Stop auto endotermiche dal 2035: allarme per l’intero comparto
Generale levata di scudi politica e industriale a seguito del voto dell’Europarlamento sullo stop alla vendita di auto endotermiche dal 2035.
Il Parlamento Europeo ha deciso: dal 2035, stop alla vendita di nuove auto e nuovi veicoli commerciali leggeri ad alimentazione termica (benzina, diesel, ma anche GPL, metano e mild-hybrid). Di fatto, l’emendamento del Partito Popolare Europeo che prevedeva di ridurre nel 2035 le emissioni di CO2 al 90% anziché del 100%, è stato bocciato. Il “disco verde” al futuro per il comparto automotive – che fa parte del programma “Fit for 55” il cui principale obiettivo consiste nel taglio di un ulteriore 55% alle emissioni di CO2 entro il 2030, per poi azzerarle entro il 2050 – è arrivato, nell’Emiciclo, con 339 voti favorevoli, 249 contrari e 24 astenuti.
Stop auto endotermiche 2035: la Motor Valley è salva
Va segnalato che un emendamento bipartisan a difesa delle eccellenze della Motor Valley italiana, sottoscritto da alcuni eurodeputati italiani che appartengono a tutti gli schieramenti, è stato anch’esso approvato. Si tratterà di prolungare oltre il 2035 la deroga alle norme dell’Unione Europea sui limiti alle emissioni di CO2 che già interessa le Case auto che producono modelli più sportivi e, in senso ampio, “di nicchia”. Nello specifico, il Parlamento Europeo ha concesso alle piccole Case costruttrici (da 1.000 a 10.000 autovetture e da 1.000 a 22.000 furgoni all’anno) di continuare a produrre.
Bando alle auto endotermiche 2035, il viceministro: “Monza senza il rombo dei motori? Inimmaginabile”
È vero che gli eurodeputati hanno dato parere favorevole all’emendamento bipartisan che concede deroghe alle Case costruttrici dai volumi di produzione minori (il riferimento, è chiaro, va alla Motor Valley emiliana) e hanno chiesto che il controllo delle emissioni tenga conto anche del “life-cycle assessment”. Tuttavia, come rimarca il viceministro allo Sviluppo Economico Gilberto Pichetto in una dichiarazione raccolta dai taccuini Ansa:
L’Europa ha bocciato la proposta di ridurre il divieto dal 100% al 90%. È difficile immaginare come sarà il 2035. Continuo a non immaginare il Gran Premio di Monza senza il rombo del motore delle auto in pista.
Bisognava ridurre le emissioni in modo graduale tenendo conto della realtà che stiamo vivendo: il mercato è in forte calo, continua a svilupparsi la ricerca per motori endotermici sempre meno inquinanti e sono necessarie misure sociali per tutelare i lavoratori interessati alla transizione.
Stop auto benzina e diesel in Europa dal 2035: generale levata di scudi
A conti fatti, il via libera del Parlamento Europeo al divieto di vendere nuove auto benzina e diesel dal 2035 ha dato il via ad una diffusa alzata di scudi. Le proteste vengono cavalcate da ANFIA, dagli industriali e dalla politica nazionale nonché dal mondo sindacale ad eccezione di Cgil Piemonte, che vede nella deadline europea 2035 “Un’opportunità da sfruttare”.
ANFIA: a rischio decine di migliaia di posti di lavoro
La valenza politica del bando alle auto termiche a partire dal 2035 è chiara: la questione, se mai (ed è bene che a Bruxelles ciò venga recepito una volta per tutte), è la grande incertezza legata al futuro del comparto. L’industria dell’auto ha nuovamente suonato il campanello d’allarme su quali potrebbero essere le conseguenze della fine dei motori termici. La prima dichiarazione “a caldo” arriva da ANFIA: il direttore dell’Associazione Nazionale Filiera dell’Industria Automobilistica Gianmarco Giorda osserva, in una dichiarazione pubblicata in un “lancio” Ansa, che:
Ci sono 70.000 posti di lavoro a rischio nell’industria automotive, legata alla produzione di componenti che non serviranno per l’elettrico, non in grado di compensare la perdita di posti di lavoro. Non è sufficiente costruire colonnine di ricarica o altri componenti: servono piuttosto azioni che portino in Italia pezzi della filiera legati alla produzione di batterie per le auto elettriche.
