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Stellantis: cosa ne sarà della Lancia?

Modelli sbagliati e scelte poco fortunate hanno ridotto la gamma ad un solo modello, ma si potrà ripartire dalla Ypsilon con il Gruppo Stellantis

Dopo la fusione tra il Gruppo FCA e quello PSA che ha dato vita a Stellantis, gli appassionati sognano un rilancio di un Brand capace di scrivere pagine straordinarie nel mondo dei rally con auto mitiche come la Stratos, la 037, la S4 e la Delta Integrale: la Lancia. Un Marchio che nel recente passato è stato persino capace di rendere dura la vita alle berline tedesche con la prima generazione della Thema, ma che poi ha perso mordente con una serie di modelli che hanno avuto poco successo fino ad essere relegata al solo mercato italiano dal 2017. Ad oggi nel suo listino c’è solo la Ypsilon, che continua a conquistare clienti nel Bel Paese, ma purtroppo non ha più il carattere del modello originale, e neppure lo charme della Y10, sua antenata con il Marchio Autobianchi.

Dalla Thema alla K, il cambiamento non convince

Ci sono dei modelli che rappresentano uno spartiacque tra cosa era la Lancia e cosa è diventata e tra questi non si può non citare la K, un’auto che aveva un’eredità pesante, anzi pesantissima, quella della Thema, ma proprio per questo non si poteva sbagliare e invece… Certo, bisogna dire che la concorrenza nel tempo è diventata tenace, ostinata, e decisamente ingombrante, ma alla Lancia non hanno saputo tenere il passo e questo ha contribuito ad un declino inesorabile. Ma procediamo passo dopo passo, la Thema era nata da una piattaforma condivisa, un progetto di tutto rispetto, visto che su quella base meccanica nacquero anche l’Alfa Romeo 164, la Fiat Croma e la Saab 9000.

Sotto il cofano poteva contare su 3 motori a benzina, tra cui un vivace 2.0 sovralimentato da 165 CV ed un 2.8 V6, e su un’unità 2.4 turbodiesel da 100 CV, potenze che oggi non suscitano clamore ma che nel lontano 1984, facevano la differenza, eccome. Nel tempo fu dotata anche del motore Ferrari, che spingeva la famigerata Thema 8.32 fino ai 240 km/h, grazie all’otto cilindri da 215 CV preso in prestito direttamente dalle rosse di Maranello 308 e Mondial quattrovalvole. Poi arrivò la variante wagon firmata Pininfarina, di cui esiste un esemplare unico che appartenne a Gianni Agnelli in versione 8.32, ed una versione denominata Limousine con passo allungato di 30 cm.

Ci fu anche uno studio relativo ad un modello coupé realizzato dalla carrozzeria Boneschi che non entrò mai in produzione. Dalla seconda serie, arrivata 4 anni più tardi, oltre ad un restyling estetico arrivarono i motori a 16 valvole che portarono la versione turbo fino alla potenza di 185 CV, mentre il turbodiesel arrivò a 2,5 litri di cilindrata e 118 CV. L’innovazione della Thema però passò anche attraverso particolari non secondari ai fini del comfort di marcia come l’adozione dei vetri Solextra, per ottenere una riduzione del riscaldamento dell’abitacolo. La berlina in questione rimase in produzione fino al 1994, con la terza serie che debuttò nel 1992, e ne furono venduti 365.052 esemplari in 10 anni di onorata carriera.

Il passaggio di testimone nel 1994 fu una responsabilità troppo grande per la K, che tecnicamente poteva contare su motori all’altezza, visto che nella gamma c’erano propulsori per tutti i gusti, persino il V6 3 litri Alfa Romeo da 204 CV, che affiancava il 2 litri a benzina da 145 CV, il 2.4 da 175 CV ed il 2.4 JTD a 5 cilindri da 124 CV o 136 CV. A completare il quadro c’erano delle sospensioni Nivomat capaci di autolivellarsi in base al carico (sulla wagon), ma tutto questo cozzava in maniera evidente con un design poco convincente. E allora, anche se nell’abitacolo non mancavano accortezze come gli interni in pelle o in Alcantara, un climatizzatore particolarmente efficace, ed il computer di bordo, la linea era troppo anonima rispetto a quella della Thema, con un frontale sproporzionato rispetto al resto della vettura per via dei fari sottili, una coda che appariva come un terzo volume aggiunto in maniera forzata ed una vista d’insieme poco convincente.

