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Roadtrip of Choices: un’avventura di solidarietà

Due giovani imprenditori milanesi a bordo di una vecchia Porsche Cayenne S, attrezzata allo scopo, hanno attraversato diversi territori dell’Africa a sostegno dell’UNFPA. Un viaggio per raccontare progetti importanti attivi in Mauritania e Senegal.

Ci sono valori universali che non sono uguali in tutto il mondo, per questo esistono realtà come l’UNFPA, l’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva, che si occupano di portare un messaggio di solidarietà in aree geografiche dal tessuto sociale complesso, come l’Africa occidentale e centrale. Affrontare temi importanti come l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e la dignità ed i diritti di donne e ragazze, è una pratica che richiede accortezza, tatto e creatività, ed è in questo senso che entra in gioco la collaborazione con Uniting Group.

Infatti, con il progetto Roadtrip of Choices, è stata trovata una chiave per entrare in empatia con la popolazione in maniera differente, e poterla avvicinare da una prospettiva innovativa. L’idea è nata da Dario De Lisi, Chief Creative Strategist Officer di Uniting Group e da Simone de Eguileor, imprenditore e titolare di una storica officina di moto di Milano, BAMA Moto, che hanno pensato ad un viaggio in auto da Milano a Dakar, per sostenere l’UNFPA.

“Il viaggio ci ha visti impegnati per oltre 6000 km – ci ha raccontato Simone de Eguileor  con la visita a diverse missioni, in Mauritania e Senegal.

Dal 26 dicembre 2022 al 16 gennaio 2023 l’equipaggio si è spostato su una Porsche Cayenne S V8 prima serie con wrapping bianco e cofano nero, come facevano i reparti corse Hf per evitare il riverbero del sole nel deserto ai piloti.

Una vettura con cui è stato possibile aumentare la media di percorrenza e destare pochi sospetti, considerando le sembianze cromatiche e le proporzioni vicine a quelle dei veicoli ONU.

“L’auto era in linea con quello che vedevamo passare a quelle latitudini. La scelta di utilizzare un V8 benzina è stata dettata dall’affidabilità di questi motori aspiraticontinua a spiegarci Simone – e grazie ad un amico abbiamo studiato un assetto specifico, ed abbiamo deciso di avere 4 ruote artigliate, più 2 di scorta, come le vetture utilizzate da Porsche per la Transiberiana. Niente portapacchi, anche per non incrementare i consumi e, nella parte posteriore, al posto dei sedili un alloggiamento per taniche e ruote. La ricerca delle gomme è stata complessa, perché il Cayenne è omologato con un codice velocità molto alto, dovuto alle sue strabilianti prestazioni . Così, per rispettare le omologazioni e poter avere percorrenza veloce su asfalto e grip in off road, abbiamo dovuto faticare per trovare il giusto compromesso. Un altro punto cardine della preparazione è stata la scelta della dotazione di emergenza. Abbiamo creato un kit ad hoc con funi per trainare, avviatori, attrezzi per riparazioni di fortuna e slitte per uscire dalla sabbia. Non sai mai davvero cosa può servirti e in che situazione, ma si cerca sempre di essere pronti”.

Il percorso è stato diviso in tratte che avevano una lunghezza tra i 300 ed i 900 km, ed ha toccato anche il territorio denominato “no mens land”: un pezzo fra la frontiera del Marocco e quella della Mauritania, con i limiti della strada minati.  Per cui, come si può immaginare, non è stato semplice.

“Non sono mancati imprevisti di natura tecnica e a livello di documentazione, perché in verità ogni realtà africana ha una burocrazia a sé. É necessario anche indicare le persone che guidano l’auto in un preciso momento. Inoltre, in Marocco, a Tangeri, paese di passaggio per arrivare in Mauritania, abbiamo avuto anche il problema della benzina sporca. Il giorno dopo, in un tratto in fuoristrada, l’auto si è bloccata e siamo tornati in folle a fondo valle, superando il momento con il contributo di un meccanico locale”.

I pionieri non sapevano cosa aspettarsi e una delle chiavi utilizzata per incuriosire ed avvicinare le persone è stata quella dell’utilizzo delle Polaroid.

“Abbiamo lasciato un ricordo e questo stupore delle foto ha creato un’interazione, la lingua è stata un gap notevole, gli addetti ai lavori parlano francese e poi ci sono le lingue locali, per cui ci siamo arrangiati, senza trovare però grandi difficoltà. Siamo riusciti ad entrare in empatia e a capirci reciprocamente con tutte le persone che abbiamo incontrato sul nostro cammino”.

Chiaramente, come si evince dal racconto di Simone, ci sono ostacoli culturali che non possono essere superati in maniera istantanea, visto che, in tanti villaggi, se il marito è fuori le donne non possono accompagnare i bambini da sole in ospedale.

Ma c’è un aspetto che lascia bene sperare per il futuro: la comunicazione passa dai più giovani che portano il messaggio ai genitori. Per cui è su di loro che è importante far leva per determinare un cambiamento culturale. Cosa che, ogni giorno, UNFPA fa in alcuni dei centri di aiuto per la popolazione, dove sono proprio questi giovani a ricevere formazione culturale con lo scopo di sensibilizzare famiglie e amici dei rispettivi villaggi.

“Questo viaggio ci ha fornito tante indicazioni, ci ha permesso di farci un’idea più precisa dello straordinario lavoro che fa UNFPA ogni giorno sul territorio e, soprattutto, ci ha lasciato emozioni indescrivibili e ricordi indelebili ha concluso Simone – vogliamo andare avanti, puntiamo a fare il giro dell’Africa e vorremmo inserire anche temi legati allo sport e alla musica. Roadtrip Of Choices non finirà qui!

Di conseguenza, aspettiamoci nuove iniziative, ma nell’attesa verrà svolta anche un’asta online, con gli oggetti legati al viaggio, per una raccolta fondi a favore dell’UNFPA.

Tutto il progetto è stato documentato su Instagram grazie alla creazione di un profilo ufficiale, @roadtripofchoices, che verrà ulteriormente arricchito anche nei prossimi mesi, in attesa della seconda avventura.

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