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Autovelox: multa contestabile se è approvato ma non omologato

Lo stabilisce la Cassazione: bisogna dimostrare che l’apparecchio è stato sottoposto alle misure periodiche di omologazione.

Gli apparecchi di misurazione della velocità dei veicoli (e, si ritiene, anche di rilevamento del passaggio col “rosso”) devono essere non soltanto approvati, ma anche omologati. Lo stabilisce la Cassazione, in una sentenza che dà ragione ad un automobilista multato per eccesso di velocità mediante autovelox. In buona sostanza: l’approvazione, da parte del Ministero, del sistema di rilevamento della velocità da remoto non è sufficiente. E non basta neanche che la contestazione dell’avvenuto superamento del limite di velocità avvenga immediatamente: occorre che l’apparecchiatura sia omologata.

L’autovelox della discordia: ecco cos’è successo

Il caso in specie riguarda un automobilista, che era stato “fotografato”, subito fermato e sanzionato da una pattuglia della Polizia locale per eccesso di velocità rilevato con apparecchio elettronico (autovelox). L’utente multato, tuttavia, aveva sostenuto che lo strumento fosse solamente approvato, e non anche omologato.

Il Tribunale: accertamento corretto, multa valida

La multa è stata quindi impugnata e portata davanti al Tribunale di Alessandria. I giudici confermarono tuttavia la correttezza e validità dell’accertamento: l’apparecchio in questione, aveva stabilito il giudice, pur se non omologato era in effetti approvato. Inoltre, la contestazione era stata immediata da parte degli agenti.

La Cassazione ha ribaltato quanto stabilito dal Tribunale

In seguito ad un successivo ricorso dell’automobilista in Cassazione, tuttavia, la sentenza è stata ribaltata. Gli “ermellini”, nell’ordinanza n. 8694 del 17 marzo 2022 che di fatto cassa quanto stabilito dal Tribunale di Alessandria, si rifanno ad una precedente pronuncia della Corte Costituzionale. Si tratta, nello specifico, della sentenza n. 113 del 18 giugno 2015, in cui venne dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 45 comma 6 del Codice della Strada (“Uniformità della segnaletica, dei mezzi di regolazione e controllo ed omologazioni”):

“Nel regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, ed i materiali che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all’approvazione od omologazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario. Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione”.

Lo stesso art. 45 CdS precisa in effetti, alla nota 126, che “La Corte Costituzionale, con sentenza 29 aprile – 18 giugno 2015, n. 113 (in G.U. 1ª s.s. 24/6/2015, n. 25), ha dichiarato ‘L’illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura’”. Di conseguenza, il giudice di merito deve accertarsi se l’apparecchio è stato, oppure no, sottoposto alle “Verifiche di funzionalità e taratura” (sentenza della Cassazione n. 5233 del 2018).

Autovelox: devono essere omologati e conformi

Nell’ordinanza n. 8694 del 17 marzo 2022, la Cassazione stabilisce che l’esecuzione delle verifiche periodiche agli strumenti di rilevazione, controllo e regolazione del traffico va dimostrata oppure certificata con attestazioni che ne indichino omologazione e conformità, dal momento che nessun altro mezzo è in grado di attestarne o dimostrarne il corretto funzionamento (in questo caso, ci si riferisce alla sentenza degli “ermellini” n. 10463 del 2020). Le periodiche operazioni di taratura e verifica prescindono dal fatto se lo strumento opera “In presenza di operatori oppure in automatico, senza la presenza degli operatori ovvero, ancora, tramite sistemi di autodiagnosi”.

Il Ministero chiarisca

La recente ordinanza della Cassazione è quindi della massima importanza: si attende una nuova pronuncia, da parte del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture Sostenibili, per un ulteriore chiarimento che potrà rivelarsi fondamentale per gli organi accertatori.

Multa per autovelox: come fare ricorso

Se ci sono i presupposti, il ricorso è possibile: tempi e modi sono differenti a seconda se ci si rivolge al Giudice di pace o al Prefetto. Vediamo entrambi i casi.

Ricorso al Giudice di pace: come si fa, quanto tempo c’è, quanto costa

Deve essere quello del luogo in cui è avvenuta l’infrazione. Per presentare ricorso ci sono 30 giorni di tempo: la richiesta dev’essere accompagnata dall’avvenuto pagamento del contributo unificato (43 euro per le sanzioni amministrative fino a 1.100 euro; 98 euro per le multe con importo compreso fra 1.100 euro e 5.200 euro; 237 euro per gli importi superiori a 5.200 euro). Il ricorso al Giudice di pace può essere effettuato in maniera autonoma, senza cioè farsi assistere da un avvocato, quindi anche tramite Raccomandata A/R che va inviata alla Cancelleria del Giudice di pace. Il passo successivo richiede di seguire l’iter della presentazione del ricorso: bisogna informarsi sulla data della prima udienza, e poi seguire le ulteriori fasi. Se il Giudice di pace respinge il ricorso, la sanzione viene confermata, e c’è in più la possibilità di vedersi aggiunto il pagamento delle spese processuali.

Ricorso al Prefetto: come funziona, entro quanti giorni va presentato

Il ricorso al Prefetto deve essere presentato (con Raccomandata A/R) entro 60 giorni dalla notifica del verbale di contravvenzione, all’organo accertatore che ha elevato il verbale, oppure direttamente al Prefetto stesso. Il ricorso è gratuito. Le motivazioni del ricorso devono essere evidenti e non interpretabili. Il ricorso si considera accolto se non si riceve alcuna risposta entro 180 giorni dalla data di invio (in Polizia) oppure 210 giorni (Prefetto). Se il ricorso viene respinto, il Prefetto applica la multa in misura piena: si hanno tuttavia altri 30 giorni per rivolgersi al Giudice di pace.

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