Meglio la variante wagon firmata Pininfarina e con gli accenni metallici sul tetto a richiamare la Thema in formato station, drammaticamente sgraziata la coupé realizzata da Maggiora con un posteriore a dir poco discutibile ed accantonata dopo appena 2 anni di produzione. In tutto la K rimase sul mercato per 7 anni e fu immatricolata in circa 120.000 esemplari: una cifra che si commenta da sola se paragonata al risultato della Thema.

Delta: dalle stelle all’oblio

Chiunque senta nominare la parola Delta se ha un minimo di cultura automobilistica non può non pensare alla vettura a due volumi della lancia che arrivò con le sue forme squadrate nel lontano 1979, oltre 40 anni fa, ma che ebbe una carriera lunghissima. Inizialmente, fu apprezzata per le sospensioni a ruote indipendenti, il volante regolabile in altezza e ad altre accortezze quali il tergicristallo regolabile su 3 velocità. Proposta con un 1.3 ed un 1.5 a benzina, rispettivamente da 78 ed 85 CV, l’anno successivo fu insignita del titolo di auto dell’anno, e nel 1983 insieme a piccoli interventi estetici arrivarono anche le prestazioni del 1.6 turbo da 130 CV capace di sfiorare i 200 km/h.

L’aura di leggenda inizia però nel 1986 con la versione 4WD che porta in gamma le quattro ruote motrici, un dettaglio fondamentale, visto che la trazione integrale fu un punto fermo della Delta Integrale del 1987, l’arma pronta a sconvolgere il mondo dei rally che già di serie poteva contare su 185 CV grazie ad una turbina Garrett T3 e minacciava le altre vetture con i suoi parafanghi allargati per ospitare i cerchi da 15 pollici. Da quella versione, fino alle successive evoluzioni denominate, rispettivamente, Integrale 16V, Evo1, ed Evo2 (in produzione fino al 1995), che dettero vita al mito della “Deltona” con le sue forme ancora più muscolose, arrivarono ben 6 mondiali rally nella categoria dei costruttori ed altri 4 mondiali in quella riservata ai piloti, tra cui 2 del “nostro” Miki Biasion.

Nella sua massima evoluzione stradale la Delta arrivò ad ospitare sotto il cofano un 2 litri turbo 16 valvole da ben 211 CV capace di farla scattare da 0 a 100 km/h in soli 5,7 secondi. Le serie Martini 5 e 6 e ad altre varianti come la Giallo Ginestra o la Blu Lagos, solamente per citarne alcune, oggi hanno quotazioni molto elevate, in costante crescita, e sono ambitissime dai collezionisti. Con oltre 500 mila esemplari venduti, di cui più di 44.296 in variante Integrale, la Lancia Delta disegnata da Giugiaro e consacrata dai rally fu un’autentica icona per il Marchio, e anche in questo caso non ebbe un’erede all’altezza.

Con un frontale simile alla Dedra alla quale sembrava aver sottratto la coda, la nuova Lancia Delta lanciata nel 1993 non aveva nulla dello stile della vettura che si apprestava a sostituire, e ricevette l’appellativo di “Lanciasud” per il richiamo all’Alfa Romeo in questione. La variante a 3 porte, denominata HPE, aveva dal 1994 anche una versione particolarmente caratterizzata dal punto di vista sportivo grazie al kit Zender a richiesta, la HF, con cerchi che richiamavano quelli della mitica Delta Integrale, e con un motore 2 litri turbo da 186 CV saliti a 193 CV nel 1998, ma non poteva contare sulla trazione integrale, né sul traino commerciale dei rally. Oltre tutto, la Delta turbodiesel non ottenne nemmeno in occasione del restyling, nel 1997, il motore con tecnologia common rail introdotto sull’Alfa Romeo 156, e così il vecchio 1.9 a gasolio da 90 CV non l’aiutò di certo nelle vendite che si interruppero nel 2000 dopo aver raggiunto quasi le 139.000 immatricolazioni.