Confindustria Torino: “Tutta ideologia che mette a rischio la filiera dell’auto italiana ed europea”
Giorgio Marsiaj, presidente dell’Unione Industriali di Torino, commenta il voto del Parlamento Europeo come:
Un colpo durissimo per l’intero settore automotive. La decisione dell’Europarlamento conferma un’impostazione ideologica a favore dell’elettrico, e mette in serio pericolo la filiera auto nazionale e continentale.
Futuro dell’auto, i sindacati chiedono un confronto con il Governo
Come rileva Ansa, dalle rappresentanze sindacali arriva la richiesta all’esecutivo di aprire immediatamente un tavolo di confronto: lo chiede il segretario nazionale Fim, Ferdinando Uliano, rimarcando come sia “Fondamentale non perdere altro tempo di fronte a una transizione epocale che se non gestita mette a rischio più di 75.000 posti di lavoro in Italia”.
Dal canto suo, Simone Marinelli, in qualità di coordinatore nazionale Fiom-Cgil per l’automotive, chiede che venga subito dato il via a “Un confronto tra Governo, parti sindacali e imprese. Il silenzio del Governo è ormai insostenibile e non si spiega nel momento in cui sindacati e sistema delle imprese insieme stanno chiedendo e sollecitando l’apertura di un tavolo specifico con la presidenza del consiglio e i ministri competenti”.
Fuori dal coro l’osservazione di Giorgio Airaudo: il segretario generale Cgil Piemonte, riporta Ansa, invita le aziende e le imprese italiane legate alla produzione dell’endotermico a “Non perdere l’occasione e adeguarsi, sfruttando la possibilità di fare innovazione. Non serve fare gli ultimi del vecchio processo produttivo. Conviene approfittare del salto tecnologico. Senza lasciare indietro nessuno”.
Europarlamento “scottato” dalla Cop26?
L’incertezza per il futuro dell’auto si fa ancora più palpabile se si considera che il salto “tout court” fra motori endotermici e mobilità elettrica aveva già ricevuto, in tempi recentissimi, notevoli critiche. Ad avere avanzato (e motivato) riserve erano stati non solamente l’indotto, ma anche diversi rappresentanti dei Governi nazionali. Ci si riferisce agli esiti della Cop26 di Glasgow che a novembre 2021 aveva fornito una più ampia chiave di lettura di quello che potrebbe essere l’avvenire del settore auto.
Stop ai motori termici? La filiera aveva già manifestato timori
Se si prosegue con un rapido riavvolgimento del nastro, ecco la presa di posizione da parte di CLEPA (Associazione che rappresenta le aziende di fornitura europee), che all’inizio di dicembre 2021 aveva fatto notare che una strategia che punti solamente sulla vendita di veicoli elettrici comporterebbe, a lungo termine, la perdita di mezzo milione di posti di lavoro nell’Unione Europea.
L’emergenza occupazionale, era stato evidenziato, non verrebbe adeguatamente compensata dallo sviluppo di una sia pur adeguata rete di produzione di batterie per l’alimentazione dei motori elettrici. La previsione in Europa per il raggiungimento di questo obiettivo parla di circa 226.000 posizioni (contando anche gli addetti all’assemblaggio di sistemi di propulsione), mentre al 2040 potrebbe verificarsi un saldo in negativo di 275.000 posti di lavoro.
Di più, osservava CLEPA: se davvero si arriverà a proibire dal 2035 le vendite di nuove autovetture ad alimentazione endotermica nei Paesi dell’Unione Europea (secondo, appunto, il programma “Fit for 55”), si giungerebbe a rendere “obsolete” le posizioni di ben 501.000 addetti alla produzione di parti e componenti dei gruppi propulsori endotermici, 360.000 dei quali potrebbero andare persi fra il 2030 ed il 2035, cioè nel quinquennio immediatamente prima del “bando” definitivo alla vendita in Europa di nuove auto a benzina e diesel, ma anche mild-hybrid e full-hybrid, nonché a metano e GPL.
ACEA: bene la transizione ma bisogna far fronte a obiettivi estremamente impegnativi
L’Associazione che raggruppa le Case costruttrici europee lancia un messaggio a doppia chiave di lettura. ACEA, in effetti, è da tempo in prima linea nell’avvertire i rappresentanti istituzionali di Bruxelles che per il futuro dell’auto carbon neutral occorrono progetti strategici ben definiti in materia di infrastrutture a servizio della e-mobility.
