Lamborghini Huracàn STO: la prova su strada
Un’auto da corsa omologata, un Toro scatenato da domare in jeans, è la Huracàn STO, solo per cowboy della guida sportiva.
“Attenzione, questa non è un’auto normale, studiare i fondamentali della guida sportiva prima dell’uso”, dovrebbero scrivere questa frase a caratteri cubitali nel libretto di uso e manutenzione della Lamborghini Huracàn STO, una sigla che già da sola vale più di mille parole: Super Trofeo Omologata. Una supercar che nasce dalla pista, per la pista, ma che si può guidare anche su strada. Ed è proprio lì che l’abbiamo guidata, scoprendo che se utilizzata con criterio è capace di regalare delle sensazioni uniche, difficili da raccontare, ma è la nostra missione, per cui mettetevi comodi.
Un tornado incute meno timore
Con la livrea in verde opaco, l’ala posteriore da GT3, il cofango, che come indica la parola stessa unisce in un’unica soluzione cofano e parafango, la pinna che spunta sopra la copertura forata del motore, e l’air scope, oltre alle due prese d’aria sopra i fari a LED, la Huracàn Super Trofeo Omologata ha la cattiveria di un caccia pronto per andare in missione. Quando appare lei per le altre la strada diventa automaticamente una no fly zone, perché è così cattiva che persino Stephen King avrebbe un certo timore reverenziale incontrandola.
Quegli scarichi rialzati sono mitragliatrici pronte a sparare proiettili d’adrenalina, e devo ammettere che al solo vederla ho provato quel brivido raro, perché dopo anni è difficile rimanere sorpreso da una linea, da un concetto di auto, eppure è successo, l’emozione è tornata, di nuovo, e in un panorama di vetture sempre più efficienti e “perbeniste” la STO ti colpisce i sensi come un diretto di Francis Ngannou, se non sapete chi è andate a cercarlo nel web e capirete.
Si guida con tuta e casco, ma anche con i jeans
Potrei tediarvi con analisi tecniche della composizione in carbonio del 75% della vettura, come sottolineano i pannelli porta, potrei approfondire le differenze con la Performante, ma sapete che vi dico, voglio raccontarvi direttamente quello che ho provato salendo a bordo. C’è sempre quel momento mistico, passionale e pauroso allo stesso tempo, perché hai una grande responsabilità, ma anche un gran senso di eccitazione, è come se devi mediare tra le due parti che convivono in te, e subito si manifestano l’angelo ed il diavoletto sulla spalla come nei cartoni animati di una volta.
Già, perché questa Huracàn STO è così racing che ti accoglie e poi ti avvolge per non lasciarti più con quel sedile sportivo capolavoro che si regola manualmente ma con una facilità disarmante. Il brivido viene quando cerchi di guardare dal retrovisore interno e vedi solamente la copertura del motore e ti senti in una specie di sommergibile su ruote. Inizi a capire, in quel preciso momento, che alle tue spalle dimora un mostro con bielle in titanio da 5,2 litri capace di sprigionare 640 CV, e comprendi che non sei dentro una macchina, ma nel centro di comando di un razzo a quattro ruote che si accende alla stregua di un lancia missili su un caccia.
Per fortuna, c’è ancora il climatizzatore, e lo schermo del sistema d’infotainment regala uno sprazzo di multimediale normalità per distrarre il cuore da quello che l’aspetta. La strumentazione è digitale, ma è quella di un’auto da corsa, la vedi e ti senti subito in gara. E’ la sua rude sofisticazione che la rende così affascinante, perché ti seduce l’Alcantara e poi ti manifesta il suo spirito indomabile con la fibra di carbonio. Si può scendere in pista con tuta e casco d’ordinanza, ma si può guidare sulle strade di tutti i giorni in jeans, ed è questa libertà che offre la STO a renderla unica.
Toro scatenato per cowboy dal polso fermo e dal piede esperto
Ero appena sceso da un’auto elettrica, mi ero abituato al silenzio, concentrandomi sulla bontà dell’impianto audio, sull’accelerazione silenziosa, sul comfort, sulle prestazioni generali, sul consumo, poi è arrivata la Huracàn STO e sono tornato improvvisamente adolescente, ho ripreso a sognare ad occhi aperti, ed ho compreso, in un attimo, che quella vettura che oggi avrei immortalato nella mia cameretta se fossi tornato indietro ai miei 15 anni, in realtà era lì, pronta per un test che aspettavo con un’eccitazione tale da non riuscire a chiudere occhio la sera prima. E di ragioni ne avevo diverse, una tra tutte il meteo che non accennava a migliorare, poi le temperature calate di colpo, e, infine, un’auto da corsa da guidare su strada.
