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Le autostrade tornano pubbliche, il ministro Giovannini punta su sicurezza e tecnologia

Proprio durante il Milano Monza Motor Show, la “cordata” che riunisce CDP Equity ed i fondi internazionali Blackstone e Macquarie ha siglato l’agreement di acquisizione dell’88,96% di Aspi; il ministro alle Infrastrutture insiste sulla necessità di investire sulle infrastrutture.

Con il definitivo addio di Autostrade per l’Italia al Gruppo Benetton, la principale rete viaria nazionale torna sotto il controllo pubblico dopo 22 anni. La notizia è emersa quasi contestualmente alle indicazioni avanzate dal ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, in occasione dell’Automotive Business Summit organizzato da Il Sole 24Ore durante il Milano Monza Motor Show, che riguardavano la necessità di predisporre cospicui investimenti in sicurezza ed infrastrutture hi-tech. Ma andiamo con ordine.

Ecco i termini dell’accordo

L’argomento più “battuto” riguarda l’accordo con Atlantia, siglato dal consorzio che raggruppa la società per azioni CDP Equity di Cassa Depositi e Prestiti ed i fondi internazionali Blackstone e Macquarie, finalizzato all’acquisizione dell’88,06% delle quote azionarie finora in mano ad Aspi-Autostrade per l’Italia SpA. I tempi, in relazione a quanto indicato nelle ore precedenti l’accordo dal Consiglio di Amministrazione di Atlantia, sono stati dunque rispettati.

L’iter di passaggio di consegne, come viene indicato in una nota dello stesso consorzio, avverrà attraverso HRA-Holding Reti Autostradali SpA, nuova società di diritto italiano la cui proprietà (diretta o indiretta) fa capo per il 51% a CDP Equity, per il 24,5% a Blackstone Infrastructure Partners e per la restante quota analoga (24,5%) ai fondi controllati da Macquarie Asset Management. L’accordo di compravendita è stato firmato da HRA e Atlantia. La previsione, a questo punto, è che il completamento dell’acquisizione avvenga nei prossimi mesi, dopo cioè che siano soddisfatte le condizioni previste dalla conclusione dell’agreement e le Autorità di vigilanza avranno dato i propri “via libera”.

Bocche cucite sul valore dell’acquisizione

Il valore monetario dell’acquisizione non è stato indicato dal comunicato del consorzio: si sa, come riferito da un “lancio” Adnkronos, che l’offerta vincolante accettata giovedì 10 giugno dal CdA di Atlantia prevede un prezzo di 9,1 miliardi di euro relativo al 100% di Autostrade per l’Italia, ai quali si aggiungono 200 milioni di euro di “ticking free”. Viene in ogni caso fatto sapere, nota stampa diffusa da Cassa Depositi e Prestiti, che in seguito all’accordo raggiunto con Atlantia, da parte dello stesso consorzio prenderà forma un dialogo esplorativo, per capire quale possa essere l’orientamento degli azionisti di minoranza di Aspi, che hanno a disposizione il diritto di co-vendita, sull’11,94% residuo di quote societarie da loro posseduto.

I programmi

Sotto i riflettori della futura nuova proprietà, contestuale al “new deal” di CDP sotto la guida del nuovo amministratore delegato Dario Scannapieco, c’è un maxi programma di riqualificazione delle infrastrutture: un progetto fondamentale, che prevede, nell’ordine:

  • Contribuire alla realizzazione di un vasto piano di investimenti in tutta la rete autostradale di Aspi;
  • Promuovere il miglioramento della rete per agevolare i processi di digitalizzazione e l’innovazione;
  • Migliorare l’efficienza dei programmi di manutenzione dell’infrastruttura, per garantire i massimi livelli di prestazioni e di sicurezza per gli automobilisti;
  • Offrire stabilità a lungo termine nella gestione di un’infrastruttura italiana essenziale per la comunità e per l’economia.

Aspi – evidenzia il comunicato – è uno dei principali operatori autostradali in Europa: gestisce più di 3.000 km di autostrade in Italia, mediante concessioni a lungo termine. Autostrade per l’Italia e le sue controllate sono responsabili di sviluppo, manutenzione e gestione di una rete viaria che si estende su tutto il territorio nazionale, e rappresenta circa la metà del sistema autostradale soggetto a pedaggio in Italia, con circa 4 milioni di clienti ogni giorno (dati pre-Covid diffusi a gennaio 2021 nella presentazione dell’asset di Aspi agli analisti).

L’intervento del ministro Giovannini

Come si accennava in apertura, la comunicazione relativa all’annuncio del passaggio di consegne della rete gestita da Aspi alla “cordata” composta da CDP Equity, Blackstone e Macquarie è giunta quasi in concomitanza con un intervento del ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Enrico Giovannini all’Automotive Business Summit de IlSole 24Ore. Sarà il Pnrr-Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, osserva il ministro, lo strumento operativo per il futuro della mobilità, che avrà il compito-chiave di dare un proprio contributo a ridurre almeno il 55% delle emissioni entro il 2030, ed alla decarbonizzazione entro il 2050.

Manutenzione e innovazione

Oltre ai riflettori puntati sulle tecnologie disponibili (auto elettriche e produzione coerente di energia in relazione agli obiettivi e per far sì che le energie rinnovabili vadano a soddisfare l’intero fabbisogno, soprattutto), sul riassetto della mobilità urbana (si spingono aziende e settore pubblico, in special modo i grandi Comuni, alla creazione del Mobility manager) e sui progetti di potenziamento della rete ferroviaria e dei porti in ordine ai 62 miliardi destinati dal Pnrr alla mobilità sostenibile, sul taccuino delle priorità c’è la questione legata alla manutenzione delle infrastrutture, di cui fanno parte non solamente le strade, ma anche le autostrade.

In questo senso, osserva Giovannini, una parte del sistema viario nazionale è alle prese con una serie di criticità strutturali, ed è necessario intervenire con grandi somme sulla sicurezza e sullo sviluppo tecnologico. Ricordando il periodo in cui era responsabile per le attività statistiche all’OCSE- Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il neo-ministro alle Infrastrutture spiega di essere giunto alla conclusione che il decennio 2020-2030 sia quello nel quale i Paesi che hanno realizzato le principali rispettive infrastrutture dal secondo dopoguerra agli anni successivi debbano dedicare notevoli risorse per i programmi di manutenzione.

Nel futuro a medio termine, osserva Enrico Giovannini, dovranno essere stanziate ingenti somme per mantenere in efficienza le infrastrutture esistenti. E non si tratterà di interventi di manutenzione conservativa, quanto “Evolutiva e rivoluzionaria”. Bisognerà in effetti “Tenere conto dei nuovi criteri, ad esempio sugli asfalti e su altri materiali, per la sostenibilità ambientale. Allo stesso modo, la digitalizzazione costituisce una grande opportunità ma anche un dovere per riuscire a fare la cosiddetta manutenzione preventiva, che vuole dire anticipare i problemi, e non inseguirli”. “Nel Pnrr – indica il ministro – ci sono investimenti di particolare rilievo in questa direzione di trasformazione delle nostre autostrade”.

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