La presa di posizione adottata da ACEA resta dunque immutata: la decisione del Parlamento Europeo che conferma gli obiettivi sulle emissioni per il 2025 e il 2030 viene accolta con favore perché si fornisce una linea di condotta per l’intero comparto automotive, che si trova a dovere far fronte a investimenti nell’ordine di centinaia di miliardi di euro complessivamente. D’altro canto, avverte ACEA, i problemi si fanno sentire eccome:
La filiera dell’auto deve concretizzare obiettivi estremamente impegnativi, che potranno essere raggiunti solamente con un notevole aumento delle infrastrutture per la ricarica.
Rivoluzione nell’auto: si teme un obiettivo completamente carbon neutral già per il 2035
L’interpretazione che ACEA dà alla decisione dell’Europarlamento porta una data: il 2035. “Dato che la trasformazione del settore dipende da molti fattori esterni che non sono completamente nelle sue mani, ACEA teme che i deputati abbiano votato per fissare un obiettivo di -100% di CO2 per il 2035”. Oliver Zipse, presidente dell’Associazione nonché amministratore delegato di Bmw, suggerisce di procedere per gradi e non affrettare i tempi, data anche la delicatissima situazione socioeconomica globale:
L’industria dell’auto contribuirà largamente al traguardo di un’Europa a zero emissioni nel 2050. Il comparto automotive è da tempo orientata verso un’ampia spinta alla propulsione elettrica: lo dimostra il fatto che si assiste costantemente all’arrivo di nuovi modelli zero emission, che soddisfano le richieste dei clienti e contribuiscono alla transizione verso la mobilità sostenibile.
Vanno tuttavia considerate le incertezze che viviamo giorno per giorno a livello globale: in questo senso, qualsiasi regolamentazione a lungo termine che si spinge oltre l’attuale decennio è prematura in questa fase iniziale. Serve, anzi, una revisione trasparente ‘a metà strada’ per la definizione degli obiettivi post-2030.
Auto elettriche: servono infrastrutture e materie prime
Oliver Zipse, in qualità di presidente ACEA, indica che la revisione degli obiettivi per l’avvenire dell’auto dopo il 2030 dovrà tenere conto della presenza fisica di tante reti per la ricarica in rapporto all’aumento delle auto elettriche in circolazione, e della disponibilità di materie prime per le batterie:
Una revisione di questo genere dovrà prima di tutto valutare se l’implementazione dell’infrastruttura di ricarica e la disponibilità di materie prime per la produzione di batterie saranno in grado di eguagliare il continuo e ripido aumento dei veicoli elettrici a batteria in quel momento.
Futuro dell’auto a zero emissioni: prima valutiamo se ci sono le condizioni
L’obiettivo più vicino per ACEA è rivolto a far sì che si possano garantire le condizioni necessarie per rendere davvero possibile e definitiva la transizione “zero emission”. Si chiede dunque al Parlamento Europeo di “Adottare i vari ‘punti’ del programma ‘Fit for 55’, in particolare gli obiettivi sulla CO2”.
Applicare anche i regolamenti europei sui combustibili alternativi
La nota stampa di ACEA si conclude con un altro messaggio importante. Per preparare il campo al futuro a zero emissioni riguardo al settore dell’auto, l’Associazione chiede all’Europarlamento di adottare anche “Il regolamento sulle infrastrutture dei combustibili alternativi (AFIR) in un unico pacchetto coerente agli obiettivi Fit for 55”. Va in effetti ricordato che a maggio 2021 era stata creata una “piattaforma” a livello europeo, organizzata da FuelsEurope, ovvero l’Associazione che rappresenta le attività di quaranta realtà che nel “Vecchio Continente” operano nel comparto della raffinazione dei carburanti.
Il progetto in questione è rivolto al sostegno e alla promozione dei carburanti di origine sintetica ed ecosostenibile, e vede fra gli altri la partecipazione di Unem (Unione Energie per la mobilità), gruppo di Confindustria che deriva da Unione Petrolifera e rappresenta le principali aziende che operano in Italia nell’ambito della raffinazione, dello stoccaggio e della distribuzione di prodotti petroliferi e di prodotti energetici low carbon.