rischierebbe anche di “forzare la mano” ai Costruttori che si dicono scettici sulla spinta all’elettrificazione tout court, come emerso in occasione della recentissima Cop26 di Glasgow?). Le fonti citate da Reuters indicano che i nuovi test di omologazione potrebbero essere applicati a partire dal 2025.
Si vogliono test ancora più simili alla realtà
Sono peraltro i cicli di omologazione ad essere ancora una volta “nel mirino”: i rispettivi valori delle emissioni di CO2 nelle auto ibride Plug-in, riferisce Reuters indicando le proprie fonti, arriverebbero ad essere fino a quattro volte inferiori rispetto a quelli reali. Ciò che cambierà, dunque, è “Il fattore di utilizzo”, come spiegato, ai taccuini dell’agenzia di stampa, da Petr Dolejsi, direttore della sezione Trasporti sostenibili di ACEA (Associazione europea che raggruppa le Case costruttrici), riferendosi ad una stima più oggettiva possibile nel rapporto fra l’impiego della vettura con il motore endotermico ed in modalità elettrica. L’ottenimento dei risultati terrà conto anche delle rilevazioni degli strumenti di bordo, che sono stati resi obbligatori già nel 2021: “Stiamo iniziando a raccogliere i dati dei veicoli: è un processo in fase di realizzazione”, indica Dolejsi.
Pronti a mettere la questione su un tavolo di lavoro
Va ricordato, prosegue Reuters sulla base di un’indicazione sollevata da un funzionario della Commissione Europea, che è in discussione un emendamento alle procedure di omologazione Euro 6, in cui sostanzialmente si rivedono le relative modalità WLTP in ordine a determinare i fattori di utilizzo basati sui dati reali dei contatori di consumo di carburante. Ulteriori dettagli si sapranno nei prossimi giorni: per mercoledì 9 febbraio è in agenda la discussione dell’emendamento da parte del gruppo di lavoro automotive, che comprende rappresentanti dell’industria, del Governo e delle associazioni di consumatori: una decisione in tal senso è attesa per quest’anno.
Più differenziazione fra BEV e PHEV?
Secondo le fonti citate da Reuters, l’emendamento di revisione delle regolamentazioni sulle emissioni inquinanti deriverebbe da un sempre più sentito consenso, a livello di Authority così come fra i gruppi ambientalisti, sul fatto che le autovetture ad alimentazione ibrida ricaricabile non siano così “pulite” (allo scarico) come si sosteneva un tempo, e andrebbero considerate in maniera diversa rispetto alle auto 100% elettriche nella formulazione di politiche volte ad incoraggiare l’elettrificazione. Relativamente agli obiettivi 2021 di emissioni di CO2 risultanti dalla media dei modelli in produzione per ciascuna Casa costruttrice (95 g/km) e che possono variare anche in relazione al peso medio dei veicoli stessi, Bmw, Mercedes, Renault e Volkswagen hanno dichiarato di avere raggiunto i rispettivi traguardi 2021.
In effetti, i test WLTP tengono sì conto delle modalità di effettiva guida, delle tipologie di percorso e delle velocità: in questo senso, risultano più aderenti alla realtà in rapporto al precedente ciclo NEDC. È stato tuttavia dimostrato, da parte di alcuni enti (come ad esempio ICCT-International Council for Clean Transportation) che anche il Worldwide Harmonised Light-Duty Vehicles Test Procedure possa risultare “rivedibile”, in particolare proprio per le auto ibride, le quali arrivano a fare affidamento sul motore a combustione fino a circa il doppio rispetto a quanto mostrano i risultati dei test.
In particolare, riferisce Reuters, gli studi ICCT si sono basati sui valori delle emissioni effettive di più di 100.000 autoveicoli Plug-in Hybrid estrapolati dai database delle aziende di gestione flotte e dai portali online che monitorano i consumi di carburante da parte dei consumatori. Sarebbe emerso che i cicli di ricarica negli autoveicoli plug-in vengono effettuati in misura inferiore rispetto al previsto, ed ancor di più nel caso dei veicoli aziendali.
Eppure le Plug-in “tirano”
Quanto reso noto da Reuters potrebbe rischiare di trasformarsi in una mannaia per il pur promettente settore delle autovetture ibride plug-in, che nell’Unione Europa hanno nel 2021 messo a segno 867.000 unità vendute, con un’incidenza dell’8,9% sul totale ed una crescita del 70,7% rispetto al 2020 (a titolo di completezza, si indica che lo scorso anno le nuove immatricolazioni di auto elettriche “alla spina” nei 27 Paesi UE sono state di poco superiori: 878.432, tuttavia la crescita è stata leggermente più “lenta”, per quanto di notevolissima entità: +63,1% rispetto al 2020).