Taglio accise e IVA carburanti: si poteva fare di più?
Il “taglio” di 25 centesimi alle accise sui carburanti non sembra soddisfare del tutto famiglie e imprese: ci si attendono, a brevissimo termine, nuove misure strumentali.
Il decreto d’urgenza approvato venerdì 18 marzo scorso dal Consiglio dei ministri è immediatamente salito all’attenzione dell’opinione pubblica. Non poteva essere altrimenti, tanta e tale era l’attesa sulle decisioni del Governo per fronteggiare un’emergenza nazionale che non tocca solamente i consumi “alla pompa”, ma riguarda – con un effetto domino facilmente comprensibile e che tutti purtroppo conoscono – gran parte del quotidiano. Spostamenti privati, trasporto delle merci e distribuzione, dunque, dal momento che in Italia ben l’85% dei prodotti viaggia su gomma.
La “ricetta” adottata dal Ministero delle Finanze e dal Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili, in procinto di venire pubblicata in Gazzetta Ufficiale perché sia resa esecutiva e che resterà in vigore sino alla fine di aprile, si riassume nel decreto “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”: un pacchetto da 4,4 miliardi di euro complessivi del quale fa parte il provvedimento taglia-prezzi che si basa su una riduzione di 25 centesimi del prezzo di benzina e gasolio “alla pompa”. Di fatto, è stata applicata l’”accisa mobile”, già adottata nel 2007, che permette l’impiego dell’extragettito IVA già ottenuto dalla vendita dei carburanti (308 milioni di euro riferiti all’ultimo trimestre 2021), per abbassare il valore delle accise.
In pratica, il prezzo della benzina in self service andrà ad attestarsi (in relazione ai dati comunicati alle 8 di domenica 20 marzo dai gestori all’Osservaprezzi del Ministero dello Sviluppo Economico) nell’ordine di 1,88 euro al litro, ed il gasolio scenderebbe a circa 1,85 euro al litro.
Effetto domino
Alla luce di quanto adottato dal Governo, emerge una questione che merita di essere approfondita. L’entità del taglio alle accise formulata nel nuovo decreto è sufficiente, o si sarebbe potuto aumentarne il tenore? In effetti, è da tenere presente che il gettito dell’IVA all’erario non viene prodotto solamente da un settore (nello specifico: la spesa di consumatori e imprese per il rifornimento dei veicoli di proprietà).
Non siamo in grado di sapere se e quanto, nel più recente periodo di continui aumenti del prezzo dei carburanti, gli italiani abbiano in media diminuito l’utilizzo dei veicoli di proprietà (ci riferiamo, per il momento, agli utenti privati). Ma se così fosse, si otterrebbe l’effetto di un minore gettito di IVA, proprio perché si è speso meno al distributore di carburante.
Mettiamo il caso che il taglio delle accise fosse stato maggiore rispetto a quanto deciso dal Governo: è chiaro che ne deriverebbe più propensione al consumo. E questo potrebbe compensare minori entrate fiscali.
Inoltre, si acquisterebbero di più anche i prodotti alimentari (l’effetto domino fra carburanti e “spesa” è a tutti ben noto, quindi riguarda anche le entrate di IVA per lo Stato). Tanto più che i rincari dei carburanti non sono un fenomeno “dell’ultim’ora”, ma ben più ampio nel tempo. Le prime avvisaglie risalgono all’inizio dell’autunno 2021, quando la benzina “alla pompa” iniziò, superata la soglia di 1,7 euro al litro, una costante escalation che ha portato all’attuale situazione ed al provvedimento d’urgenza dell’esecutivo.
Cosa dicono Associazioni di settore e Consumatori
CGIA di Mestre: Si poteva dare una più corposa sforbiciata alle accise
Questo aspetto viene del resto evidenziato dai pareri delle Associazioni di settore e di tutela dei Consumatori riportati da La Repubblica. Per l’Ufficio Studi CGIA di Mestre – che rappresenta il mondo delle piccole e medie imprese e le imprese dell’artigianato – sarebbe stato necessario “osare di più”: l’intera manovra per far fronte al caro energia (i 4,4 miliardi di euro da utilizzare nelle rateizzazioni delle bollette, nel bonus sociale e nel taglio di 25 centesimi al litro dalle accise sui carburanti) “Non peserà sulle casse statali” proprio perché dall’aumento dei prezzi dei carburanti si è già ottenuto un extragettito stimabile in più di 1,5 miliardi di euro.
