Crisi e futuro della filiera auto italiana: investimenti e sfide
Analisi sulla filiera auto italiana: il 50% non investe fino al 2028. Sfide per innovazione, mobilità elettrica e transizione tecnologica
Il 50% delle aziende della filiera auto italiana non prevede investimenti significativi in prodotti e processi fino al 2028. Questo è quanto emerge dall’analisi condotta dall’Osservatorio Tea, un progetto congiunto dell’Università Ca’ Foscari Venezia e del Cnr-Ircres, presentata al Ministero delle Imprese. Lo studio, che ha coinvolto 397 delle 2.100 imprese del settore, evidenzia un panorama spaccato: mentre un terzo delle aziende punta sulla mobilità elettrica, la maggioranza continua a scommettere sui motori termici e meno del 4% investe nello sviluppo di software.
Crisi filiera italiana: differenze territoriali
Le differenze territoriali sono un aspetto cruciale. Le grandi aziende, con una visione più internazionale, dimostrano una maggiore propensione all’innovazione, mentre le piccole e medie imprese, specialmente al Sud, lottano per rimanere competitive. Francesco Zirpoli, direttore dell’Osservatorio, attribuisce parte delle difficoltà a una diminuzione delle commesse, in particolare per i fornitori con forti legami con Stellantis.
Ostacoli e opportunità – Tra i principali freni agli investimenti emergono l’incertezza legata alla transizione tecnologica e i costi elevati dell’energia. Tuttavia, la filiera vede nella transizione verso le fonti rinnovabili un’opportunità strategica, non solo per ridurre i costi ma anche per rispondere alle richieste di certificazioni sull’impronta carbonica, sempre più rilevanti per i fornitori di componenti.
Accelerare il cambiamento
Per accelerare il cambiamento, il settore chiede politiche mirate per stimolare la domanda di auto elettriche e una rapida espansione dell’infrastruttura di ricarica. Inoltre, si sottolinea la necessità di agevolazioni per l’assunzione e la formazione di personale qualificato, un aspetto cruciale per affrontare le sfide della trasformazione tecnologica.
Questa situazione riflette una transizione complessa che richiede un forte coordinamento tra istituzioni, imprese e lavoratori. Mentre alcune aziende intravedono opportunità nel cambiamento, altre rischiano di rimanere indietro, sottolineando l’urgenza di interventi strutturali per garantire la competitività del settore automobilistico italiano nel lungo termine.