Dopo il flop della seconda serie anche la terza serie della Delta, lanciata nel 2008 e rimasta sul mercato fino al 2014, ebbe poca fortuna, seppur il design risultò più piacevole. Anche in questo caso la piattaforma era in comune con un modello Fiat, la Bravo, mentre nel 1993 la base era quella della Tipo. Certo, rispetto al modello del Brand del Lingotto, la Delta poteva contare su un aspetto più ricercato, materiali di migliore qualità all’interno e su motori brillanti, tra cui il 1.9 biturbodiesel da 190 CV, ma non aveva né l’originalità, né l’aura sportiva del modello originale, e poi fu venduta anche con il Marchio Chrysler in Irlanda e nel Regno Unito: un segnale poco edificante per gli appassionati del Brand, come testimoniano anche i 112.759 esemplari immatricolati.

Dedra e Lybra: berline e station che rafforzano la gamma

Mentre la Delta perdeva mordente, la Dedra difendeva la reputazione Lancia nel segmento delle berline dal 1989 al 1999, e vantava anche una variante wagon, molto apprezzata, che arrivò nel 1994. Anche in questo caso la parentela con altri modelli dell’universo Fiat, come la Tempra e l’Alfa Romeo 155 era evidente, ma la Dedra aveva un suo stile, un suo charme, e poi il suo abitacolo, che poteva essere arricchito con legno, Alcantara, ed il climatizzatore automatico, offriva un ambiente di classe in cui viaggiare.

Rappresentava la berlina in gamma al di sotto della Thema e rivendicava con carattere quel ruolo. La gamma delle motorizzazioni era ricca, dal 1.6 da 88 CV fino alla 2.0 sovralimentato da 177 CV preso in prestito dalla Delta ma rivisto nell’erogazione e accoppiato ad una trazione integrale permanente. Da segnalare poi, le versioni catalizzate come la 2.0 turbo del ‘91 da 162 CV che si scaricavano sulle ruote anteriori grazie al differenziale autobloccante Viscodrive; la 2 litri benzina con il cambio automatico; e infine, nel 1996, la 1.8 16V da 113 CV che prese il posto del 2 litri da 130 CV. In Italia ebbe un grande successo e i numeri di vendita complessivi, che sfiorano le 500 mila unità, lo dimostrano.

Ma il modello successivo, la Lybra, rappresentò la fine commerciale delle berline Lancia compatte, ripetendo un errore già visto con la seconda generazione della Delta. Linea poco accattivante, per quanto più riuscita della Delta II° atto, restyling inconsistente, e modello caduto nel dimenticatoio commerciale, tanto che la produzione durò dal 1999 al 2005. C’era il timore di una concorrenza interna con l’Alfa Romeo 156 e poi iniziava ad essere chiaro che il futuro del Marchio Lancia si avviava ad essere tutt’altro che roseo… Così, dopo 164.660 unità prodotte, la Lybra sparì dal listino e non fu rimpiazzata. Peccato, perché i motori erano validi, sia i benzina, con il 1.8 16V ed il 2.0 20V, che i diesel 1.9 e 2.4 JTD, e le finiture curate: bisognava sostenerla di più, dopo tutto, il lancio vide coinvolto in un video commerciale anche Harrison Ford!

Thesis e nuova Thema: due errori madornali

Con la Thesis il Gruppo Fiat investì moltissimo raccogliendo pochissimo: oltre 400 milioni di euro a fronte di 15.941 esemplari prodotti; e dire che le stime erano di 13.000 l’anno per poi arrivare a 25.000 unità annuali. Il design ancora una volta non ha colpito nel segno, era troppo ardito ma con richiami classici e finì per conquistare solamente automobilisti maturi. Inoltre, il prezzo era allineato a quello della concorrenza teutonica, mentre l’immagine del Marchio Lancia stava vivendo una discesa inesorabile: un cocktail micidiale che tenne in vita la Thesis, agonizzante, per 7 anni.