Sulla STO la trazione integrale della Performante non è contemplata, e neanche l’aerodinamica attiva è della partita, in compenso c’è un’ala posteriore che può schiacciarla a terra con la forza di 420 kg e si può contare su dischi carboceramici CCMR Brembo più potenti del 25% e più resistenti del 60% che la rallentano da 200 km/h in appena 110 metri. In fatto è che a tutto questo non pensi minimamente una volta che accendi il V10, e alla prima curva ti passa la vita davanti, perché lei fa esattamente quello vuoi, ma lo fa al millimetro, e sulle prime non sei pronto ad un’immediatezza così estrema; è un cuore puro, un Toro scatenato, una Lambo con il DNA della Countach e della Miura, ma con la perfezione della Huracàn Super Trofeo Stradale e della GT3.
E’ una macchina da corsa, e come tale devi trattarla, perché lei ti riterrà un pilota anche se non sarai all’altezza di tale appellativo. L’avantreno libero svolta al minimo tocco del volante, il posteriore offre una presa solida sull’asfalto grazie al motore centrale, e c’è tanta motricità, ma attenzione, perché la sua frenata capace di rimescolare gli organi interni è spaventosa, e su strada può alleggerire per qualche istante il posteriore, con tutta l’apprensione del caso.
Ovviamente, una volta compresa la dinamica impari a gestire il pedale centrale, così come a calibrare al millimetro l’angolo di sterzo e la pressione sull’acceleratore, per muoverti tra le curve sfruttando la belva da 640 CV che ruggisce alle spalle senza rischiare di essere sbranato. Il suo sound mi ricorda quello della Renault di F1 del 2006 con cui Alonso ha ripreso contatto con le monoposto al suo arrivo in Alpine; è profondo, rauco, esplosivo, penetrante, e si produce in un allungo senza fine che, insieme, all’accelerazione, ti toglie il fiato se non sei allenato a certe sensazioni.
Il fatto è che ti ritrovi ad accelerare per sentirlo anche quando non serve, ma questa è una pratica sconsigliata con la STO, perché ad ogni azione corrisponde una reazione altrettanto veemente, una sorta di rappresentazione reale della terza legge della dinamica, e se non si è concentrati come un giocatore di scacchi russo, e magari il fondo stradale non è perfetto, e lo sterzo viene usato con quel filo di leggerezza che certe supercar moderne possono concedere, il posteriore potrebbe allargare con rapidità, proprio come accade sulle auto da corsa, e allora ci vuole una reazione fulminea, un controllo felino, e tanta esperienza, soprattutto su strada, dove le vie di fuga non sono contemplate e l’imprevisto è dietro l’angolo.
Ma “the dark side of STO” è parte integrante del suo fascino, riuscirla a domare è una soddisfazione per pochi, non solo perché bisogna avere 304.000 euro per acquistarla, e la pazienza di aspettarla per 2 anni, visto che le richieste hanno saturato la produzione per questo periodo, ma anche per le qualità di guida richieste per esplorarne i limiti in pista e guidarla con una certa disinvoltura su strada. Il rapporto peso potenza parla chiaro, i 2,09 kg/CV rappresentano una carta d’identità che non lascia dubbi a proposito, la trazione posteriore la rende un’icona per i puristi, e l’impianto frenante è un qualcosa che non avevo mai provato su un’auto destinata anche ad un utilizzo stradale. Dopo diversi km però ho compreso la sua essenza, ho apprezzato la sua forza pura, e soprattutto la sua sincerità nelle reazioni.
Alla fine, il segreto per andare d’accordo con la STO è essere altrettanti sinceri verso di lei, e, soprattutto, verso voi stessi. Solo così vi ripagherà con un equilibrio eccezionale, vi consentirà di esplorare le sensazioni che solo una macchina da corsa può offrirvi, e vi condurrà dove difficilmente potrete arrivare con altre auto. Con la luce del giorno che mi abbandona, lascio le palette del cambio a doppia frizione a 7 rapporti e mi affido alla gestione automatica delle cambiate, con l’anima che rimane in STO, e mi godo la parte “normale” di questa Lambo mentre mi ricongiungo al traffico per tornare a casa sfinito dalle emozioni e dalla concentrazione altissima tenuta per tutto il test. Così, scopro che se non hai problemi ad avere tutti gli occhi addosso, sempre e comunque, la STO, a modo suo, è persino comoda, e con il dispositivo che aumenta l’altezza da terra rende facile la vita anche sui dossi dissuasori.