Quindi, la riduzione delle accise avrebbe potuto essere più corposa, anche del 50% in modo da portare i prezzi di benzina e gasolio alla pompa a, rispettivamente, 1,74 e 1,178 euro al litro. Un costo rilevante per le casse pubbliche, tuttavia potenzialmente necessario, osserva CGIA, per venire incontro alle enormi difficoltà cui tante famiglie e molte imprese si trovano a far fronte.
Codacons: provvedimento insufficiente
Sulla stessa lunghezza d’onda il parere del Codacons, “Deluso” perché “Le accise andavano dimezzate, e ci sarebbero stati ampi margini per ridurre ulteriormente la tassazione sui carburanti che riportasse i listini alla pompa su livelli accettabili”. Quanto alla riduzione delle accise per solamente trenta giorni, il provvedimento è “Insufficiente, se si considera che da ottobre 2021 i prezzi alla pompa della benzina hanno superato quota 1,7 euro al litro e sono costantemente saliti, fino ad arrivare ai record attuali e impoverendo famiglie e imprese”.
UNC: occorreva uno scostamento di bilancio
L’unione Nazionale dei Consumatori osserva, attraverso il presidente Massimiliano Dona, che “Serviva uno scostamento di bilancio, perché non si va molto lontano se si mettono pochi soldi racimolati qua e là”. UNC definisce il provvedimento del Governo “Soltanto un palliativo”, insufficiente e inadeguato a fronte dell’attuale emergenza. I conti sono preso fatti: con la riduzione delle accise, la benzina scenderebbe a 1,88 euro: cifra di poco superiore rispetto alla rilevazione del 28 febbraio 2022 (1,869 euro al litro), mentre il gasolio, che si attesterebbe a 1,85 euro al litro, risulta 11 centesimi più elevato in rapporto a 1,740 euro/l dello stesso 28 febbraio.
Confcommercio: il provvedimento dovrebbe essere più incisivo e duraturo
Secondo Confcommercio, che approva la scelta del Governo anche riguardo all’introduzione di crediti d’imposta “Fruibili anche dalle imprese che non rientrano nelle consuete definizioni di imprese energivore e gasivore”, bisognerebbe rafforzare la misura “In percentuale di ristoro e in durata, così come in una più ampia accessibilità”. Sul capitolo accise, anche Confcommercio è dell’avviso che l’intervento dovrebbe essere reso “Più incisivo e duraturo”, sulla base di “Una organica riforma della fiscalità energetica e degli oneri generali di sistema”.
Massima attenzione alle prossime settimane
La prima impressione che si ha è di un provvedimento azzeccato solo in parte: forse sarebbe stato possibile adottare una misura ancora più ampia. Sia detto senza alcun diritto di arrogarci meriti da economisti che non abbiamo, sembra – in queste prime ore che seguono il via libera al nuovo Decreto – che un po’ più di coraggio non avrebbe guastato.
È tuttavia possibile, e lo vedremo nelle prossime settimane che si annunciano cruciali, che vengano adottate delle misure più ampie. In effetti, come rileva La Stampa, in un’intervista radiofonica ad Rtl il ministro per le Politiche agricole Stefano Patuanelli, se da una parte assicura che “Questo step iniziale serve per un parziale calmiere al costo della benzina e per dare ristoro alle aziende dei maggiori costi per l’energia”, dall’altra dichiara che “Occorre un ragionamento europeo anche sul prezzo del gas”. “Altre misure più strutturali potrebbero calmierare il prezzo delle materie prime energetiche: questo permetterà, dopo 40 giorni, di avere prezzi inferiori”. Lo stesso ministro, tuttavia, rimarca che “Non c’è motivo per gli aumenti, perché la materia prima non manca”, riferendosi all’impegno del Governo di “Fare tutto ciò che serve per aiutare gli italiani e le imprese a non dover spendere tutto lo stipendio per fare benzina: questo è inaccettabile”.