Se errare è umano, perseverare è diabolico. Infatti, nel 2011 viene riproposto il nome Thema, altamente evocativo, ma il progetto è tutt’altro che ambizioso: cambiare alcuni dettagli alla Chrysler 300 per venderla con il Marchio Lancia nel Vecchio Continente. Un’operazione che non ha riscosso il successo sperato ed ha portato all’uscita di scena dell’auto in maniera piuttosto precoce, visto che nel 2014 abbandonò il listino. Le motorizzazioni erano solamente 3.0 litri, sia benzina che diesel, e questo certo non ha aiutato sul nostro mercato, mentre la trazione era posteriore, ma non è bastato a rendere accattivante questa berlina di stampo USA vestita all’italiana.

Voyager e Flavia: “tu vo fa l’americano”

L’operazione Thema è stata riproposta con la Voyager, che addirittura mantenne la stessa denominazione del suo alter ego Chrysler, e venne proposta con motorizzazioni 2.8 turbodiesel, declinato in due potenze, 163 e 177 CV, e 3.6 benzina. Pagò lo scotto del declino degli MPV, visto che ne furono immatricolati circa 15.000 esemplari, e forse sarebbe stato meglio propendere per un SUV piuttosto che cercare di dare un seguito commerciale alla Lancia Phedra.

A completare le trasformazioni di modelli Chrysler troviamo la Lancia Flavia Cabriolet, che poi non era altro che una Chrysler 200 Cabrio, peraltro con un motore poco incline ai gusti degli automobilisti europei: il 2.4 benzina da 170 CV. Il suo stile era troppo USA, e l’abitacolo era speculare al modello americano, così non riscosse i consensi sperati, tanto che in Italia sono stati immatricolati circa 450 esemplari, e nel 2013, l’anno dopo il suo debutto, precisamente a fine ottobre, scomparve dal mercato.

Lancia Ypsilon: l’ultima rimasta

La sua antenata era stata presentata con uno slogan che ha fatto storia: “piace alla gente che piace”, era l’Autobianchi Y10, in uno spot televisivo c’era Michele Placido, e allora nessuno avrebbe pensato che la Y sarebbe rimasta l’unica Lancia proposta sul mercato. La citycar nella sua ultima generazione è tornata a condividere la base con la Fiat Panda, e la sua linea gradevole, i motori aggiornati e pensati per essere parchi, da quelli a doppia alimentazione, sia a GPL che a metano, passando per l’attuale power unit mild hybrid, la mantengono appetibile tra gli automobilisti in che si muovono in città, anche per via delle promozioni a cui spesso è soggetta. Da gennaio a dicembre 2020 è stata venduta in oltre 43.000 esemplari, risultando il secondo modello più immatricolato in Italia, seconda solamente alla cugina Fiat Panda.

Quale sarà il futuro di Lancia?

Probabilmente nel prossimo futuro non ci sarà solamene la nuova Ypsilon nel listino Lancia. La vettura in questione dovrebbe nascere sulla base della nuova Fiat 500 e dunque sarà elettrica, ma grazie alla piattaforma EMP2, che ha dato vita ad auto di successo nella galassia PSA, la gamma del glorioso Marchio italiano potrebbe arricchirsi di un modello nel segmento C, che andrebbe a rimpiazzare il vuoto lasciato dalla Delta, ed uno, più grande, che potrebbe riempire la posizione lasciata dall’ultima Thema. Ma è ancora presto per dirlo, e non è detto che alla fine non arrivi un SUV, ma la passione dell’Amministratore Delegato di Stellantis, Carlos Tavares, per le corse, e la presenza della mitica Stratos nelle vetture mostrate nel corso della conferenza del 19 gennaio, farebbe presagire ad un futuro più roseo per il Brand, magari anche con qualche versione sportiva che possa rinverdire gli antichi fasti. Certo, a quanto pare Alfa Romeo e Maserati avranno la priorità, un cosiddetto occhio di riguardo, ma la Lancia anche a piccoli passi potrebbe risorgere dalle sue ceneri.

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