USA: con l’auto elettrica l’indotto perderà il 30% dei posti di lavoro
Se dovesse attuarsi la “vision” di alcuni Stati che intendono dare la parola stop entro il 2035 ai motori endotermici, la filiera automotive subirebbe un violento contraccolpo: meglio procedere per gradi e senza “imposizioni” di legge.
Il monopolio tecnologico non è una soluzione per lo sviluppo della società. Non lo è mai stata, come nessun regime di monopolio ha mai apportato benefici a lungo termine in materia di evoluzione ed occupazione. Analogamente, i cambiamenti “ope legis” ed ai quali l’industria non deve far altro che adeguarsi potrebbero avere delle conseguenze sulla stessa filiera.
È, in estrema sintesi, il timore dei rappresentanti dell’indotto automotive statunitense, per i quali una timeline (intesa come data finale certa) sull’addio definitivo ai motori a combustione a favore di un eccessivo “boost” nei confronti della mobilità elettrica possa ripercuotersi a livello occupazionale. Ad avere adottato questa presa di posizione è stata, durante un’audizione al Senato USA, Ann Wilson, vicepresidente senior per gli Affari governativi di MEMA-Motor & Equipment Manufactorers Association.
Quasi cinque milioni di addetti
Per meglio comprendere il timore espresso dalla dirigente che oltreoceano corrisponde alla italiana ANFIA, è da considerare che MEMA rappresenta più di un migliaio di aziende americane specializzate in componenti automotive, nelle quali opera qualcosa come un milione di addetti (e quasi cinque milioni di lavoratori se si tiene conto dell’intero indotto). Un vero e proprio esercito che teme per il proprio futuro, se l’amministrazione Biden, e quelle che seguiranno, mettano un giorno la parola “fine” ai motori a combustione interna.
Si sa che, allo stato attuale, il neo-eletto presidente “dem” si dichiara a favore del cambiamento nei confronti della e-mobility; una linea di pensiero condivisa da correnti ecologiste e dai governatori di diversi Stati, fra cui ci sono New York, Massachusetts e California. Con la differenza che questi ultimi si pongono l’obiettivo di vietare i motori benzina e diesel entro il 2035, laddove Joe Biden non ha fissato alcuna deadline.
Fondati timori occupazionali
A temere, come si accennava in apertura, sono proprio i rappresentanti della filiera automotive. E si avanzano alcune cifre: se si avverasse un repentino turn-over fra auto elettriche ed a benzina-diesel, potrebbe verificarsi un taglio al 30% dei posti di lavoro fra le aziende di fornitura in nord America. Come dire: si abbassano drasticamente le emissioni di CO2 allo scarico, ma anche l’occupazione. E i motivi sono quelli da tempo ben conosciuti: l’auto elettrica dispone di un numero di componenti inferiore rispetto ad un corrispondente modello a combustione. E non è che l’eventuale riconversione di tutte le aziende dell’indotto (operazione peraltro non semplice né rapida, e che non necessariamente garantirebbe lavoro per tutti) potrebbe risolvere il problema dell’occupazione sollevato dalla rappresentante delle aziende di fornitura del comparto automotive al Senato degli Stati Uniti.
Procedere per step successivi
Da qui, la richiesta avanzata da MEMA al Governo statunitense: se il passaggio alla mobilità “zero emission” dev’esserci, che almeno possa avvenire dopo la definizione di una serie di norme che diano la possibilità alle aziende partner delle Case costruttrici di proseguire le rispettive attività in ordine allo sviluppo migliorativo dei motori endotermici.
Cosa succede in Europa
Una situazione che appare simile a quella in atto al di qua dell’Oceano, con una recente “revisione” ai futuri standard Euro 7 dopo che alcune Case costruttrici avevano manifestamente dichiarato che, nel precedente assetto normativo, ciò potesse in buona sostanza tramutarsi nell’addio all’endotermico (con tutte le conseguenze del caso).
In fin dei conti, occorre arrivare alla classica quadratura del cerchio: arrivare magari un giorno alla definitiva affermazione “sul campo” dell’auto elettrica in virtù dei suoi vantaggi; tuttavia senza che ciò debba essere “imposto per legge” (curiosamente, la dichiarazione di Ann Wilson per conto di MEMA appare simile a quanto osservato al di qua dell’Oceano da Volkmar Denner, amministratore delegato di Bosch, che non è d’accordo sulla eccessiva “spinta” dell’Unione Europea nei confronti della mobilità elettrica senza tenere nella giusta considerazione altri sistemi di alimentazione altrettanto eco friendly, come ad esempio l’idrogeno green e gli e-fuel). E, soprattutto, senza che a dover farne le spese siano i lavoratori.
Affermazione graduale
Contestualmente, compito dei Costruttori è di lavorare insieme alla filiera stessa, alle utility di energia ed all’amministrazione politica per far sì che l’auto elettrica risulti gradualmente più accessibile ad una fetta sempre più ampia di consumatori per prezzi di acquisto, percorrenza, modalità e tempi di ricarica.